Budget europeo, i rischi di una Ue sempre più votata alla “guerra”

Sottovalutata dai grandi media, la proposta di budget europeo 2017-2021 prevede un +180% di spese per la sicurezza interna e 13 miliardi per la Schengen militare

Roberto Ferrigno
Un operazione della missione Frontex di controllo dei confini esterni Ue. Il numero di militari impegnati dovrebbe salire da 1700 a 10.000
Roberto Ferrigno
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Era inevitabile. Il muro invalicabile dei «vincoli europei» soffoca qualsiasi tentativo di ragionare sulle cause della profonda crisi in cui versano le istituzioni dell’UE e di proporre possibili soluzioni. Lo spettro dei “vincoli atlantici” ha segnato la vita e, purtroppo, anche la morte, delle generazioni di italiani del dopoguerra.

Oggi la progressiva integrazione degli apparati politico-securitari dell’UE e di quelli militari della NATO, ignorata dalla cosiddetta “libera stampa”, cala un’ombra fitta sul futuro europeo. Le dichiarazioni tranquilizzanti di chi ha da poco iniziato a governare l’Italia mostrano come anche il nuovo corso si stia già modellando secondo vecchi parametri.

Tanti soldi per sicurezza e antimigranti

Ma andiamo ai fatti. La proposta di budget UE presentata dalla Commissione per il periodo 2017-2021, prevede un formidabile aumento delle spese per la sicurezza interna (+180%) e per quella della gestione dei confini e dei migranti (+280%). Quest’ultimo capitolo prevede un aumento a regime di 10mila unità per l’European Border and Coast Guard Agency (Frontex), che oggi impiega circa 1.700 militari. Parallelamente, diminuiranno le spese per la politica agricola e i programmi di sviluppo e coesione sociale.

Il Parlamento europeo ha da poco entusiasticamente aderito alla nascente Permanent structured cooperation (Pesco), sottoscritta da 25 Stati membri UE per lo sviluppo delle capacità belliche. Primo passo, sarà un investimento di 13 miliardi che serviranno innanzi tutto alla creazione di quella “Schengen militare” raccomandata dalla NATO. Si tratterà in pratica di sviluppare una rete di trasporto integrata che permetta la veloce e, soprattutto, libera circolazione di mezzi e uomini, sottratta alle autorità nazionali, per fronteggiare la « minaccia russa ».

Anche la Protezione civile sotto la Polizia

Non ha provocato alcuna reazione la proposta di inserire nei programmi di sicurezza interna le attività della Protezione Civile. Verrebbero quindi, di fatto, sottoposte alle autorità di polizia. Insomma, i “vincoli europei” tanto invocati a proposito delle politiche economiche e finanziarie, riguardano anche le libertà fondamentali garantite dalla Costituzione italiana e, teoricamente, difese dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE.

Ma il silenzio assordante di istituzioni e governi europei di fronte all’imprigionamento dei vertici politici catalani da parte del governo spagnolo, essenzialmente per reati di opinione, lascia quantomeno interdetti a fronte dello slogan di Juncker sull’UE “che protegge e difende” i propri cittadini. L’incapacità delle istituzioni UE a far fronte alla ormai decennale crisi economica, ai ricatti economici e militari dell’amministrazione USA e della NATO, al terrorismo, alla crisi dei migranti causata anche dagli scellerati interventi militari in Afghanistan, Iraq, Libia e Siria, alla crescente minaccia di confronto militare con la Russia, dovrebbe essere la principale preoccupazione di politici e burocrati.

Progetto inadeguato ma indiscutibile

È evidente che s’intendono affrontare queste sfide rafforzando l’apparato militare e securitario. È questo il volere dei cittadini europei? Si rifiuta ormai qualsiasi ipotesi di riforma del progetto europeo, nonostante sia palesemente inadeguato a perseguire il benessere comune. Ma limitarsi ad invocare la necessità di rispettare i “vincoli” europei in questa situazione è un suicidio politico.

La scomposizione dell’UE in differenti « fasce » intorno al nucleo forte costituito da Germania, Francia, Austria e Benelux è un’opzione concreta, discussa pubblicamente in vertici politici. Ma di essa non c’è traccia nei media italiani.

Di questo bisognerebbe parlare: del futuro. Invece si rimane pericolosamente bloccati nella retorica del passato, in una dimensione euro-atlantica frutto della guerra fredda, con conseguenze che potrebbero essere drammatiche.