Banche centrali e crisi climatica: scenari di breve termine in gioco

Per la prima volta il network delle banche centrali per la finanza green pubblica uno studio sugli scenari climatici di breve termine

Il Ngfs ha elaborato quattro scenari climatici a breve termine © MatMazzini/iStockPhoto

Si accorciano gli orizzonti degli scenari sui quali banche e istituti finanziari sono chiamati a confrontarsi per capire come il loro business, e più generale la stabilità del sistema finanziario, può subire l’impatto dalla crisi climatica. Giustamente e finalmente. Perché continuare a ragionare su cosa accadrà tra 20-30 anni ha sempre meno senso, con una situazione climatica che ogni giorno di più ci sta esplodendo in faccia.

Le banche centrali scendono in campo contro la crisi climatica

A muoversi in tal senso è stato il Network for greening the financial system (Ngfs), la rete probabilmente più importante al mondo nell’ambito della finanza sostenibile. Perché i suoi membri sono le banche centrali, insieme alle autorità di vigilanza.

Questa organizzazione conta quasi 150 membri. Per l’Italia vi aderiscono Banca d’Italia e Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass), non la Consob. Per l’Europa, la Banca centrale europea (Bce) e le tre autorithy di supervisione: quella bancaria (Eba), quella per assicurazioni e pensioni (Eiopa) e quella dei mercati finanziari (Esma). La missione del Ngfs è migliorare la gestione del rischio ambientale e climatico nel settore finanziario e mobilitare risorse per la transizione ecologica.

Crisi climatica: banche centrali analizzano gli scenari a breve termine

Il Network for greening the financial system ha pubblicato uno studio sugli scenari climatici di breve termine. Cosa che gli attori finanziari consideravano prioritaria, com’era emerso da sondaggi che sempre Ngfs aveva effettuato anni fa.

È il primo strumento prodotto dal network che analizza i potenziali impatti a breve termine, entro il 2030, della crisi climatica e delle politiche climatiche su stabilità e resilienza di economia e finanza. Questi scenari sono fondamentali ad esempio per effettuare i cosiddetti stress test, come quelli che la Bce ha avviato nel 2022 per capire quanto il sistema bancario è attrezzato per reggere i colpi di un clima impazzito. Alla realizzazione degli scenari hanno contribuito esperti di istituzioni accademiche di mezza Europa, compresa l’Università Ca’ Foscari di Venezia.

I quattro scenari climatici NGFS: le previsioni al 2030

Come base di partenza per l’elaborazione degli scenari sono stati presi gli obiettivi climatici a gennaio 2023, ad esempio per quanto riguarda la riduzione delle emissioni di gas serra, la produzione di energia rinnovabile, le tasse sulla CO2. Gli scenari elaborati sono quattro.

Due scenari sono allineati ai target dell’Accordo di Parigi e si focalizzano sui rischi di transizione. Uno è quello ideale (“Highway to Paris”), in cui il mondo gestisce la transizione in modo ordinato e coordinato, grazie alla tecnologia e a tasse sulla CO2 i cui proventi vengono reinvestiti a sostegno della transizione. Nel secondo scenario (“Sudden wake-up call”) la transizione avviene con ritardo e quindi più bruscamente, con cambiamenti repentini e intensi nelle politiche climatiche e nelle preferenze di consumatori e investitori. Il che provoca choc di offerta e un “Minsky moment” sui mercati finanziari, vale a dire un crollo forte e improvviso del valore degli asset.

Poi ci sono due scenari in cui a farla da padrone sono i rischi fisici. In “Diverging realities”, solo le economie avanzate si muovono in linea con gli obiettivi net zero. Specie in certe aree del mondo, crescono gli eventi meteorologici estremi (quelli con probabilità di accadimento di uno ogni vent’anni) che impattano sulle supply chain – ad esempio delle materie prime critiche – alzando i costi della transizione. Infine lo scenario “Disasters and policy stagnation”, dove le politiche di transizione ristagnano e gli eventi meteorologici estremi sono ancora più severi (quelli con probabilità di accadimento di uno ogni cinquant’anni). Gli impatti si diffondono in tutto il mondo per via dei legami commerciali e finanziari, amplificando l’instabilità economico-finanziaria.

Gli impatti economici della crisi climatica: cosa rischia il Pil

Traducendo gli scenari in cifre, in “Disasters and policy stagnation” le perdite in termini di prodotto interno lordo (Pil) sarebbero già nel 2026 del 6% in Asia, del 7% in Sudamerica e del 12,5% in Africa. Nello scenario “Diverging realities”, l’impatto sul Pil al 2030 sarebbe di -1,7% in Europa, -0,8% in Nord America e potrebbe arrivare a -3% globalmente. Sempre a livello mondiale, un ritardo di tre anni nell’attuazione di politiche di transizione ambiziose (scenario “Sudden wake-up call”) comporterebbe un -1,3% di Pil al 2030. Mentre nello scenario migliore (“Highway to Paris”) la contrazione del Pil globale al 2030 verrebbe limitata a -0,4%.

Lo studio avverte poi – e non sono buone notizie – che gli scenari non si escludono a vicenda, ma possono variamente combinarsi. Che gli effetti economici della crisi climatica potrebbero rivelarsi anche più severi di quelli ipotizzati, anche perché non sono stati inclusi i rischi finanziari nature-related. E invita comunque banche e istituzioni finanziarie a sviluppare i propri modelli di gestione dei rischi legati al clima.

Perché rimandare la transizione ecologica è un errore economico

Il messaggio fondamentale dello studio è quindi che ritardare la transizione ecologica non è un’opzione, perché aumenta costi e rischi anche nel breve termine. E chissà, fra le righe ci si potrebbe leggere anche un riferimento alla “semplificazione” sbandierata dal pacchetto Omnibus della Commissione europea, sulle cui previsioni si è pronunciata la stessa Bce dicendo in pratica che aumenterebbero i rischi per la stabilità finanziaria.

Forse non serviva il network dei pesi massimi della finanza per ricordare che la transizione comunque s’ha da fare. Quindi ritardarla equivale a tirarsi la zappa sui piedi. Ma, ora che lo ribadiscono anche loro, negarlo è ancora più difficile.

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