Acea, la rete idrica migliora ma resta un colabrodo

Perdite idriche, quotazione in Borsa, assetto aziendale. Le risposte dei dirigenti di Acea alle domande degli azionisti critici

Francesco Savatteri
La distribuzione dell'acqua a Roma è gestita dalla società Acea © Bruno/Flickr
Francesco Savatteri
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A piazzale Ostiense, a Roma, si trova un grande palazzo di vetrate azzurrognole. Davanti al cancello si trovano quasi sempre vari agenti della sicurezza a controllare gli ingressi, sotto una grande insegna che recita la scritta “Azienda Comunale Energia ed Ambiente”. Più nota con la sigla Acea, società che si occupa dell’approvvigionamento idrico a Roma e nel frusinate. E che lo scorso 27 aprile ha tenuto la sua assemblea degli azionisti.

Acea è una delle aziende nei cui confronti Fondazione Finanza Etica, da anni, fa azionariato critico. L’analisi delle risposte del consiglio di amministrazione alle sue domande permette, da un lato, di ottenere un quadro chiaro di quali siano i punti critici della gestione dell’acqua a Roma e nel Lazio in questo momento. Dall’altro, di capire quali siano le potenzialità, ma anche i limiti, dello strumento dell’azionariato critico.

Rete idrica perdite d'acqua
Le perdite nella rete idrica in provincia di Frosinone sono superiori al 68% © Toa55/iStockPhoto

A Roma e provincia ancora si perde il 39,8% dell’acqua immessa in rete

I principali azionisti di Acea sono tre. Roma Capitale è il socio di maggioranza, con il 51% delle azioni. Poi c’è Suez Environnement, una società franco-belga che ha poco più del 23%. E infine Francesco Gaetano Caltagirone con il 5,4%. E poi ci sono gli azionisti più piccoli, che hanno un numero molto limitato di azioni. 

Sono almeno due i principali punti critici di Acea in questo momento. Il primo riguarda una questione ambientale: le perdite idriche degli impianti. Come si legge sull’ultimo bilancio di sostenibilità dell’azienda, il distretto Ato 2 – riguardante la provincia di Roma – ha perdite pari al 39,8% del totale del volume immesso. Vuol dire che ogni 2,5 metri cubi immessi nella rete idrica, uno ne viene perso. Nonostante non sia una percentuale bassa, è comunque un numero che migliora abbastanza stabilmente di anno in anno. Nel 2020 era pari al 42% circa e l’anno prima al 44%.

Il caso drammatico di Frosinone: perdite idriche al 68%

Dal punto di vista delle perdite, è il distretto Ato 5 – che riguarda la provincia di Frosinone – a dare i problemi più grandi. Tra il 2016 e il 2019, il volume di acqua perso era il 77-76% del totale. Nel 2020 questo numero è migliorato molto, passando al 68%, per poi rimanere pressoché identico l’anno dopo, diminuendo solo dell’1%. Come ha spiegato la stessa Acea nelle risposte alle domande della fondazione, l’obiettivo è quello di arrivare al 59,5% entro il 2024 . Obiettivo che, insieme agli altri target sulle perdite idriche, viene definito «sfidante» dalla stessa società. 

Il secondo grande punto critico è invece la natura stessa della società, in particolare il fatto che Acea sia quotata a Piazza Affari. «Ha senso che Acea stia in Borsa? Secondo noi no», riassume in questo modo la questione Mauro Meggiolaro. Che lavora per Fondazione Finanza Etica e si occupa proprio di preparare le domande da rivolgere ai consigli di amministrazione delle aziende. E prosegue spiegando che «stare in Borsa ti costringe solo ogni anno a dover accontentare gli azionisti. A dir loro che li pagherai». Effettivamente, Acea sta da diversi anni portando avanti una politica che mira ad aumentare di anno in anno i dividendi della società verso gli azionisti (in termini assoluti, mentre in percentuale rispetto all’utile dell’azienda il numero rimane sempre molto stabile).

Perché la presenza in Borsa di Acea limita la capacità di investire

Questo secondo la Fondazione rischia di limitare la capacità di investimenti di Acea. Ed è proprio questo aspetto che veniva sottolineato in una delle domande fatte al Cda. In modo provocatorio, la Fondazione ha chiesto ad Acea perché non si possano raddoppiare gli investimenti nel distretto Ato 5 utilizzando una tantum il denaro che sarebbe stato destinato ai dividendi. «Hanno risposto che non si può fare a causa di una serie di procedure da cui non si può prescindere – spiega Meggiolaro –. In realtà, se ci fosse la volontà politica una mossa del genere si potrebbe fare».

D'altro canto, però, buona parte dei dividendi finiscono nelle casse di Roma Capitale, che usa quei soldi per l’amministrazione della città. E la stessa Fondazione è consapevole della complessità del tema. Meggiolaro sottolinea infatti che «l’intento è quello di generare dei dubbi. Di mostrare che quello attuale non è per forza il modo migliore di gestire una società del genere». 

In realtà, la possibilità di un delisting di Acea sembra improbabile. Nel 2021, il giornale Scomodo ha preparato alcune delle domande poste dalla Fondazione all’assemblea degli azionisti dell’anno scorso. Una di queste riguardava il referendum sull’acqua del 2011. Con il quale venne stabilito sostanzialmente che i servizi idrici possono essere gestiti da società pubbliche, senza una logica di profitto. Cosa che, come viene spiegato in un dettagliato articolo di Altreconomia, è ancora lontana dall’essere attuata. 

Acea: «Meglio che l'acqua sia affidata a soggetti industriali efficienti»

La risposta di Acea in merito è stata molto chiara: «Riteniamo che la gestione del servizio idrico debba essere affidato a soggetti industriali efficienti in grado di far fronte alle sfide tecnologiche e in possesso di competenze manageriali. Le aziende speciali hanno dimostrato negli anni di avere grandi limiti (le gestioni totalmente pubbliche nel settore idrico in alcune zone del territorio nazionale sono state caratterizzate da situazioni di gravi emergenze). Acea, pertanto, sottolinea l’importanza di salvaguardare le aziende miste pubbliche-private quotate in Borsa».

La risolutezza di questa risposta, insieme alle motivazioni utilizzate per motivare perché non si possano tagliare i dividendi, mostrano i limiti dell’azionariato critico. Da un lato si tratta un buon modo per mettere pressione su una azienda rispetto a certi temi, dall’altro lato è chiaro che non può bastare da solo. In assenza di altre pressioni esterne o di un’apertura da parte dell’azienda stessa, è difficile che la gestione di una società si discosti dall’interesse degli azionisti più grandi. Anche Meggiolaro ne è consapevole, ma sottolinea che nonostante questo è importante fare azionariato critico: «Il senso del nostro lavoro è di tenere alta la guardia. Loro sanno e devono sapere che noi continueremo a fare queste domande».