Assemblea Acea: «Non si svenda l’acqua agli azionisti»

Perdite nella rete, attenzione agli azionisti, futuro dell'azienda: i temi di scontro all'Assemblea degli azionisti di Acea

Le perdite nella rete idrica in provincia di Frosinone sono superiori al 68% © Toa55/iStockPhoto

Il 22 aprile si è tenuta l’assemblea degli azionisti della municipalizzata Acea. La società, controllata al 51% dal comune di Roma, gestisce acquedotti, reti elettriche e la raccolta dei rifiuti nella capitale e in varie regioni italiane. Fondazione Finanza Etica ha partecipato come azionista critico per il quinto anno consecutivo anche se a distanza, a causa della pandemia. «Abbiamo inviato una serie di domande prima dell’assemblea, come previsto dalla normativa», spiega Simone Siliani, direttore della Fondazione. «È l’unica cosa che ci è stato permesso di fare quest’anno e l’anno scorso, perché l’assemblea si è svolta rigorosamente a porte chiuse». Un totale di 34 domande è stato inviato anche a nome del “Coordinamento Romano Acqua Pubblica (CRAP)” e, per la prima volta, della rivista studentesca “Scomodo”.

«Una logica finanziaria a beneficio degli azionisti»

Nelle domande si è sottolineato che «Acea gestisce il gruppo in una logica finanziaria e non industriale, della quale beneficiano gli azionisti ma non l’attività operativa». Il 95,5% dell’utile 2021, di circa 178 milioni di euro, è stato distribuito proprio agli shareholders. Certo, 86,7 milioni di euro finiranno nelle casse, pubbliche, del comune di Roma, il principale azionista. Ma il resto andrà agli investitori.

Come il colosso francese dell’acqua e dei rifiuti Suez, che intascherà 40 milioni di euro. O il gruppo Caltagirone, che porterà a casa oltre 9 milioni di euro. Si tratta di profitti generati in gran parte dalla gestione delle rete idriche. «Il 53% dell’EBITDA (utili prima di interessi, imposte, svalutazioni e ammortamenti, ndr) è stato generato dal settore idrico», precisa Paolo Carsetti del Coordinamento Romano Acqua Pubblica. «Si fanno profitti a beneficio di azionisti privati con l’acqua, che però è un bene pubblico. Allo stesso tempo non si investe come si dovrebbe nell’efficienza degli acquedotti».

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L’acqua è la risorsa più preziosa, fondamentale per la vita sulla Terra © tothemoonphoto/iStockPhoto

In provincia di Frosinone perso nella rete il 68% dell’acqua

Nel 2020 le perdite della rete idrica di Acea Ato 2 (Roma e provincia) sono state pari al 42,7% del totale, contro il 44% del 2019. Mentre nell’Ato 5 (Frosinone e provincia) si perde per strada il 68,36% dell’acqua (2020), contro il 76,10% del 2019. «Ci sono stati dei miglioramenti, è vero, ma si tratta ancora di perdite elevatissime», aggiunge Carsetti. Il Coordinamento sostiene che Acea debba rinunciare alla distribuzione dei dividendi e investire in modo più convinto nella rete idrica. Per lo stesso motivo è fortemente contrario agli investimenti previsti per rendere potabile l’acqua del Tevere (circa 70 milioni di euro). E per desalinizzare l’acqua marina del litorale romano (circa 120 milioni di euro). Progetti molto costosi, che intervengono a valle per far fronte a un problema che dovrebbe essere risolto a monte, riducendo le perdite degli acquedotti.  

Acea ha chiuso il 2020 con un EBITDA di 1,15 miliardi di euro, l’11% in più rispetto all’anno precedente. L’85% di tale valore proviene da attività regolate, per le quali il prezzo non lo decide il mercato ma il legislatore. In particolare dai servizi idrici (53% del totale) e dalla vendita di elettricità (35% del totale). E quindi se aumentano i costi per i consumatori, nell’85% dei casi non è colpa di Acea ma di Arera, l’autorità del settore che fissa le tariffe. Così, almeno, risponde Acea ad una delle domande degli studenti di “Scomodo”.

Acea punta ad aziende ancora più grandi e sostenute da privati

Sempre “Scomodo” chiede come sia stato recepito l’esito del referendum del 2011, che avrebbe dovuto portare a una gestione completamente pubblica dell’acqua. E la società non ha dubbi. «È importante salvaguardare le aziende miste, pubbliche-private quotate in Borsa», risponde Acea. «Le gestioni totalmente pubbliche nel settore idrico, in alcune zone del territorio nazionale, sono state caratterizzate da situazioni di grave emergenza». E ancora: «Sul tema della soglia dimensionale risulta dannoso tornare ad una frammentazione del servizio. Bisognerebbe puntare su parametri gestionali di scala che facciano conseguire efficienza».

Quindi servirebbero società ancora più grandi, quotate in Borsa, sostenute da azionisti privati. I movimenti per l’acqua pubblica, numeri alla mano, la pensano in modo diametralmente opposto e continueranno a dare battaglia in assemblea. Mentre la sindaca di Roma, Virginia Raggi, che cinque anni fa aveva fatto intendere di voler togliere la gestione del servizio idrico ad Acea, nel frattempo si è convertita. Da principale azionista di Acea applaude ora ai risultati del gruppo. Forse per l’ultima volta.