Le banche italiane e gli impegni (insufficienti) sui diritti umani

Secondo BankTrack l'impegno delle due più grandi banche italiane sui diritti umani è insufficiente. E rispetto al 2019 i progressi sono pochi

Le due principali banche italiane non ottengono punteggi sufficienti in materia di impegno per la difesa dei diritti umani © nito100/iStockPhoto

L’ultimo rapporto di Bank Track su banche e diritti umani prende in considerazione anche i due colossi italiani Intesa Sanpaolo e UniCsredit. Come per tutte le altre banche considerate, i risultati non sono affatto buoni. E anche in questo caso i progressi rispetto all’ultimo Rapporto del 2019 non sono sostanziali. Anzi, nel caso delle prime due banche italiane per capitalizzazione, sono persino assenti.

I due colossi hanno ottenuto come punteggio 6 (su un massimo di 14), lo stesso di tre anni fa. Entrando anche quest’anno nella categoria intermedia, quella dei followers. Quindi non tra gli ultimi, ma nemmeno tra i front runners. E non poteva essere altrimenti considerando lo scarso punteggio ottenuto in tutte le categorie.

I risultati migliori? Nel “policy commitment”

I risultati più incoraggianti sono attivati nel policy commitment. Con quest’ultimo si intende l’impegno ad adottare misure per garantire il rispetto dei diritti umani. In particolare, fa riferimento a ogni dichiarazione o documento pubblico disponibile riguardo le responsabilità, le aspettative o gli impegni della banca nel rispettare i diritti umani in ogni ambito di attività, nonché nelle relazioni commerciali.

Unicredit
Unicredit © Julien Rocheblave/Unsplash

Entrambe le banche in questa categoria hanno ottenuto 2,5 punti su 3. Ciò per aver pubblicato dei documenti sui loro siti internet, nei quali si impegnano, appunto, a rispettare i diritti umani. Il problema, semmai, è che tali testi sono datati 2016 per Intesa e 2017 per UniCredit.

Ma c’è una differenza abbastanza rilevante tra le due banche. Nel caso dell’istituto torinese, l’impegno per i diritti umani sembrerebbe applicarsi non solo a dipendenti, clienti e fornitori ma anche a tutti coloro a cui concede finanziamenti e investimenti. Nel caso di UniCredit, invece, non sembra essere così. O meglio, l’impegno si estende anche ai servizi finanziari offerti, ma non è chiaro se anche alla gestione patrimoniale

Due diligence: male Intesa, un po’ meglio UniCredit. Viceversa nel Reporting

Secondo le Linee guida dell’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo economico, con due diligence si intende un «processo che, in quanto parte integrante dei sistemi decisionali e di gestione del rischio, permette alle imprese di identificare, prevenire e mitigare il proprio impatto negativo, effettivo e potenziale. E di rendere conto del modo in cui affrontano il problema». Ciò che, in particolare, manca ad entrambi gli istituti è una consultazione significativa con i gruppi potenzialmente colpiti da questo impatto. Anche se UniCredit dimostra di averne tenuto conto in almeno alcune situazioni (come nel caso della costruzione di un parco eolico in Francia).

Inoltre, ciò che manca completamente ad Intesa è anche un procedimento volto a valutare se abbia causato o contribuito ad un impatto negativo. Infine, l’istituto milanese ha ottenuto un punteggio pieno alla domanda se attribuisca in modo chiaro responsabilità e ruoli relativamente ai diritti umani. 

Ma mentre, relativamente alla due diligence, UniCredit batte Intesa con un punteggio di 2,5 su 5 contro 1,5, nel reporting avviene il contrario. Le due banche hanno ottenuto rispettivamente 0,5 e 1,5 su 3, soprattutto perché entrambe riportano formalmente in alcuni loro documenti come affrontano il loro impatto. 

La strada è ancora lunga

Per quanto riguarda misure per rimediare agli impatti negativi le due banche italiane hanno ottenuto un punteggio di 0,5 su 3. Ma per motivi diversi. Intesa perché mette a disposizione uno strumento – un indirizzo email – per far presenti eventuali reclami. UniCredit, invece, perché si dichiara disponibile a cooperare per rimediare ad eventuali impatti negativi causati. In ogni caso, si tratta di iniziative insufficienti. 

Persino nelle categorie in cui c’è stato un generale miglioramento – per quanto riguarda, ad esempio, la due diligence – le due italiane non sono migliorate. Il fatto che non ci siano stati miglioramenti sotto alcun punto di vista non lascia ben sperare. Soprattutto considerando che il punteggio complessivo ottenuto è di appena 6 punti su 14. Nemmeno la sufficienza. Inoltre, le due banche sono anche tra i maggiori finanziatori italiani di nuovi progetti di espansione fossile. Classificandosi bene (cioè male) nella classifica dei maggiori finanziatori di progetti legati all’estrazione e produzione di fonti fossili a livello mondiale. E ciò che risulta dall’ultimo rapporto Banking on Climate Chaos.