Dalle banche 1.800 miliardi di dollari a chi sviluppa bombe climatiche

Ci sono 425 bombe climatiche che rischiano di mandare a monte gli obiettivi dell'Accordo di Parigi. E le banche continuano a finanziarle

Ci sono anche molte miniere di carbone nella lista delle 425 bombe climatiche © Dominik Vanyi/Unsplash

Se l’umanità vuole mantenere in vita almeno il 50% di probabilità di contenere il riscaldamento globale entro gli 1,5 gradi centigradi, può ancora permettersi di emettere nell’atmosfera terrestre circa 250 gigatonnellate (miliardi di tonnellate) di CO2. Si tratta dell’unico modo che ha a disposizione per mettersi in salvo dalla catastrofe climatica. In giro per il mondo però ci sono 425 progetti estrattivi che, una volta completati, potranno emettere in atmosfera almeno una gigatonnellata di CO2 ciascuno. Sommandole, si arriva a un totale di circa mille gigatonnellate. Quattro volte il carbon budget che ci è rimasto. Insomma, sono bombe climatiche capaci di condannarci. E a finanziarle sono le grandi banche internazionali, come dimostrano i dati pubblicati in esclusiva dal quotidiano britannico Guardian.

1.800 miliardi di dollari per le bombe climatiche

È stato lo stesso Guardian a introdurre per primo il concetto di bombe climatiche (in inglese carbon bombs), con un’inchiesta pubblicata a maggio 2022. Ora, anche grazie alle due organizzazioni no profit francesi Data for Good e Éclaircies, si aggiungono altri tasselli a questo puzzle. Perché, se le compagnie petrolifere possono permettersi di investire in questi ciclopici progetti di estrazione di carbone, gas e petrolio, evidentemente è grazie a qualcuno che le finanzia. E quel qualcuno sono i soliti noti.

Tra il 2016 e il 2022, cioè dopo la firma dell’Accordo di Parigi sul clima, le grandi banche hanno concesso 1.800 miliardi di dollari alle società che stanno sviluppando le bombe climatiche. Quelle statunitensi, da sole, superano i 500 miliardi. La prima della lista è JPMorgan Chase (141 miliardi), seguita da Citi (119 miliardi), Bank of America (92 miliardi) e Wells Fargo (62 miliardi). Completano la top ten tre banche cinesi (Industrial and Commercial Bank of China, Bank of China e Industrial Bank) e tre europee (BNP Paribas, HSBC e Barclays). Guardando soltanto al 2022, si arriva a 161 miliardi di dollari.

Nel nostro futuro non può esserci spazio per i combustibili fossili

Per dovere di cronaca, bisogna precisare che questi 1.800 miliardi sono stati stanziati solo in parte sotto forma di prestiti diretti per l’estrazione di combustibili fossili. Per la maggior parte, sono finanziamenti erogati alle imprese per scopi generali. Ma sono comunque troppi. Ingiustificabili. Perché, nel percorso verso l’azzeramento delle emissioni nette di gas serra, non c’è spazio per nuovi progetti di estrazione di combustibili fossili. Lo ha messo nero su bianco l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA).

Le 425 bombe climatiche, in questo quadro, rappresentano una contraddizione in termini. L’unica cosa sensata da fare è fermarle. Al momento, non è banale capire a che fase di sviluppo sono questi giganteschi progetti estrattivi, perché bisogna incrociare diversi database, alcuni dei quali parziali o non aggiornati. Il team di ricerca stima che almeno venti progetti (soprattutto miniere di carbone in Cina) abbiano avviato le proprie attività a partire dal 2020. Tre, al contrario, sono stati bloccati. Almeno 128 progetti sono ancora solo sulla carta, mentre gli altri 294 sono in fase di sviluppo. Dati che fanno a pugni con ciò che la scienza, e il buon senso, ci dicono ormai da decenni.