Comunità energetiche bloccate. La società civile lancia l’appello

Le comunità energetiche sono un strumento di cittadinanza attiva, dove il consumatore diventa produttore. Ma la legge in Italia è ferma

Pannelli solari © Asia Chang/Unsplash

Sono passati 7 mesi da quando è entrato in vigore il decreto legislativo (il 199/21, per la precisione, approvato dal Parlamento italiano in recepimento della direttiva europea 2018/2001) che ha l’obiettivo di incentivare lo sviluppo delle comunità energetiche rinnovabili. Sette mesi, e ancora non si vedono i decreti attuativi per l’effettiva applicazione della norma.

Per questo motivo, più di 100 associazioni hanno lanciato un appello congiunto affinché la situazione venga sbloccata. La mancanza dei decreti attuativi, infatti, sta frenando la diffusione di uno strumento fondamentale per combattere la povertà energetica e l’emergenza climatica.

Comunità energetiche: a rischio i fondi del Pnrr

Il piano nazionale italiano per l’energia e il clima (Pniec) dovrà essere aggiornato per allinearlo ai target europei e per stimolare l’autoproduzione di energia da parte di imprese industriali, agricole e, appunto, di comunità.

È su questo punto che il governo italiano ha recepito la direttiva europea REDII, che riconosce le comunità energetiche come strumento per la transizione ecologica. Il decreto, che punta ad allargare il potenziale delle comunità, ha suscitato molti entusiasmi. Ma le iniziative e i progetti avviati sono in sospeso per la mancanza dei decreti attuativi.

Anche l’utilizzo dei 2,2 miliardi di fondi previsti dal Pnrr per finanziare le comunità energetiche nei piccoli comuni attraverso forme di credito agevolato sono a rischio.

Un prezioso strumento di cittadinanza attiva

È cosa nota a tutti ormai che le comunità energetiche contribuiranno ad aumentare la quota di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Ma soprattutto, come dimostrano i casi già esistenti e funzionanti, le comunità energetiche rappresentano un modello di produzione diffusa e partecipata di energia. Nelle quali i cittadini non sono solo consumatori, soggetti alla volatilità dei prezzi delle bollette, ma diventano prosumer, godendo così di una parte dei benefici dei produttori.

«Le comunità energetiche rappresentano un prezioso strumento di cittadinanza attiva, oggi fondamentale per dare forza e vitalità alla società civile che è baluardo della democrazia di fronte alle tentazioni populiste», si legge nell’appello lanciato da Next-Nuova economia. E firmato, tra gli altri, da Fondazione Finanza Etica, Altromercato, Legambiente, Arci, Kyoto Club e Fa’ la cosa giusta.

Le comunità energetiche inoltre, «premiando la coincidenza geografica tra produzione e consumo e la quota di energia prodotta autoconsumata avranno un ruolo decisivo per risolvere il problema della trasmissione nelle reti elettriche del futuro in cui il traffico aumenterà significativamente».

Ma per vedere qualche risultato concreto, il Parlamento italiano farebbe meglio a lavorare sul serio sui temi energetici e ascoltare la richiesta della società civile.