Il gioco “sporco” delle banche centrali sui cambiamenti climatici

Le banche centrali chiedono a quelle private di rispettare standard di sostenibilità e trasparenza, ma non sempre li adottano quando investono

I dirigenti delle banche centrali investono grandi quantità di capitali, con pochi controlli © DDurrich/iStockPhoto

Le banche centrali, che dovrebbero vigilare sulla stabilità dei mercati finanziari e sul loro buon funzionamento, sono anche importanti investitori. Gestiscono portafogli gonfi di denaro e possiedono asset di vario genere.

Troppi pochi occhi puntati sugli investimenti delle banche centrali

Eppure, mentre gli occhi degli stessi istituti centrali – in qualità di organismi di controllo – sono puntati sulle banche private, alle quali viene chiesto (pur con grandi difficoltà e con risultati molto lontani da ciò che sarebbe necessario) di investire via via in modo più sostenibile, molta meno attenzione è rivolta alle scelte di BCE & co.

Il presidente della Federal Reserve americana, Jerome Powell
Il presidente della Federal Reserve americana, Jerome Powell © Federal Reserve, public domain

Un rapporto di Reclaim Finance ha rivelato di recente che le banche centrali del G20 e dell’Eurosistema «non prendono in considerazione l’impatto climatico dei loro investimenti. È come se dicessero alle banche private: “Fate ciò che diciamo, non ciò che facciamo”». Eppure, secondo il Network For Greening the Financial System delle stesse banche centrali, «l’adozione di pratiche d’investimento sostenibili e responsabili (ISR) può contribuire a diffondere l’approccio ad altri investitori».

«Solo un quarto delle banche centrali del G20 adotta pratiche sostenibili»

BCE, Federal Reserve, Bankitalia, Bundesbank e le altre potrebbero dunque porsi come apripista e dare l’esempio. Al contrario, precisa Reclaim Finance, «solo un quarto delle banche centrali del G20, tutte europee, si è impegnato ad investire in tal modo. Ma nello stesso Eurosistema, otto banche centrali non hanno ancora adottato politiche d’ISR».

«Inoltre, soltanto un istituto, la Banque de France, ha indicato tra gli obiettivi quello di allineare la propria strategia ad una traiettoria compatibile con l’Accordo di Parigi. Ovvero con la limitazione del riscaldamento climatico ad 1,5 gradi centigradi, nel 2100, rispetto ai livelli pre-industriali». Il rapporto indica inoltre che soltanto quattro banche centrali – Francia, Slovenia, Germania e Svizzera – hanno adottato restrizioni agli investimenti nelle fonti fossili.

La mancanza di trasparenza nelle strategie d’investimento

Ma non è tutto. Nell’analisi vengono smascherati anche cinque “strumenti” utilizzati per farsi passare come investitori responsabili. Continuando invece a sfruttare il business as usual. Il primo è la mancanza di trasparenza. Quindi sono citati l’uso di green bond, il nascondersi dietro la bandiera dei Principi di investimento responsabile (PRI), il concentrarsi sull’approccio best in class (rapportarsi al migliore del settore, anche qualora questo non sia per nulla virtuoso). E infine l’accontentarsi di imporre norme internazionali poco stringenti.

«È scioccante constatare – si legge nel documento – che su 14 banche centrali dell’Eurosistema che hanno adottato politiche d’ISR, nove sono particolarmente opache, e sei non divulgano alcuna informazione credibile per giustificare le loro dichiarazioni in merito». Di qui le richieste dell’associazione: adottare un impegno generale sugli 1,5 gradi, bloccare ogni investimento in nuovi progetti legati alle fonti fossili, avviare una politica di uscita dal carbone, e impegni specifici su petrolio e gas non convenzionale.


Questo articolo è stato pubblicato in 1o anni – storie e approfondimenti sulla crisi climatica, la newsletter che Valori.it invia ogni venerdì. Se vuoi riceverla iscriviti alla newsletter e seleziona “Ambiente” tra i tuoi interessi.