GSE, i danni del “triennio Sperandini” e l’esigenza di una fase nuova

Il bilancio degli ultimi anni del Gestore Servizi Energetici è negativo: gli strumenti in favore del clima e molte imprese sono in sofferenza

Andrea Di Stefano
Andrea Di Stefano
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Il cambio imminente dei vertici del GSE (Gestore dei servizi energetici) è l’occasione per archiviare il momento più buio della storia recente di questa cruciale SpA pubblica e individuare un gruppo dirigente in grado di rilanciare un ruolo attivo del gestore, dando nuova vita ai meccanismi di incentivazione vigenti. Questi ultimi sono infatti tutti in grande sofferenza. Dal conto termico ai titoli di efficienza energetica.

Le ombre sui certificati bianchi

In particolare il principale meccanismo di incentivazione dell’efficienza energetica in Italia, i certificati bianchi, è l’area dell’attività del gestore nella quale si riscontrano i maggiori danni.

Il meccanismo di incentivazione infatti, nonostante il ruolo centrale ad esso attribuito dai governi nella strategia energetica nazionale (la SEN prevede di raggiungere il 60% dell’obiettivo con il meccanismo dei certificati bianchi), è ormai al collasso per le continue azioni del GSE contro ESCO ed imprese: l’applicazione retroattiva di norme su investimenti in corso,  le continue richieste di integrazione, preavissi di rigetto e, in moltissimi casi, rigetti immotivati hanno avuto l’effetto di moltiplicare i ricorsi al TAR, mettere sul lastrico diverse ESCO, e soprattutto far precipitare la credibilità del meccanismo.

Il crollo delle nuove domande: -75% in 3 anni

Un significativo indicatore più eloquente dello stato di crisi del meccanismo è dato dall’andamento del numero di nuove proposte di progetto presentate: le nuove domande sono passate dal valore massimo del 2014 pari a 1200, al valore attuale di poco più di 300. Una riduzione del 75% che ha fatto precipitare l’offerta di titoli sul mercato. Con una domanda crescente dovuta agli obblighi recentemente aggiornati dal DM 11 gennaio 2017, il crollo dell’offerta ha fatto impennare il prezzo dei titoli che nel febbraio 2018 ha raggiunto la stratosferica cifra di 490 euro a titolo, costringendo i ministeri a sospendere le contrattazioni, dilatarle da settimanali a mensili e introducendo con il recente decreto del 10 maggio 2018 un tetto al rimborso tariffario.

Se in parte tale risultato è ascrivibile a speculazioni finanziarie, grande responsabilità deve essere attribuita all’atteggiamento del GSE.

D’altronde in poco più di tre anni, dalla metà del 2014 ad oggi, il gruppo dirigente, nascondendosi dietro i pochi casi di malversazioni e speculazioni operate dai soliti furfanti, ha approfittato per colpire in modo indiscriminato imprenditori, manager ed ESCO che avevano creduto nel meccanismo di incentivazione e avviato investimenti cospicui commettendo una serie di errori amministrativi.

I casi più gravi riguardano le revoche retroattive legate a nuovi orientamenti più restrittivi adottati dal GSE che sono state applicate a progetti realizzati anche cinque anni prima della revoca.

Incertezze per chi investe

Molte ESCO ed imprenditori si sono visti, dopo anni dalla prima approvazione delle proposte di progetto a consuntivo, revocare l’erogazione dei titoli, di fatto determinando l’implicito annullamento di ufficio del progetto. Una palese violazione dell’art 10bis della legge 241/1990 che stabilisce garanzie ai controinteressati per le controdeduzioni e in violazione dell’articolo 21-nonies (decadenza del diritto all’annullamento di ufficio per decorrenza del tempo e per legittimo affidamento). Inoltre, l’annullamento dopo anni lede il principio del legittimo affidamento: le ESCO e gli imprenditori, fidandosi della legge e dello Stato, hanno investito sulla base di una proposta a consuntivo presentata prima della realizzazione dell’investimento e valutando l’investimento sulla base dei flussi finanziari derivanti dai titoli di efficienza energetica che sarebbero stati ottenuti nel tempo: l’approvazione del progetto (denominato pppm) è quindi un momento saliente del procedimento in quanto ingenera nel proponente l’affidamento al riconoscimento dell’incentivo per quel dato intervento. Peraltro l’affidamento è concesso a firma del GSE sulla base di un sistema di norme stabilite dallo Stato. La revoca retroattiva della proposta di progetto elimina la credibilità del meccanismo.

Iniquità e abusi

Altrettanto gravi sono i casi di disparità di trattamento: decine sono i casi di asimmetria di trattamento tra un operatore e l’altro. Lo stesso identico progetto è per una ESCO approvato per un’altra respinto. Decine sono i casi di asimmetria per domande presentate dalla stessa ESCO su una medesima tipologia di progetto per lo stesso cliente: i casi più eclatanti si registrano nelle tecnologie ripetitive come le caldaie o l’illuminazione di edifici dove i progetti sono sostanzialmente tutti uguali ma l’esito della valutazioni totalmente diverso a seconda che il progetto sia stato valutato da un funzionario o da un altro.

E questo per citare i casi più gravi senza parlare dell’eccesso di potere, dell’assenza di motivazione, del travisamento e dell’erronea valutazione dei fatti per scarso approfondimento delle domande presentate. Tutte illeggittimità presenti in gran parte dei rigetti operati dal gestore.

Particolarmente odioso è poi l’atteggiamento di totale chiusura al dialogo e al confronto che ha caratterizzato i tre anni di gestione Sperandini e costretto centinaia di ESCO, in assenza di un interlocutore, a rivolgersi ai tribunali per poter ottenere giustizia. Eclatante è il caso della scheda 40E, che incentivava la sostituzione delle inquinanti caldaie a gasolio con caldaie a pellett: oltre 200 operatori si sono visti nel 2015 cancellare in tutto o in parte i titoli di efficienza energetica previsti, la cui erogazione era stabilita in modo inequivocabile da un semplice algoritmo (una moltiplicazione di tre fattori) dalla scheda predisposta e approvata dai ministeri.

I tribunali contro il GSE

Le prime 50 cause intentate dagli operatori contro il GSE hanno visto nel dicembre 2017 una condanna a restituire i titoli non erogati e in molti casi al pagamento delle spese legali. Resta ora aperto il tema del danno subito da tutte quelle Esco che a causa delle azioni ripetute e vessatorie del GSE hanno dovuto licenziare o chiudere i battenti. Alla luce delle ultime sentenze di condanna del gestore, potranno fare ricorso e chiedere il risarcimento del danno. E anche per il Gestore si configurerà così una possibile azione per danno erariale contro l’attuale corpo dirigente.

Per archiviare questa triste pagina durata tre anni è necessario rimettere al centro l’efficienza energetica, ridurre la burocrazia, semplificare le procedure e soprattutto selezionare una classe dirigente all’altezza del compito. Elementi che possano finalmente segnare una netta discontinuità con quest’ultima fase.