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Housing sociale: così la Cassa Depositi e Prestiti risponde all’emergenza casa

4,9 milioni di italiani non trovano casa. 1,7 milioni faticano a pagare l’affitto. L'housing sociale potrebbe essere una risposta. La Cdp ha investito 1 miliardo

L'housing sociale di via Cenni, a Milano, uno dei più grandi progetti residenziali europei, realizzato interamente in legno.

La risposta all’emergenza casa potrebbe essere l’housing sociale. Questo il termine per definire l’edilizia residenziale sociale (ERS). Abitazioni a costi accessibili, destinate alle famiglie che non trovano sul mercato una casa, che hanno redditi superiori a quelli che danno accesso all’edilizia residenziale pubblica.

Sull’housing sociale la Cassa depositi e prestiti ha investito un miliardo di euro, risorse che potrebbero raddoppiare.

Un impegno per soddisfare i bisogni di chi, con il rialzo dei prezzi di acquisto e affitto dovuto all’eccesso di domanda, specie intorno alle grandi città, è in seria difficoltà abitativa, pur avendo un reddito dignitoso.

© Cassa Depositi e Prestiti, dossier Social Housing

In Italia è emergenza casa

4,9 milioni di italiani che fanno fatica a trovare casa. Almeno 1, 7 milioni, secondo le stime di Nomisma, che rischiano di non riuscire a pagare l’affitto. Ben il 41,8% dei 4 milioni delle famiglie in locazione sul mercato libero. Senza dimenticare che, per l’Istat, almeno la metà di queste sono in povertà. A fronte di un patrimonio di edilizia residenziale pubblica che ammonta a poco più di 850 mila abitazioni, con tassi di turn over molti bassi. Sono questi i numeri di quella che può essere definita una vera emergenza nazionale.

19mila alloggi dal Fondo investimenti per l’Abitare 

Intanto, l’investimento di Cdp ha portato, a dieci anni dal Piano nazionale di Edilizia Abitativa (PNEA), alla disponibilità di 19mila alloggi sociali e 6.800 posti letto in residenze temporanee e studentesche, suddivisi in 260 interventi su tutto il territorio nazionale. Il Fondo Investimenti per l’Abitare (FIA), così denominato, è pari a circa il 50% della dotazione complessiva di 2,028 miliardi. Ed è gestito dalla divisione Cdp Investimenti Sgr, suddiviso in 29 fondi locali, promossi e gestiti da 8 società di gestione del risparmio. Esempio di partnership pubblico-privato.

Un sistema integrato di fondi (SIF) a cui hanno partecipato il Ministero Infrastrutture e Trasporti (con 140 milioni di euro), le principali banche nazionali, compagnie di assicurazione e alcuni tra i principali enti previdenziali italiani. Ma, anche, Regioni, Province, Comuni, cooperative di abitazione e sviluppatori privati. Cifra consistente a cui si potrebbe sommare un altro miliardo di euro, derivante dagli stanziamenti per il nuovo piano casa annunciato dal governo, lo scorso ottobre. Il tutto inserito nel Programma nazionale di Housing Sociale, che vede sempre il MIT tra i principali soggetti attuatori, in un processo che vede riqualificazione urbana e realizzazione di alloggi a canone sostenibile, in tutta la penisola.

© Cassa Depositi e Prestiti, Dossier Social Housing

Canone calmierato: gli alloggi in social housing vanno a ruba

Quanto costano e a chi sono destinati gli alloggi in social housing? Premessa sostanziale è che sono abitazioni con una locazione a canone calmierato, circa il 20-30% sotto il canone di mercato. Spesso con la possibilità di riscatto. Condizioni vantaggiose che portano gli immobili appena disponibili al tutto esaurito nel giro di pochi mesi. Basti pensare che le quotazioni relative a questa tipologia, a Milano, sono intorno ai 2.500 euro al metro quadro. Quando il mercato immobiliare in città segna un costo medio sui 4mila euro al metro quadro. Condizioni vantaggiose che rendono facile comprendere come, a oggi,  secondo i dati Cdp, il 90% delle unità disponibili in social housing è già in locazione e l’80% bloccato in patti di futura vendita.

Milano, Roma, ma anche piccoli comuni

La maggior parte di queste strutture, create per garantire benessere abitativo e integrazione sociale, sono presenti nelle aree metropolitane e satellitari delle grandi città, a partire da Milano e Roma. Andando, così, incontro a quella fascia di popolazione che non riesce ad affrontare i costi decisi dal libero mercato, pur avendo un reddito superiore a quello richiesto per accedere alle liste dell’edilizia residenziale pubblica (ERP).

Con il vantaggio di accesso al welfare di comunità, cioè ad una rete stabile di servizi sociali e di relazioni umane, fondate sui principi della condivisione e della solidarietà. Dagli spazi comuni, all’assistenza sociale. Come confermano i dati forniti dalla Cdp, gli interventi previsti coprono oltre 100 comuni e molte regioni. Oltre che in Lombardia e Lazio, sono presenti in Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Umbria, Emilia Romagna. Il sud rimane in fondo alla classifica, ma iniziative in social housing sono presenti a Bari, Lecce, Matera e altre in corso di approfondimento in Campania, Sicilia, Sardegna.

Anche interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana

Non solo alloggi a canone calmierato, ma anche riqualificazione urbanistica in aree periferiche, degradate o abbandonate. Il tentativo del social housing dovrebbe essere la “ricucitura” dei tessuti insediativi esistenti e la dotazione di nuovi spazi pubblici, con infrastrutture a disposizione delle comunità. Anche se la maggior parte degli interventi, l’88% di quanto realizzato con il SIF, sono nuove costruzioni, il 46% è riconducibile a progetti di riuso e riqualificazione urbana. Con il recupero e rifunzionalizzazione del patrimonio edilizio esistente, l’acquisizione di immobili invenduti o riavvio di cantieri interrotti, o in aree di completamento delle città.

© Cassa Depositi e Prestiti

Esempi ne sono la trasformazione delle aree ex Manifatture Tabacchi, come a Perugia, con oltre 170 alloggi sociali e a Piacenza che ne prevede 260, in corso di realizzazione. A Milano, in via Cenni, è già attivo uno dei più grandi progetti residenziali europei, realizzato interamente in legno. Sui resti di Expo 2015, invece, si sono recuperate le sette torri di Cascina Merlata. Mentre con il progetto Abit@giovani, in via Voltri e in via Padova, si sono recuperate abitazioni popolari inutilizzate dall’ALER per destinarle agli under 35 e giovani coppie. Insieme a una rete di interventi in 18 aree della città. A Roma, invece, è in corso di realizzazione il discusso progetto di Santa Palomba con mille appartamenti nella zona dei Castelli, situato ben oltre il Grande Accordo Anulare.

Far incontrare domanda e offerta abitativa

Se il Piano Casa ha previsto l’impiego di fondi immobiliari chiusi come strumento di attuazione, le cooperative sociali e fondazioni sono spesso gli enti gestori delle strutture in edilizia residenziale sociale. Le amministrazioni regionali e locali sono coinvolte sia nella definizione degli aspetti amministrativi ed urbanistici, sia nei criteri di assegnazione degli alloggi, dei canoni di locazione e prezzi di vendita. Un’altra modalità per mettere in contatto domanda e offerta, che va dagli alloggi sociali ai posti letto temporanei, è il sito web ioabitosocial. Piattaforma dedicata alla ricerca delle soluzioni abitative temporanee rivolte a persone in stress abitativo come giovani, studenti, viaggiatori, city users, anziani soli. Iniziativa promossa dal Programma Housing della Compagnia di San Paolo.

Cresce il bisogno di case temporanee

La trasformazione dei nuclei familiari e le esigenze di studio e lavoro, intorno alle grandi città, hanno innalzato le richieste di residenzialità temporanea. Sia da parte degli studenti, come da coloro che sono costretti ad affrontare spostamenti improvvisi o limitata nel tempo. Si pensi ai casi di sfratto, separazione, trasferimento o lavoro fuori sede. A tutto ciò si aggiunge, con l’invecchiamento della popolazione italiana, il bisogno sempre più impellente di residenze per anziani e residenze sanitarie assistite (RSA). O strutture a supporto delle famiglie che vogliono rimanere vicini ai propri cari ricoverati. Ad oggi, sono 15 le strutture completate dal FIA, per circa 3mila posti letto e 120 alloggi, tra Torino, Milano Genova, Bologna, Ferrara, Pesaro e Venezia.

Anche agli studenti serve casa

L’Italia è il paese con il maggior numero di studenti che vive ancora con la famiglia (il 75%). Solo il 2% di essi alloggia presso uno studentato, contro una media europea del 19%. Il numero di posti letto con la totalità degli studenti, in Italia il rapporto non supera il 3%. Nel Regno Unito è pari al 23%, in Irlanda al 15%, in Francia all’11%, in Germania al 9% e in Spagna al 6%. Secondo i dati raccolti da JLL, sono circa 50 mila posti letto disponibili, a fronte di una domanda potenziale di più di un milione di studenti e giovani lavoratori.

Un mercato in espansione, quindi, che segna tra le ultime iniziative del FIA, l’area di Santa Marta uno studentato da 600 posti per gli allievi dell’Università Cà Foscari, a Venezia, ricavato da edifici storici. A Milano ne è sorto uno, in via dell’Innovazione, zona Bicocca, per 450 posti letto. In Veneto, a Padova, in via Delù, uno da 200 posti. Lo scorso novembre è stata inaugurata Cascina Fossata, a Torino. Dal recupero di una cascina storica in degrado, sono scaturiti 104 appartamenti, che possono essere affittati per un periodo da 6 a 18 mesi a giovani coppie, famiglie, lavoratori in trasferta, studenti. Oltre un albergo con 55 camere e una sala convegni da 100 posti, attività commerciali e artigianali. E Slow Food aiuterà a gestire il ristorante.

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