Quegli immobiliaristi evergreen che affondano i bilanci delle banche

Da Carige alle Popolare di Bari fino alle banche venete. I debiti degli immobiliaristi sono il filo rosso che unisce vecchie e nuove crisi

Matteo Cavallito
Genova. Tra i grandi debitori di Carige ci sono diversi imprenditori del settore immobiliare © Gabriel Rinaldi/Wikimedia Commons
Matteo Cavallito
Leggi più tardi

La buona notizia, per le banche italiane, è che lo smaltimento dei crediti deteriorati procede a ritmi sostenuti. Le cattive, ad oggi, sono che la risalita dello spread ha inciso negativamente sul patrimonio e l’ormai conclamata recessione rischia di far aumentare le insolvenze. Ovvero, semplificando, di vanificare in parte la dismissione dei crediti. La congiuntura, insomma, non aiuta. Ma il problema è che dietro ai guai delle banche c’è tuttora una pesante eredità: i pessimi affari condotti per anni con gli immobiliaristi.

Per le banche una presenza ingombrante

Non è solo “colpa” loro, d’accordo. Eppure la presenza resta ingombrante. Appaiono ciclicamente, con regolarità; puntuali come sempre ad ogni crisi bancaria. Vale per Carige come per la Popolare di Bari, passando per le banche venete. Dal 1999 al 2007, ricorda qualcuno, gli investimenti nel settore delle costruzioni sono cresciuti del 27,1%, doppiando la crescita economica nel suo insieme (+13,5%). Fino a quando il settore ha tirato lo schema è parso funzionare. Ma una volta scoppiata la bolla le banche hanno pagato dazio. È accaduto negli anni passati. E continua ad accadere oggi.

Anche l’immobiliare dietro al crack Carige

Partiamo dalla fine. Dei grandi debitori di Carige si era interessata in tempi non sospetti addirittura Bankitalia. Nel dossier diffuso da via Nazionale nel lontano 2013 comparivano ad esempio i 75 milioni di euro di crediti in sofferenza vantati dalla banca nei confronti dell’immobiliarista Ernesto Cavallini, poi condannato in appello per truffa nel giugno 2018. Tra gli altri nomi di spicco Andrea Nucera, savonese, numero uno del gruppo immobiliare Geo. La sua esposizione con Carige, scriveva di lui Bankitalia, ammontava a 70 milioni. Rinviato a Giudizio nel febbraio 2018 per bancarotta fraudolenta è tuttora latitante. Anche se lui, è noto, preferisce definirsi «esiliato».

Tra i nomi di spicco anche Vito Bonsignore, ex eurodeputato del PdL e imprenditore del settore immobiliare: la sua esposizione non è nota ma il trattamento riservatogli dall’istituto, notava Bankitalia, appariva troppo favorevole. Fidi concessi «trascurando variabili economico-finanziarie, analisi consolidate e realizzabilità dei progetti sovvenuti», si leggeva nella relazione.

Da Genova al Veneto (via Siena)

L’analisi di Bankitalia non risparmiava inoltre Francesco Bellavista Caltagirone, immobiliarista e cugino del quasi omonimo Francesco Gaetano. Capo del gruppo immobiliare Acqua Marcia, aveva accumulato un miliardo di debiti nei confronti degli istituti. Numeri da record. Come da primato è la varietà delle banche coinvolte: Banca Etruria e Monte dei Paschi di Siena (60 milioni ciascuna destinati a un progetto di costruzione del porto turistico di Imperia e di un albergo a Catania), Bnl, Banco Popolare, Cassa di Risparmio di Ferrara oltre a Veneto Banca e Popolare di Vicenza.

Quest’ultima vanta anche un credito da 57,8 milioni nei confronti di Maurizio Zamparini, ex patron del Palermo, finito agli arresti domiciliari con l’accusa di falso in bilancio e autoriciclaggio. Dietro al maxi debito con la Popolare l’ambizioso maxi progetto edilizio da 160mila metri quadri per “valorizzare” la laguna di Grado, in provincia di Gorizia.

Il piano prevedeva la realizzazione delle terme più grandi d’Europa, di una zona residenziale extralusso oltre a hotel a 5 stelle, negozi e centri sportivi. I lavori non sono mai partiti.

Quel filo rosso che porta a Bari

Dal Veneto, il fil rouge raggiunge il tacco dello Stivale. Con la Popolare di Vicenza, infatti, sono in debito per una cinquantina di milioni anche gli immobiliaristi baresi del gruppo Fusillo, uno dei tanti perni di un’operazione complicatissima che coinvolge Veneto Banca e si dipana fino al gruppo Sorgente dell’immobiliarista Valter Mainetti. Sia Sorgente che il gruppo Fusillo, per inciso, sono debitori della Popolare di Bari, i cui guai sono in costante divenire. Le società dei Fusillo esposte con la banca vicentina, sostiene L’Espresso, sarebbero «sull’orlo del fallimento». Una società del gruppo Sorgente, la Sorgente Sgr, è finita in amministrazione straordinaria all’inizio di quest’anno.

Le banche e i grandi debitori

Secondo l’ultima rilevazione della CGIA di Mestre, i 4/5 circa dei prestiti bancari sono diretti ad appena il 10% della clientela. Quest’ultimo gruppo ristretto, inoltre, è responsabile dell’81% delle sofferenze. Queste percentuali si mantengono relativamente stabili da diversi anni. Dietro ai crediti a rischio, in altre parole, ci sono pochi importanti debitori: «grandi famiglie industriali, i gruppi societari e le grandi aziende» che, nonostante tutto, continuano a ricevere finanziamenti dal settore bancario. E i costi? Decine e decine di miliardi di crediti deteriorati per le banche, oltre una massa di finanziamenti sottratti, gioco forza, al 90% della clientela.

Relazioni pericolose

È la vecchia storia del credito di relazione, quella matassa di conflitti di interesse e trattamenti di favore che ha alimentato la bolla immobiliare di inizio secolo. Un’epoca di credito facile a immobiliaristi, industriali e speculatori, finanziati senza remore per operare sul mercato e, comprarsi, già che c’erano, le quote delle stesse banche che avevano concesso loro il credito per farlo.

È stato grazie a questo schema, ad esempio, che un finanziere come Romain Zaleski ha potuto ricevere 9 miliardi di crediti tra il 2006 e il 2007 a fronte di un collateral, la sua società Carlo Tassara Spa che registrava ricavi per appena 160 milioni. Con i crediti ottenuti, Zaleski avrebbe rastrellato quote importanti di Intesa Sanpaolo (diventerà il secondo azionista dell’istituto), Ubi, MPS e Mediobanca, l’ex tempio dell’aristocrazia finanziaria che non aveva esitato ad accogliere i capitali di un altro big dell’epoca: l’immobiliarista Danilo Coppola. L’illusione è durata il tempo di una bolla. Poi sono rimasti solo i cocci. Nelle mani delle banche.


Rettifica

Accogliendo una richiesta richiesta di rettifica, segnaliamo che una versione precedente di questo articolo riportava, erroneamente, che a finire in amministrazione straordinaria nel gennaio 2019 fosse stato «il gruppo Sorgente». Il provvedimento, assunto dalla Banca d’Italia, riguarda esclusivamente Sorgente Sgr, che è solo una delle società del gruppo.