Gli immobili, il liberismo e la mano pubblica che non c’è più

Il mercato immobiliare è ormai scisso in due: nelle zone di pregio dilaga la speculazione. Altrove, tutto è fermo. Alle classi povere rimangono solo periferie senza servizi

Paolo Berdini
Paolo Berdini
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«Riparte il settore immobiliare nelle città»: è questa la notizia che viene veicolata insistentemente dal potente sistema di comunicazione legato a chi controlla quella filiera economica. A dodici anni dalla crisi del 2008, nata come noto proprio dall’esplodere della bolla immobiliare negli Stati Uniti, tutto ritorna come prima? Il giudizio sulla “ripresa immobiliare” trae origine in verità da due segmenti di mercato: la città di Milano e alcune aree urbane a forte pressione turistica. Ad analizzarle con attenzione si scopre dunque che la tanto decantata nuova fase non riguarda il paese reale, ma contiene in sé tutti i caratteri di precarietà e iniquità sociale tipici dell’economia neoliberista.

Su Milano le mani dei fondi

Iniziamo da Milano, dove si stanno rimettendo in moto le trasformazioni bloccate dalla crisi del 2008 perché il posto degli operatori immobiliari è stato preso dai fondi sovrani e immobiliari. Nel quartiere di Santa Giulia, il ruolo di guida di Luigi Zunino è stato rilevato dal fondo Lendlease, gruppo immobiliare australiano. A Porta Vittoria, il fondo statunitense York Capital ha sostituito Danilo Coppola. La sede di Unicredit, inaugurata di recente nel nuovo quartiere di Porta Nuova è stata acquistata dal fondo cinese Fosum.

La Unicredt Tower di Milano in zona Porta Nuova
La Unicredt Tower di Milano in zona Porta Nuova.

Altri grandi investimenti si stanno concretizzando nel quartiere Sei Milano grazie al fondo statunitense Varde, mentre sempre a Porta Nuova sta per essere concluso il quartiere residenziale China Investment. Anche le Ferrovie dello Stato stanno per concludere le procedure urbanistiche per cementificare le immense aree degli scali ferroviari a nord della città. Infine, lo storico edificio delle Poste Italiane di piazza Cordusio è stato acquistato da Starbucks di proprietà del fondo Blackstone.

Il Sole 24Ore ha calcolato che nel decennio 2019 – 2029 i fondi dell’economia globale investiranno a Milano dieci miliardi di euro, una cifra immensa che avrà certo l’effetto di tenere alti i valori immobiliari urbani e, in quota molto più modesta, avere effetti sull’intera economia cittadina.

Nel resto d’Italia, valori immobiliari fermi

Ma l’effervescenza del sistema immobiliare che si era concretizzata a partire dalla metà degli anno ’90 fino alla crisi del 2008 era caratterizzata da una larga diffusione e aveva fatto crescere i valori immobiliari di tutti gli immobili italiani, non esiste più. La festa è finita e la selezione reddituale operata dall’economia dominante privilegia solo alcuni luoghi perché il modello della valorizzazione non è esportabile su larga scala. Ed infatti, i valori immobiliari di tutta Italia, ad iniziare dalle periferie di tutte le città ristagnano ancora dopo i forti decrementi causati dalla crisi. Èdunque evidente l’iniquità sociale della nuova fase della valorizzazione immobiliare.

La dinamica selettiva neoliberista trova identica applicazione anche nelle città a forte dinamica turistica. I valori immobiliari di Venezia, di Roma e di Firenze, hanno ripreso la loro corsa verso l’alto, sostenuti in questo caso dal meccanismo dei cambi di destinazione d’uso da abitazioni familiari a bed&breakfast. E anche in questo caso gli effetti di iniquità sociale della gentrificazione sono evidenti.

Roma – Centro Storico – Zona Tridente (Campo Marzio, Colonna, Pigna, Trevi)

TipologiaStato di conservazione

Valore Mercato (€/mq)

Min

Max

Min

Max

Min

Max

Min

Max

Abitazioni civiliNORMALE

6300

8800

Abitazioni signoriliNORMALE

7100

9900

BoxNORMALE

4500

6300

Roma – Periferia Est (Zona Tor Bella Monaca-Valle Fiorita)

TipologiaStato di conservazione

Valore Mercato (€/mq)

Min

Max

Abitazioni civiliNORMALE

1350

2000

Abitazioni di tipo economicoNORMALE

1200

1800

BoxNORMALE

800

1200

FONTE: Osservatorio mercato immobiliare – Agenzia Entrate. Valori 1° semestre 2019.

Aree turistiche, poveri sempre più marginalizzati

A Roma, ad esempio, la Banca Nazionale del Lavoro ha di recente ottenuto la possibilità di trasformare in residenze la storica sede di piazza Albania, all’interno delle mura Aureliane, a pochi passi dalla Piramide Cestia. I prezzi di vendita immobiliare si sono attestati sulla cifra di 10mila euro al metro quadrato mentre nella lontana periferia romana i valori di vendita superano raramente i mille euro a metro quadrato. Una forbice di uno a dieci, identica all’aumento delle disuguaglianze dimostrata da tutte le statistiche sociali.

Del resto, a Milano pur di fronte a un forte aumento dell’offerta, la popolazione milanese è ferma a circa 1.400.000 abitanti, mentre continua l’espulsione nell’hinterland delle fasce sociali più povere che non sono in grado di sostenere gli aumenti dei valori immobiliari. Anche a Roma la popolazione complessiva non cresce e, a guardar bene, si vede un ulteriore spopolamento delle fasce pregiate centrali e un aumento nelle periferie lontane. E, mentre aumentano le disuguaglianze, nel silenzio totale sta scomparendo il welfare urbano.

Doppio colpo alle periferie

Le periferie sono dunque colpite due volte: impoverite dai meccanismi di sviluppo e depauperate dei servizi sociali, ad iniziare di alloggi pubblici. Negli anni ottanta venivano costruite in media 18mila case popolari all’anno. Nel decennio ’90 si scende a 10mila. Nel decennio 2000 – 2010 si è arrivati a poco più di 5mila. Oggi non si costruiscono più: nel 2009 la legislazione nazionale aveva ratificato il capovolgimento culturale: nasce l’housing sociale invece delle case pubbliche e anche in questo comparto inizia la sfida tra istituti di credito e fondazioni bancarie per inserirsi in un mercato prima governato dalla mano pubblica. Oltre a Cassa Depositi e Prestiti, si inseriscono Assicurazioni Generali e Unicredit, Allianz e Intesa Sanpaolo.

Solo l’azione pubblica può riequilibrare le cose

In tutte le città aumenta il numero delle famiglie povere, la piaga degli sfratti non accenna a diminuire e le occupazioni di immobili abbandonati da parte di senza tetto continuano. Servirebbe una rinnovata azione pubblica verso le città, la sola che può garantire l’equità sociale che l’economia di rapina dominante sta distruggendo. Per questa azione di profonda riforma delle città, finalizzata alla loro riconversione verso l’ecologia integrale, servono evidentemente risorse economiche pubbliche, le sole in grado di invertire una processo pericoloso che sta minando le stesse basi di convivenza civile che le città del welfare hanno storicamente garantito.


L’autore è urbanista e saggista. Ha pubblicato numerosi testi di urbanistica con taglio fortemente critico sulle politiche di trasformazione delle città. È stato segretario nazionale dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, membro di Italia Nostra, del consiglio nazionale del WWF. Nel luglio 2016, è stato nominato dal sindaco di Roma Virginia Raggi assessore all’Urbanistica, carica dalla quale si è dimesso nel febbraio successivo per le forti divergenze sulla questione del nuovo stadio della AS Roma.

Molto impegnato sul tema del contenimento dell’uso del territorio, ha pubblicato i libri collettanei No Sprawl, Alinea, Firenze 2006; “Il consumo di suolo in Italia 1995-2006”, in Democrazia e diritto, n. 1/2009; Consumo di suolo zero, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2010; Terra rubata, viaggio nell’Italia che scompare, a cura del Fai e del WWF, Roma 2012.

È tra i più profondi conoscitori dell’urbanistica di Roma. I suoi maggiori contributi sono: Il giubileo senza città, Editori riuniti, Roma 2000; Esclusione e comunità, Edizioni del Lavoro, Roma 2004; Modello Roma, Odradek editore, Roma 2007; Le mani sulla città, Alegre editore, Roma 2011.

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