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C’era una volta il Mare Nostrum. Il Mediterraneo è una zuppa di plastica

Numerosi studi concordano: il Mediterraneo sta soffocando nei rifiuti plastici. Una situazione figlia dello sfruttamento intensivo e di politiche inefficienti

“Ogni italiano, ogni persona che si trova nel nostro bellissimo Paese, raccolga qualche pezzo di plastica che qualche scellerato ha gettato, e lo metta nella differenziata. Ripuliamo il mondo assieme, proviamoci fino in fondo. Perché 60 milioni di italiani, sono 60 milioni di pezzi di plastica in meno”.

Parole del neoministro dell’Ambiente italiano, Sergio Costa, pronunciate nella Giornata internazionale per la tutela degli oceani. Non possiamo dargli torto. Secondo il rapporto Beach Litter 2018 di Legambiente, per ogni passo che facciamo lungo i nostri litorali potremmo raccogliere quattro rifiuti. E la percentuale di plastica usa e getta rilevata nelle 78 spiagge monitorate dai volontari dell’associazione, è del 95%. A dimostrazione della gravità del problema e dell’importanza della nuova direttiva dell’Unione europea per ridurre l’impatto delle plastiche nell’ambiente e nei mari.

Esito monitoraggio dei rifiuti sulle spiagge italiane. FONTE: Legambiente

Tra norme migliorabili…

“Non tutte le misure previste però affrontano alla radice i problemi veri: mancano ad esempio norme sui bicchieri di plastica usa e getta e sull’eliminazione di sostanze tossiche – ha sottolineato Stefano Ciafani, presidente di Legambiente. “L’assenza di obiettivi specifici di riduzione per gli Stati membri, inoltre, rischia di essere controproducente. Per questo chiediamo al Parlamento e al Consiglio di mettere in atto obiettivi concreti e attuabili nel breve periodo per andare oltre la plastica monouso e per alimentare sempre di più il modello di economia circolare europeo con la gestione dei rifiuti plastici”.

Anche se, ricorda Ciafani “l’Italia è stata la prima a mettere al bando gli shopper di plastica, i cotton fioc non biodegradabili e le microplastiche nei cosmetici”.

…e ministeri latitanti

Ma oltre il monitoraggio ambientale civico, chi altro verifica la presenza di plastiche lungo le nostre coste e in mare? Sappiamo che, come segnala l’Agenzia regionale per l’ambiente della Toscana, sono in atto dei rilevamenti da parte dal Sistema Nazionale delle Agenzie Ambientali coordinato dall’Istituto Superiore per l’Ambiente, come previsto dai piani di monitoraggio previsti dal D.Lgs 190/2010, fin dal 2015. Ma i dati raccolti non sono ancora stati pubblicati dal Ministero dell’Ambiente, che è l’autorità competente per l’attuazione della direttiva europea sulla Strategia Marina 2008/56/CE.

10 chili di plastica ogni km quadrato

Misure di trasparenza più che necessarie per creare consapevolezza nei cittadini, nelle istituzioni e tra le aziende. Un bagno di realismo più che mai urgente. Il Mare Nostrum è, ormai, letteralmente “una zuppa di plastica”. Nessun allarmismo. Solo la mera traduzione letterale di “The Mediterranean Plastic Soup”, uno studio scientifico internazionale, che ha visto coinvolti anche i ricercatori del CNR-ISMAR di Lerici.

A preoccupare è in particolare la presenza di macroplastiche. Si contano 10 kg di oggetti fluttuanti per ogni chilometro quadrato. A essere colpito più di tutti è il Tirreno settentrionale, tra Corsica e Sardegna. Attorno alla Sicilia e alle coste pugliesi si stimano almeno 2 kg di plastica. Fenomeno drammatico a cui si assommano la presenza di microplastiche, fibre inferiori ai 5 millimetri che finiscono in mare e vengono ingerite dai pesci esattamente come il plancton, entrando nella nostra filiera alimentare, già indagate dal progetto Life Mermaird del CNR di Pozzuoli.

Map of the central-western Mediterranean Sea showing the location of all sampling stations and the distribution of un-corrected plastic densities expressed as grams of plastic per km 2 . Size of the circles is proportional to measured concentration values on a logarithmic scale. Particles < 700 μ m and synthetic fibers were not included in density calculations. Data were plotted using GPS Visualizer (http://www.gpsvisualizer. com/) and post-edited in Adobe Illustrator CS5. Background map freely retrieved from DEMIS OpenGIS Web Map Server under open copyright licence (http://www.demis.nl/home/pages/wms/docs/OpenGISWMS.htm).

I fattori che uccidono il Mediterraneo

Dati che confermano quanto messo nero su bianco da altri documenti. Come  rapporto “Mediterraneo in trappola” del WWF, che ricorda come alle 5 “isole di plastica” oceaniche – due nel Pacifico, due nell’Atlantico e una nell’Oceano Indiano – in cui si accumula la maggioranza dei rifiuti di plastici, si aggiunge il Mar Mediterraneo, classificato come la sesta grande zona di accumulo di rifiuti plastici al mondo.

Quantità e peso dei riifuti plastici presenti nei sei principali bacini di accumulo. FONTE: PLOS ONE

Nel nostro mare per eccellenza, che rappresenta solo l’1% delle acque mondiali, si concentra il 7% della microplastica globale. Essere un mare chiuso ovviamente non aiuta. Ma non si può dare la colpa alla geografia se la situazione è vicina al collasso.

Solo il 30% dei 27 milioni di tonnellate di rifiuti plastici prodotti ogni anno viene effettivamente riciclato.

I fattori dell’inquinamento fuori controllo sono infatti totalmente colpa dell’uomo. I 150 milioni di abitanti che abitano le coste del Mediterraneo producono infatti tra i 200 e i 760 chili pro capite di rifiuti, che spesso vengono trasportati dai fiumi direttamente in mare. A rendere peggiore la situazione, nei mesi estivi, sono i 200 milioni di turisti che affollano le coste e che fanno lievitare del 40% la produzione di rifiuti.

Sul fenomeno incidono poi politiche di gestione dei rifiuti totalmente inadeguate. Basta un dato per capirlo: appena un terzo dei 27 milioni di tonnellate di rifiuti plastici prodotti ogni anno viene effettivamente riciclato.