MiniBoT, il cavallo di Troia della Lega per riprendersi la moneta

L’emissione di titoli di Stato di piccolo taglio potrebbe servire a scavalcare la Bce, monetizzare il debito pubblico e preparare l’uscita dall’euro

Nicola Borzi
Nicola Borzi
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Martedì 28 maggio la Camera ha approvato all’unanimità una mozione che impegna il governo ad accelerare il “pagamento dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni”, anche attraverso “titoli di Stato di piccolo taglio”. I deputati del Pd e di +Europa si sono poi dissociati, parlando di un testo della mozione che sarebbe stato modificato prima del voto ma dopo che era stato presentato alle opposizioni.

La mossa promuove l’attuazione di una parte del programma elettorale della Lega di Salvini, quello che prevede la creazione dei cosiddetti miniBoT. Ma, secondo alcuni, il fine ultimo potrebbe essere quello di riappropriarsi della sovranità monetaria, cioè di togliere alla Bce l’esclusiva della stampa di moneta, con obiettivo finale porre le premesse per un’eventuale uscita dell’Italia dall’Euro.

Cosa dice il programma leghista

Ecco la definizione e l’impiego dei miniBoT, come presentati nel programma elettorale della Lega per Salvini premier a pagina 71:

«Si tratta di Titoli di Stato di piccolo taglio che, se emessi in sufficiente quantità potrebbero diventare un sistema di pagamento alternativo rispetto a quello con le attuali banconote. Il vantaggio dei miniBoT è che la loro creazione e diffusione sarebbe totalmente controllata dallo Stato senza dover quindi rischiare di essere bloccata dall’esterno. Avrebbero inoltre un’importante funzione di rilancio dell’economia».

Secondo il programma della Lega, «Non si tratta di una moneta parallela perché i trattati europei impediscono la stampa di banconote diverse da quelle in Euro e avere due monete diverse con differenti tassi di cambio in circolazione contemporanea sarebbe disastroso, perché i redditi rischierebbero di essere nella moneta di minor valore mentre i debiti resterebbero in Euro».

Il programma prosegue: «L’aspetto del miniBoT sarà in tutto e per tutto simile ad una banconota ma in realtà rappresenta un pezzettino di debito pubblico ed è quindi un credito per il cittadino che lo possiederà. I miniBoT verrebbero assegnati senza formalità e volontariamente a tutti i creditori dello Stato in qualsiasi forma. I debiti dello Stato verso le imprese, i crediti d’imposta pluriennali dei cittadini (ad es. chi ha un credito di imposta decennale per ristrutturazione edilizia verrà saldato subito) i risarcimenti per i risparmiatori azzerati dai decreti sulle banche, i crediti Iva delle piccole e medie imprese e dei professionisti».

Un piano da 70-100 miliardi di miniBoT

Quanto alla loro emissione, «si conta di mettere in circolazione circa 70/100 miliardi di miniBoT, pareggiando in pratica l’attuale stock di denaro cartaceo in euro. Il massimo quantitativo di miniBoT che possono essere assegnati subito (se lo desidererà) ad un creditore dello Stato è 25mila euro, le cifre eccedenti tale valore verranno saldate con il vecchio sistema con tempi che cercheremo di rendere più brevi ma difficilmente saranno immediati come invece accadrà a chi sceglierà di venir saldato in miniBoT».

Chi garantisce i miniBoT? «La garanzia del valore del miniBoT è lo Stato stesso. Lo Stato accetta i miniBoT come pagamento delle imposte, quindi dal momento che il prelievo fiscale ogni anno è di 450 miliardi e il totale dei miniBoT emessi è, come abbiamo detto 70 miliardi circa, la “domanda” sarà sufficiente ad assorbire tutta l’offerta anche nel caso in cui tutti decidano di restituire i miniBoT con lo strumento fiscale».

Ma come potrebbero essere usati? «Con i MiniBoT si potrà pagare la normale tassa sulle persone fisiche ma anche IMU, TARI, bollo auto ecc. ecc.

I miniBoT sono titoli di Stato senza scadenza e senza tasso d’interesse.

Del resto anche le normali banconote non hanno né scadenza né tasso d’interesse. La “scadenza” implicita del miniBoT è data dalla sua spendibilità, vale a dire che la vita utile del titolo per il detentore termina quando vuole lui, nel momento in cui lo spende o lo utilizza per il pagamento delle tasse. Vale la pena ricordare che anche i normali titoli di Stato, anche se di scadenza trentennale, possono essere monetizzati in qualsiasi momento vendendoli sul mercato: nel caso dei miniBoT non è necessario un mercato secondario perché, invece di venderli per monetizzarli, basta spenderli. I miniBoT depositati sul proprio conto titoli potranno essere prelevati da subito senza spese in qualsiasi luogo d’Italia dai Postamat delle Poste».

La dimensione possibile delle emissioni di miniBoT

Quanti potrebbero essere i miniBoT emessi dal Tesoro? Il debito della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese creditrici è di circa 57 miliardi di euro, secondo gli ultimi dati disponibili. Ma se il fenomeno dell’emissione dei miniBoT fosse esteso, potrebbe riguardare ad esempio il pagamento delle pensioni pubbliche (anch’esse in sostanza un “debito” dello Stato nei confronti dei pensionati), che ogni anno valgono circa 200 miliardi di euro. Oppure degli stipendi dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, pari secondo gli ultimi dati della Ragioneria dello Stato riferiti al 2017 a 164,23 miliardi di euro.

Un ritorno al passato

L’emissione di miniBoT non sarebbe una novità nella storia monetaria d’Italia. Come ricorda un articolo di Repubblica del 7 marzo 1996 «Ci sono stati quelli per le Usl, per gli enti lirici e per i porti; ne hanno beneficiato anche Iri, Eni ed Efim; in due occasioni, poi, sono stati coinvolti milioni di cittadini italiani (quando venne congelata la contingenza) e migliaia di società (per la restituzione dei crediti d’imposta).

Sono 11 i precedenti dei pagamenti in titoli di Stato. Negli ultimi 20 anni, il Tesoro ha emesso appositi titoli di Stato a rendimento fisso (Btp), agganciati all’ inflazione (Ctr) o a tasso variabile (Cct) per fronteggiare esigenze più disparate: dal consolidamento dei debiti delle unità sanitarie locali, degli enti mutualistici, dei porti, degli enti lirici e delle associazioni concertistiche e dell’Acquedotto Pugliese, alla ricapitalizzazione delle società a partecipazione statale fino all’ estinzione dei crediti d’imposta dovuti dal fisco alle società (oltre 10 mila miliardi di lire). Il caso, però, che tutti gli italiani dai 40 anni in su ricorderanno è quello del congelamento della contingenza che, alla fine degli Anni 70, venne pagata in Btp (titoli per di più non negoziabili prima di una determinata scadenza, a differenza di quelli che saranno emessi per i pagamenti pensionistici, che saranno invece negoziabili)».

Cos’è la monetizzazione del debito

La possibile emissione di miniBoT è dunque, in sostanza, uno strumento che si avvicina a quelli già utilizzati più volte dall’Italia nel passato per monetizzare il debito pubblico. Un discorso introdotto nei giorni scorsi con altre parole dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria: «Credo sia venuto il momento di discutere il tabù della monetizzazione del debito». Tria lo ha affermato il 20 maggio intervenendo in occasione del Global Sustainability Forum 2019 organizzato dalla Luiss Business School.

Cosa può significare questo? Secondo alcuni osservatori, si tratta di un modo per mettere in discussione il divorzio tra la Banca d’Italia e il ministero del Tesoro realizzato dal ministro del Tesoro della Dc Nino Andreatta nel 1981. Prima di quella operazione, la Banca d’Italia doveva sottoscrivere tutti i titoli del debito pubblico emessi dal Tesoro che, potendo contare su un compratore obbligato, poteva gestire i tassi d’interesse sul debito tenendoli artificialmente bassi, cosa che non avrebbe potuto fare se avesse dovuto convincere gli acquirenti di mercato a sottoscriverli.

In questo modo i tassi d’interesse dei titoli del debito pubblico italiani erano alti ma inferiori al tasso dell’inflazione, dunque negativi in termini reali. Il che consentiva allo Stato di finanziare il debito pubblico a costi reali negativi e di guadagnare nell’operazione incassando il diritto di signoraggio con l’emissione di moneta attraverso la Banca d’Italia.

Una seconda moneta in circolazione

Oggi però l’emissione di moneta non è più in capo alla Banca d’Italia ma alla Bce, che decide quanta emetterne e rimborsa pro quota a Banca d’Italia il diritto di signoraggio in funzione della sua quota percentuale di partecipazione alla Bce stessa.

Sostanzialmente dunque, con l’emissione di miniBoT, l’Italia introdurrebbe (al di là delle negazioni formali del programma elettorale della Lega) una seconda moneta in circolazione, teoricamente denominata in euro, ma non emessa dalla Bce.

Monetizzerebbe insomma il debito. Però, secondo alcuni osservatori critici della Lega, porrebbe le premesse monetarie per riappropriarsi progressivamente della sovranità monetaria e per poter quindi organizzare, in caso di decisione politica, un’eventuale uscita dall’euro.

borzi@valori.it