A tavola col parente climatoscettico? Ti aiutiamo noi

Passerai le feste con parenti che ti riproporranno le solite argomentazioni negazioniste sui cambiamenti climatici? Ecco una guida rapida che potrebbe salvarti il Natale

Ti accingi a passare i giorni di Natale con quello zio, quel nonno o quella cugina che, lo sai già, certamente ti riproporrà le solite argomentazioni negazioniste e prive di basi scientifiche sui cambiamenti climatici? Piuttosto preferiresti partire per un’isola deserta? Valori ha pensato di salvarti il Natale. Ti proponiamo qui alcune risposte alle affermazioni che potresti ascoltare di fronte a pandori e panettoni. Con i migliori auguri di buone feste da parte della redazione di Valori.it.

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«I cambiamenti climatici non esistono, il clima è sempre cambiato!»

Che i cambiamenti climatici esistano è stato certificato da oltre un secolo. Il primo scienziato a parlare dell’incidenza della concentrazione di gas ad effetto serra nell’atmosfera è stato Svante Arrhenius, svedese, premio Nobel per la chimica nel 1903, che alla fine dell’Ottocento aveva pubblicato un paper proprio sul tema.

La comunità scientifica è pressoché unanime nel confermare non solo l’esistenza dello stesso ma anche l’origine antropica dei cambiamenti climatici. Le due rivoluzioni industriali hanno infatti portato alla dispersione di immense quantità di gas ad effetto serra nell’atmosfera terrestre, producendo l’aumento della temperatura media globale certificato dalle stazioni di rilevamento presenti in tutto il mondo.

Quanto ai cicli che ha vissuto la Terra in termini di cambiamenti del clima, è vero che essi sono esistiti. Ma mai, e anche su questo la comunità scientifica è stata chiarissima, si è trattato di modifiche intervenute in modo così repentino. L’ultimo rapporto dell’IPCC, il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (il massimo organismo scientifico in materia), contiene tutti i dati più aggiornati e non fa che confermare la traiettoria del riscaldamento globale e la sua origine antropica.

È il nonno il primo ad ammettere che va bene, forse questo aumento della temperatura non è proprio normale. E non è proprio come i normali cicli che la Terra ha conosciuto. Poi fa una pausa e tutta la tavolata lo guarda.

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«Ma mezzo grado in più che vuoi che sia…»

Mezzo grado in più quando la mattina si esce di casa è impercettibile. Mezzo grado in più in termini di aumento della temperatura media globale può significare il passaggio da una situazione di crisi climatica (quella che già stiamo vivendo) ad una di catastrofe climatica.

A confermarlo è stato lo Special Report 1.5 dell’IPCC. Il documento è stato pubblicato nell’autunno del 2018, ed era stato commissionato dai governi di tutto il mondo tre anni prima, in occasione della Cop di Parigi. Obiettivo del rapporto: spiegare cosa cambierà, concretamente, se la temperatura media globale crescerà alla fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali, di 1,5 o di 2 gradi centigradi.

Un esempio su tutti: con 1,5 gradi, rimarrà altamente improbabile arrivare a casi di estati in cui tutti i ghiacci dell’oceano artico si scioglieranno. Ciò potrà accadere infatti una volta ogni secolo. Mentre con 2 gradi, potrebbe verificarsi una volta ogni decennio. Di conseguenza, la distanza in termini di innalzamento del livello dei mari nelle due ipotesi è di 10 centimetri. Con tutto ciò che tale differenza comporterebbe per la quantità di zone costiere che si ritroverebbero sommerse. Alcuni atolli dell’oceano Pacifico, ad esempio, con 2 gradi scomparirebbero semplicemente dalle carte geografiche.

Ed è a quel punto che alle tue spalle senti una voce. È tua cugina. Quella nota in famiglia perché a Ferragosto va in spiaggia portandosi il golfino «perché non si sa mai, metti che si alza un po’ d’aria».

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«Ma quale riscaldamento globale, non lo vedi che sono settimane che fa freddo?»

La meteorologia e il clima sono due cose estremamente diverse. La prima riguarda le condizioni di una determinata regione, in un periodo di tempo breve (nell’ordine delle ore o dei giorni). Il secondo riguarda l’ecosistema terrestre nel suo complesso, e valuta le evoluzioni nell’ambito di anni, decenni, secoli. È perciò del tutto impossibile trarre conclusioni climatiche da variazioni locali e di breve durata (fossero anche alcune settimane di tempo).

Ciò non toglie, al contrario, che i cambiamenti climatici incidano fortemente anche su alcuni ambiti della meteorologia. Il fatto che nel mondo gli eventi estremi (uragani, siccità, ondate di caldo) siano sempre più frequenti e violenti rappresenta, ad esempio, una delle conseguenze del riscaldamento globale.

Mormorii di approvazione. Hai segnato un punto. Non c’è più nessuno disposto a negare l’esistenza dei cambiamenti climatici. Stai per rilassarti sulla sedia versandoti un bicchiere di vino quando…

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«Sono i cinesi a produrre la maggior parte della CO2, ci pensassero loro»

La Cina è il Paese più popoloso del mondo, con circa 1,4 miliardi di abitanti. È inevitabile pertanto che sia anche quello che emette il quantitativo maggiore di CO2. I dati pro capite sono decisamente diversi. È tuttavia vero che la Cina è responsabile di enormi emissioni di gas ad effetto serra, ma è anche vero che le economie avanzate, per parecchi decenni, si sono arricchite e hanno prosperato bruciando energie fossili: per questo i Paesi in via di sviluppo eccepiscono che, ora che è il loro “turno”, non sia giusto chiedere di fare un passo indietro.

Inoltre, decenni di delocalizzazione da parte delle aziende occidentali, finalizzate a produrre a costi più bassi, hanno portato ad una concentrazione di fabbriche e industrie (e dunque emissioni) in Asia.

La realtà, certificata dalla scienza, è che tutti dovranno fare la propria parte. Le nazioni ricche e industrializzate in primis, ma anche quelle in via di sviluppo, se si vorranno centrare gli obiettivi indicati dall’Accordo di Parigi.

E però devi darci soluzioni, ora, è il coro unanime di nonni, zii e cugini. Devi dirci come possiamo fare a ridurre le emissioni. E il cugino smette di scorrere l’account Instagram dell’Istituto Bruno Leoni e ti fissa.

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«Perché non puntare sul nucleare allora?»

Il nucleare emette quantitativi estremamente bassi di CO2 in loco. Ma per valutare complessivamente l’impatto occorre considerare anche l’estrazione del combustibile nelle miniere, la costruzione delle centrali, il trattamento delle scorie e lo smaltimento dei reattori a fine vita.

Puntare sul nucleare per salvare il clima è complicato per numerose ragioni. In primo luogo i tempi: per costruire nuove centrali nucleari servono molti anni. Spessissimo, inoltre, le previsioni delle aziende sono disattese: il caso del reattore EPR di Olkiluoto, in Finlandia, è in questo senso emblematico. È stato avviato solo pochissimi giorni fa, con un ritardo clamoroso di 12 anni rispetto ai tempi inizialmente annunciati e con costi che hanno superato lo stesso prezzo di vendita per il produttore.

La scienza ci dice invece che per risolvere il problema dei cambiamenti climatici occorre agire immediatamente, tagliando le emissioni di netto. Lo sviluppo delle energie rinnovabili è dunque essenziale e ben più sicuro in termini economici e di tempistiche. Senza dimenticare che il nucleare sconta problemi irrisolti in termini di gestione delle scorie, un rischio di incidenti che non può essere escluso e attività di smantellamento che possono risultare estremamente difficili.

Mentre metà dei cugini cerca Olkiluoto su Google Maps e l’altra metà istruzioni su come costruire un rifugio antiatomico, tu prosegui spiegando quanto è importante utilizzare i propri soldi per finanziare progetti autenticamente sostenibili. E la zia…

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«Ma io ho investito i miei risparmi in modo sostenibile!»

Sono ormai moltissimi gli istituti finanziari, a partire dalle banche, che hanno deciso di proporre alla clientela prodotti sostenibili. I grandi istituti di credito, ad esempio, presentano “linee” dedicate a chi è particolarmente sensibile alla tutela del clima e della natura. Così, non è difficile trovare ad esempio un fondo comune che investa unicamente in fonti rinnovabili.

Il problema sorge nel caso in cui, a fronte di tali prodotti sostenibili, gli stessi istituti ne propongono moltissimi altri che non sono affatto sostenibili. come considerare coerente una banca che proponga, da un lato, di investire in eolico e solare, dall’altro in carbone e petrolio?

Per questo chi fa finanza etica sottolinea come il proprio approccio sia “olistico”, in questo senso. Non soltanto i prodotti sono tutti sostenibili, ma abbracciano la stessa sostenibilità a tutto tondo: verificando il rispetto del clima e dell’ambiente ma anche i diritti dei lavoratori, la parità di genere, la governance, gli impatti sociali, ecc.

Il greenwashing, in altre parole, è dietro l’angolo. E per poter dire «ma io ho investito i miei risparmi in modo sostenibile», sarebbe necessario controllare se l’istituto al quale ci si è rivolti non proponga anche prodotti nocivi per la natura o per le persone.

Quando si parla di soldi la discussione si infiamma, tra la cugina “centrosocialista” e il cugino “noncealternativista”. La cui voce a un certo punto emerge su tutte le altre.

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«Ma dopo una crisi come quella del Covid pensi che possiamo preoccuparci del clima?»

La retorica del «occorre ripartire ad ogni costo» non è rara. Eppure, la scienza ci ha spiegato che gli impatti dei cambiamenti climatici saranno ben peggiori di quelli della pandemia. Uno studio pubblicato il 6 settembre sulla rivista scientifica Environmental Research Letters ha spiegato https://valori.it/clima-pil-mondiale-crollo/ che il Pil mondiale potrebbe crollare, di qui alla fine del secolo, del 37% se non si agirà in tempo.

Nel 2020, uno studio cinese aveva inoltre calcolato che il mancato rispetto dell’Accordo di Parigi comporterà costi immensi per le nazioni di tutto il mondo. Che nel peggiore degli scenari potrebbero arrivare alla cifra stratosferica di 790mila miliardi di dollari, di qui alla fine del secolo.

Al contrario, un’analisi della Global Commission on the Economy and Climate ha quantificato i vantaggi economici e sociali della salvaguardia del clima. Una “nuova” economia verde garantirebbe un “guadagno” cumulato di 26mila miliardi di dollari, rispetto al risultato atteso con l’attuale modello di sviluppo. Stima che è stata giudicata «prudente» dagli stessi autori. Inoltre, si potrebbero creare, entro il 2030, 65 milioni di posti di lavoro verdi. E si potrebbero evitare 700mila morti premature dovute all’inquinamento dell’aria entro i prossimi dodici anni.

E se sei arrivatə fin qui…

Con ottima probabilità stai mangiando una fetta di pandoro o di panettone, con uvetta, canditi e tutto quello che ci va. E allora noi ti auguriamo buon Natale, se sei credente. Buone feste, se non lo sei. E facciamo tanti auguri a te e a tuttə noi, perché ne abbiamo davvero bisogno!


Questo articolo è stato pubblicato in 1o anni – storie e approfondimenti sulla crisi climatica, la newsletter che Valori.it invia ogni venerdì. Se vuoi riceverla iscriviti alla newsletter e seleziona “Ambiente” tra i tuoi interessi.