«Gli agricoltori hanno tutte le ragioni per protestare, ma il problema non è il Green Deal»

Il biologico offre soluzioni ai motivi delle proteste degli agricoltori. Lo spiega Mariagrazia Mammuccini (Federbio) alla Festa del bio

Alla Festa del Bio di Milano si è parlato anche delle proteste degli agricoltori © Markus Winkler/Unsplash

A un appuntamento come la Festa del bio, che ha fatto tappa a Milano il 9 marzo, sarebbe stato impossibile ignorare quello che indiscutibilmente è il tema del momento. Cioè le proteste degli agricoltori in tutt’Europa. Tant’è che la presidente di Federbio Mariagrazia Mammuccini l’ha preso di petto già durante l’evento di apertura a Palazzo Giureconsulti. Esprimendo una posizione netta. «Gli agricoltori hanno tutte le ragioni per protestare. Sono aumentati i costi dell’energia, dei mezzi per la produzione e gli interessi bancari e, nel frattempo, il clima ha fatto perdere parte del raccolto. In compenso, i prezzi finali dei beni agricoli sono scesi o rimasti uguali. Il problema, però, non è il Green Deal. Il problema è il modello intensivo che è insostenibile a livello sociale, economico e ambientale».

Il mercato del bio frena, ma ha il potenziale per tornare a crescere

Da un lato, dunque, abbiamo il modello intensivo dominante che ha trascinato gli agricoltori in questa crisi ormai conclamata. All’estremo opposto, sostiene Mammuccini, c’è l’agroecologia. In particolare, «il biologico offre soluzioni utili all’agricoltura nel suo insieme: è per questo che bisogna spingere per questo modello. Non chiediamo di tornare al passato, ma di portare avanti la transizione ecologica, per il bene dell’agricoltura e dei cittadini».

Eppure, «per i consumatori non è ancora chiaro che il biologico è il cibo migliore per il pianeta, gli animali e la salute», continua Nicoletta Maffini, presidente di Assobio, intervenuta in collegamento dal Giappone. Lo dimostra la contrazione dei volumi. Nel 2023 i volumi di prodotti biologici venduti nella grande distribuzione hanno visto una lieve contrazione dello 0,3%, accompagnata da un +4,7% dei valori, trainati dall’inflazione. Lo dicono i dati elaborati da Nielsen per la stessa Assobio. A conti fatti, dunque, il giro d’affari del bio nella GDO è di 2,1 miliardi di euro, cioè il 2,9% del totale alimentare nel canale. Una percentuale del tutto insoddisfacente, a detta di Assobio. Soprattutto in un Paese, come l’Italia, dove il 18,7% dei terreni agricoli è coltivato a biologico.

Il biologico offre soluzioni alle cause delle proteste degli agricoltori

E tutti gli altri, cioè i produttori che preferiscono attenersi ai metodi di agricoltura convenzionale? «Ci guardano con grande rispetto e curiosità», conferma Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Bio. «Le proteste degli agricoltori hanno messo in luce una serie di criticità, legate innanzitutto alla monocoltura e alla dipendenza da quei Paesi esteri che producono ed esportano fertilizzanti e fitosanitari. Il biologico dà risposte a questi problemi, risposte che tornano utili anche all’agricoltura convenzionale».

In questo contesto così complesso, in cui gli agricoltori sono schiacciati dall’aumento dei costi e i consumatori faticano a stare al passo con i prezzi, non è però pensabile che il modello biologico ce la faccia da solo. Secondo Gardoni, sono due i grandi ostacoli contro i quali si deve scontrare. E che impongono un approccio interventista da parte delle istituzioni. «Non abbiamo ancora alternative accessibili, in termini di costi e disponibilità di prodotto, alla chimica di sintesi. L’altro grande problema è la concorrenza sleale dall’estero. In mancanza di un riconoscimento economico per gli agricoltori che fanno uno sforzo aggiuntivo per seguire gli schemi agroecologici, il cibo importato finisce per essere più conveniente per i consumatori».