Stop alle pubblicità delle fonti fossili: la nuova frontiera del climattivismo

Amsterdam è stata la prima città a vietare le pubblicità delle fonti fossili, grazie a Reclame Fossielvrij. Abbiamo intervistato un'attivista

Andrea Di Turi
© Subvertisers International
Andrea Di Turi
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Mettere al bando le pubblicità delle fonti fossili, cioè di voli aerei, crociere, auto con motore a combustione e, ovviamente, petrolio e gas. È il tema della Ban Fossil Ads Conference in programma a Bruxelles il 22-24 marzo, la terza dopo quelle di Parigi (2022) e Amsterdam (2023). Gli organizzatori sono riuniti nel network di Subvertisers International che, nel 2022, ha sostenuto l’Iniziativa dei cittadini europei per vietare le pubblicità delle fonti fossili. Tra loro c’è l’olandese Reclame Fossielvrij (Fossil Free Advertising), grazie al cui lavoro Amsterdam è diventata la prima città al mondo a varare un fossil ad ban. «Una notizia che fece il giro del mondo», dice Charlotte Braat, attivista di Reclame Fossielvrij.

Come avete raggiunto quello storico risultato?

Amsterdam voleva ispirare le proprie politiche all’”Economia della ciambella” di Kate Raworth. Così i miei colleghi (allora io non lavoravo ancora con Reclame Fossielvrij) col supporto di oltre 50 organizzazioni, inviarono una lettera aperta all’amministrazione cittadina chiedendo di vietare le pubblicità delle fonti fossili. La mozione approvata chiedeva di fare pressioni per un divieto nazionale e di avviare colloqui con l’operatore pubblicitario per un divieto volontario.

Si arrivò a un accordo volontario con la metropolitana di Amsterdam, che dal 2021 ha smesso di mostrare pubblicità delle fonti fossili, un divieto che forse quest’anno potrebbe essere esteso a tutta la città. Fu d’ispirazione per molti. Oggi 14 città in Olanda e oltre 30 nel mondo, da Sydney a Stoccolma fino a Liverpool, hanno un fossil ad ban. La lobby dell’industria pubblicitaria ha spesso avanzato il timore di perdite di introiti, ma nessuna fra le città che hanno introdotto divieti ha sofferto perdite significative. Piuttosto, chiediamoci se sia giusto che le amministrazioni prendano soldi da industrie che aggravano la crisi climatica.

Perché è fondamentale vietare le pubblicità delle fonti fossili nella prospettiva della lotta contro la crisi climatica?

Queste campagne creano false immagini di aziende “verdi” che sembrano assumersi le loro responsabilità. Ma sono fuorvianti e normalizzano l’uso di prodotti dannosi per il clima, ostacolando la transizione e facendo sì che la distruzione causata dall’industria fossile continui ad essere accettata. Lo abbiamo visto col tabacco: politiche efficaci per ridurre il fumo sono state possibili solo dopo che la pubblicità del tabacco è stata vietata. Perché non abbiamo più accettato che si promuovesse attivamente un prodotto tanto dannoso. Per le pubblicità delle fonti fossili dovrebbe essere uguale.

Lo stesso Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) dice che le restrizioni pubblicitarie sono uno strumento importante a disposizione dei governi per influenzare su larga scala i cittadini verso comportamenti che riducano le emissioni. In Olanda 12 scienziati del comportamento, consiglieri del ministro del Clima, ritengono che vietare le pubblicità delle fonti fossili sia «essenziale» per la transizione. Gli operatori sanitari le paragonano agli spot del tabacco, poiché muoiono più persone per l’inquinamento che per il fumo. Vietare le pubblicità delle fonti fossili è la politica sana ed economicamente conveniente che ci serve oggi. Ovunque.

Cosa vi aspettate dalla Conferenza di Bruxelles?

Il movimento è cresciuto, sono cresciute le vittorie ottenute, ma è cresciuta anche la lobby che ci contrasta. Perciò a Bruxelles discuteremo delle strategie che servono oggi. Con le elezioni europee alle porte, vogliamo anche fare pressione sull’Unione europea sfruttando lo slancio che proviene sia dalle persone che sempre più numerose ci sostengono, sia da recenti iniziative legislative di #BanFossilAds presentate in Canada e Irlanda. Per questo ci troviamo a Bruxelles. Fra gli invitati ci sarà David Cormand, parlamentare europeo dei Verdi, promotore dell’iniziativa “We Skip Ads”. Si parlerà anche della sponsorizzazione fossile delle Olimpiadi di Parigi e di “Stay Grounded”, la settimana internazionale contro pubblicità e greenwashing delle compagnie aeree. Ci saranno partecipanti dall’Europa e dal resto del mondo.


Quali sono i Paesi più coinvolti nel movimento #BanFossilAds?

Regno Unito, Svezia, Austria, Canada, Australia e Sudafrica, oltre all’Olanda, sono quelli dove si registra più attivismo. La Svezia nel 2019 ha avuto il primo giornale che ha vietato le pubblicità fossili, decisione che gli portò più abbonati. Sul sito “World without fossil ads”, che abbiamo lanciato nel 2023, ci sono informazioni aggiornate su iniziative e attori che si battono contro le pubblicità fossili, con casi di successo, tattiche, strumenti, documenti scientifici a supporto.

Come vedete la situazione in Italia?

Da voi sappiamo che il tema è nell’agenda degli stessi soggetti che hanno spinto la città di Roma ad approvare il Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili. So che Alessandro Cavaliere, di Europa Verde Roma, è impegnato in tal senso. Sono anche in contatto con giornalisti, con Rinascimento Green, con Greenpeace Italia che sta facendo un ottimo lavoro sul greenwashing di Eni e con la coalizione “Stampa libera per il clima” (cui aderisce anche Valori, ndr). Purtroppo in molti Paesi europei, come Italia e Olanda, vediamo andare al potere governi di destra. Perciò dovranno essere le città a fare da guida. Ho fiducia nel fatto che che Roma potrà essere fra queste.