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Transizione ecologica, il Regno Unito punta su una banca pubblica

Il Regno Unito lancia una banca pubblica che si occuperà (anche) di sostenere la transizione ecologica. Ma non mancano critiche e dubbi

Una marcia per il clima a Londra © Drimafilm/iStockPhoto

La Cop 26, la ventiseiesima conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, si terrà tra sette mesi. Ad ospitarla sarà la città di Glasgow, in Scozia, nel novembre di quest’anno. Un appuntamento fondamentale per le sorti del Pianeta. E – per una volta, dopo i casi negativi di Polonia e Cile – la nazione ospitante sembra volersi impegnare per far sì che l’evento non si traduca in un nuovo fallimento. In che modo? Il governo del Regno Unito ha deciso di cominciare dal sistema finanziario.

La banca per le infrastrutture avrà a disposizione oltre 25 miliardi di euro

Mercoledì 3 marzo, presentando il bilancio per il 2021, il ministro delle Finanze Rishi Sunak ha annunciato la creazione di una nuova banca pubblica, il suo obiettivo sarà il finanziamento di nuove infrastrutture nel Paese. L’esecutivo di Londra propone di concederle un capitale di 12 miliardi di sterline (circa 14 miliardi di euro). Più altri 10 miliardi di prestiti garantiti dallo Stato. Con i quali si punta a stimolare investimenti privati per 40 miliardi.

Clima, proteste a Bruxelles
Una manifestazione per il clima a Bruxelles © Alexandros Michailidis/iStockPhoto

Nelle intenzioni di Sunak, tale denaro dovrà consentire di superare la crisi economica provocata dalla pandemia. Ma dovrà anche agevolare la transizione ecologica del Regno Unito, sostenendo la costruzione di infrastrutture per la mobilità sostenibile e lo sviluppo delle energie rinnovabili. Certo, si tratta di promesse tutte da verificare. Esattamente come ben caso del Green Deal europeo, per il quale Bruxelles ha chiesto che un terzo dei fondi sia consacrato a progetti eco-compatibili.

Il ruolo imprescindibile dello Stato, anche con un governo conservatore

Inoltre, il Labour party ha criticato fortemente il progetto britannico. Secondo il partito d’opposizione, infatti, l’impatto della banca sarà marginale. Inoltre, l’istituto non sarà in grado di colmare il vuoto lasciato dagli investimenti europei nel Regno Unito. È tuttavia incoraggiante, da un lato, il fatto che anche un governo conservatore ammetta la necessità di avviare una profonda transizione ecologica. Dall’altro, che per farlo torni in auge il ruolo fondamentale dello Stato.

Certo, la creazione della nuova banca pubblica britannica è anche una scelta obbligata per il governo di Boris Johnson. Con la Brexit, infatti, il Regno Unito si è ritrovato orfano della Banca europea per gli investimenti (BEI). Quest’ultima, nel 2020, si è tra l’altro trasformata in “banca per il clima”. Ciò dopo aver già avviato, un anno prima, una svolta verde. In un rapporto sulle proprie politiche energetiche, la stessa BEI aveva annunciato di voler «accrescere il proprio sostegno alla transizione energetica nell’Unione europea».

La necessità di sostituire la Banca europea per gli investimenti

Si era trattato di una vittoria delle associazioni ambientaliste, che per anni avevano chiesto un cambiamento di rotta alla banca. In particolare, un rapporto pubblicato dalle associazioni francesi Les Amis de la Terre, Oxfam e Réseau Action Climat aveva precisato che, tra il 2015 e il 2018, la BEI ha accordato prestiti alle fonti fossili per 7,9 miliardi di euro. Il che equivale al 21% del totale dei fondi concessi dalla banca.

Ma la creazione dell’istituto inglese che sostituirà la BEI non è la sola mossa di Downing Street. Nello scorso mese di novembre era stata presentata anche una strategia volta proprio a rendere più “verde” la piazza finanziaria di Londra. Lo stesso Sunak aveva chiesto ad esempio di introdurre rapporti sugli impatti climatici degli investimenti, o ancora strumenti per agevolare i finanziamenti ecologici e l’emissione del primo green bond (obbligazione verde) sovrano. Che dovrebbe essere accompagnato anche da un green savings bond, strumento che consentirà ai risparmiatori di prestare denaro allo Stato per avviare progetti legati alla transizione.

Il controverso via libera del Regno Unito a una nuova miniera di carbone

Boris Johnson, inoltre, aveva organizzato il “Green Horizon summit”, online, sulla finanza verde e sugli investimenti sostenibili. Mark Carney, ex governatore della Banca d’Inghilterra, aveva parlato di carbon neutrality (ovvero dell’azzeramento delle emissioni nette di CO2). E della necessità, per arrivarci, di operare «una transizione economica completa. Che coinvolga ogni imprese, banche, compagnie d’assicurazione e fondi d’investimento». Nulla a che fare con un’ecologia punitiva, però: al contrario, secondo Carney «si tratta della più grande opportunità commerciale del nostro tempo».

Resta da comprendere per quale ragione lo stesso Regno Unito abbia dato il via libera al rilancio dell’estrazione di carbone nello scorso mese di gennaio. In particolare, è stato concesso l’ok allo sviluppo della miniera metallurgica di Woodhouse Colliery, nell’Inghilterra nord-occidentale (la prima sotterranea del Paese). Un progetto che ha suscitato lo sdegno delle organizzazioni non governative ecologiste. Tanto da aver convinto il governo ad un «riesame». Un riesame di coerenza, prima di tutto.