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SNCF, perché in Francia i ferrovieri scioperano da mesi

La mobilitazione degli "cheminots" contesta il progetto di privatizzazione dell'azienda pubblica. E denuncia i pesanti debiti legati all'Alta velocità

I dipendenti della SNCF, la società che gestisce la rete e i trasporti ferroviari della Francia, sono in sciopero da mesi contro un progetto di riforma del governo guidato dal conservatore Edouard Phille

La “battaglia dei binari” sta paralizzando da mesi la Francia. Il personale della SNCFSociété nationale des chemins de fer français, azienda pubblica che gestisce la rete e i trasporti ferroviari – è in sciopero dall’inizio di aprile. Il governo del conservatore Edouard Philippe, con il sostegno della presidenza di Emmanuel Macron, ha infatti immaginato una profonda riforma del settore. Contestata con veemenza dai sindacati.

Sulla SNCF pesa un debito da quasi 55 miliardi di euro

Per comprendere la questione, è bene fare qualche passo indietro. La compagnia ferroviaria è affossata da un debito abissale: 54,4 miliardi di euro. Di essi, 45 miliardi sono concentrati in SNCF Réseau, divisione che gestisce la rete. Un “buco” che è esploso negli ultimi cinque anni. Motivo: gli enormi costi sostenuti per lo sviluppo di quattro nuove linee ad alta velocità (Lignes à grand vitesse, LGV). Ovvero il prolungamento della linea est fino a Strasburgo, la direttrice Bretagna-Loira, la Nimes-Montpellier e l’asse Sud-Est Atlantico-Bordeaux.

Così lo Stato ha incitato le regioni coinvolte nei progetti ad acquistare treni per sostenere l’industria. Ma la costruzione delle LGV è passata dai 4,9 milioni al chilometro per la Parigi-Lione spesi nel 1981 ai 23 milioni della Tours-Bordeaux del 2015. La SNCF non fornisce informazioni precise sulla struttura del debito, ma uno specialista contattato dal quotidiano Le Monde ha indicato che la spesa totale per le LGV è di 23 miliardi di euro. Insostenibile.

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Parte della rete ferroviaria francese comincia ad invecchiare e necessita di elevati costi di manutenzione

La rete ferroviaria necessita di profonda manutenzione

A ciò si aggiunge il fatto che la rete ferroviaria storica è sempre più vecchia. I costi per la manutenzione sono così triplicati negli ultimi dieci anni, passando da 1 a 3 miliardi di euro. Senza dimenticare gli 1,1-1,3 miliardi che SNCF paga di commissioni finanziarie ogni anno.

In questo contesto, il progetto di riforma prevede di trasformare lo statuto giuridico della SNCF. Oggi è una società pubblica a carattere industriale e commerciale. E dovrebbe diventare una società anonima. Il che potrebbe aprire la strada ad una privatizzazione, secondo i sindacati. Altro cambiamento: la fine della figura dello “cheminot”, ovvero dell’inquadramento attuale dei dipendenti delle ferrovie. Tutti coloro che saranno assunti in futuro, non potranno godere delle agevolazioni che esso garantisce, in ragione ad esempio del lavoro usurante e degli spostamenti frequenti.

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Una manifestazione di “cheminots” in Francia © Jeanne Menjoulet via Flickr

Il nodo degli “cheminots”

In particolare, i lavoratori godono di una pensione più vantaggiosa rispetto ad altri impiegati, possono circolare gratuitamente sui treni e, salvo colpa grave, hanno la garanzia del posto a vita. Di contro, essere assunti non è semplice: occorre avere meno di 30 anni, superare complicati test attitudinali e un periodo di prova che può durare fino a due anni e mezzo. Si deve inoltre essere disposti a lavorare di notte, nei fine settimana, a spostarsi su tutto il territorio nazionale. E a farlo per salari solo di pochissimo superiori alla media.

A convincere poi i sindacati francesi a rompere con il governo, il fatto che nel testo della riforma non sia presente alcuna soluzione per la riduzione del debito. Come se non bastasse, per adottare al più presto la riforma, Parigi ha deciso di ricorrere alle ordinanze, limitando alla questione dell’apertura alla concorrenza il dibattito parlamentare.

Non è bastata l’assicurazione del ministro dei Trasporti Elisabeth Borne sul fatto che chi lascerà la SNCF per passare alla concorrenza privata, potrà conservare i propri diritti. I rappresentanti dei lavoratori hanno deciso di battersi per le nuove generazioni, che sarebbero invece assunti con contratti diversi.

I sindacati: “Liberalizzazione già sperimentata con poste e telecomunicazioni”

CGT, Unsa, Sud-Rail e CFDT sottolineano poi che la SNCF impiega ad oggi 146mila cheminots. Erano 175mila nel 2000 e 300mila nel 1970. E ricordano che in Francia la via della liberalizzazione è già stata percorsa. Negli anni Novanta, ad esempio, le Poste e Telecomunicazioni furono divise in due e diventarono France Télécom (oggi Orange) e La Poste. Anche in questo caso società anonime. Un passaggio così brutale da aver provocato un’ondata di suicidi nell’azienda di telecomunicazioni negli anni Duemila.

Va detto che numerose direttive europee impongono ai Paesi membri di liberalizzare i servizi di trasporto ferroviario. Cosa già avvenuta in Francia con le merci (nel 2009). E che a partire dal 2019 toccherà i trasporti regionali, quindi dal 2020 i treni ad alta velocità (TGV). «La riforma della SNCF, chiesta dall’Europa, è una privatizzazione rampante. Anche a France Télécom dissero di non preoccuparsi. Non si annuncia mai una privatizzazione fin dall’inizio», ha denunciato Julien Dray, ex deputato socialista.

Un punto di vista condiviso però da una minoranza (42%) dei francesi, secondo i quali (sondaggio apparso sul Journal du Dimanche) lo sciopero è “giustificato”. Nonostante i grandi disagi che comporta. E nonostante i costi esorbitanti per lo Stato. L’agitazione sarebbe costata infatti già 790 milioni di euro, secondo un documento della SNCF. Ma i ferrovieri francesi non mollano: la stampa transalpina ha sottolineato come lo sciopero sia uno dei più tenaci, in termini di percentuale di adesioni, degli ultimi decenni.