In Italia sprechiamo sempre più cibo: ecco perché

Una ricerca dell'Osservatorio Waste Watcher International fa luce sul fenomeno dello spreco di cibo in Italia e avanza proposte per ridurlo

© Joshua Hoehne/Unsplash

21 grammi. È quanto peserebbe la nostra anima secondo un esperimento condotto da un medico statunitense a inizio XX secolo. Duncan MacDougall riuscì a pesare alcune persone immediatamente prima e dopo la loro morte. 21 grammi era la differenza di peso. Il peso dell’anima, dunque. Vera o no, l’ipotesi ha ispirato un film del regista messicano Alejandro González Iñárritu, scritto da Guillermo Arriaga.

81 grammi, invece, è la quantità di cibo che ciascun italiano butta nella spazzatura ogni giorno dell’anno senza consumarlo. 29.565 grammi all’anno (quindi 29.646, quest’anno). Ovvero quasi 30 chilogrammi di cibo. Per una sola persona. Il risultato della moltiplicazione per i 59 milioni di abitanti del nostro Paese fa girare la testa.

In Italia sprechiamo sempre più cibo

Il dato è una previsione contenuta nel rapporto “Il caso Italia” dell’Osservatorio Waste Watcher International realizzato su un monitoraggio Ipsos. Un aumento rispetto ai 75 grammi dell’anno precedente e che si traduce in una perdita economica di oltre 13 miliardi di euro lungo tutta la filiera. Il “solo” spreco domestico ammonta a circa 7,5 miliardi di euro. Ovvero 126 euro pro capite.

A sprecare di più sono le grandi città rispetto ai piccoli centri e le regioni del Sud (4% in più sulla media nazionale) rispetto a quelle del Nord (6% in meno). Le famiglie con figli sono più attente a contenere gli sprechi, così come le persone di ceto medio. Mentre quelle di ceto medio-basso o popolare buttano più cibo della media nazionale. Dati che appaiono, a una prima lettura, controintuitivi.

© Osservatorio Internazionale Waste Watcher – università di Bologna, dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari su dati ed elaborazione IPSOS

Lo spreco dipende dalle scelte di consumo

In una fase di forte contrazione del potere d’acquisto, infatti, ci si aspetterebbe una maggiore attenzione a ciò che si acquista e alla conseguente prevenzione degli sprechi. Il dato non stupisce, però, analizzando la parte di ricerca che riguarda le scelte di consumo. A fronte dell’aumento dei prezzi negli ultimi due anni, infatti, sono aumentati gli acquisti di cibo online (+49% a livello nazionale con una punta del 57% presso il ceto medio), l’acquisto di prodotti in promozione o in offerta (+39%) e di quelli scontati perché prossimi alla scadenza (+32%). È diminuito il consumo di carne – e questo non può che essere una buona notizia per il Pianeta – ma è aumentato del 31% quello di legumi.

Senza un’adeguata programmazione e pianificazione, si tratta di abitudini che possono portare a un maggiore spreco di prodotti acquistati nell’illusione di risparmiare e poi non consumati. Infatti, il rapporto elenca anche alcune strategie di acquisto e consumo. Tutti consigli di buon senso, ma che spesso si scontrano con le difficoltà nel conciliare gli impegni lavorativi con i tempi necessari per fare la spesa e cucinare. Aumentare la frequenza con cui si fa la spesa non è possibile per tutti. Così come non aiutano i produttori di alimenti e gli operatori della grande distribuzione che spingono su formati e quantità sempre più grandi a prezzo più basso.

strategie per combattere lo spreco alimentare
© Osservatorio Internazionale Waste Watcher – università di Bologna, dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari su dati ed elaborazione IPSOS

Il livello di insicurezza alimentare

Per la prima volta Waste Watcher International, usando l’indice FIES (Food Insecurity Experience Scale), ha misurato il livello di accesso delle persone a cibo adeguato e nutriente. Ed è soprattutto il ceto “popolare” (definito dagli intervistati come «mi sento povero e fatico ad arrivare alla fine del mese») che ha registrato un allarmante aumento del 280% di insicurezza alimentare rispetto alla media nazionale. A livello geografico è di nuovo il Sud a segnare l’aumento maggiore, con il 26%.

«Esiste una stretta connessione fra inflazione e insicurezza globale da un lato e ricaduta sociale dall’altro, fra potere d’acquisto in calo costante e scelte dei consumatori che optano per cibo più facile a deteriorarsi e ad essere sprecato, e non vanno quindi in direzione della salute dell’ambiente, ma nemmeno di quella personale», è la conclusione a cui giunge l’Osservatorio Waste Watcher. Di che dare materiale di lavoro alla classe dirigente, che dovrebbe porsi il problema di come arginare gli effetti dell’inflazione anche al fine di garantire il basilare diritto a un’alimentazione sana e completa, con conseguenti benefici sulla salute.


E tu? Ripensa all’ultima settimana: quanti e quali alimenti hai buttato nella spazzatura senza consumarli? Quali strategie o abitudini adotti per evitare gli sprechi? Se ti va, raccontacelo scrivendo a valorintavola@valori.it.