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Ebbene sì, ora possiamo dirlo: la trash tv rende «cuiùn»

Uno studio dell'American Economic Journal sull'Italia conferma la profezia di Popper: la tv d'intrattenimento ha spalancato le porte alla retorica populista

Nicola Borzi
Nicola Borzi
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Per proteggere la democrazia dal potere pervasivo e occulto del piccolo schermo, nella primavera del 1995 Karl Popper pubblicava il saggio “Una patente per fare tv”, dato poi alle stampe in Italia nel 2002 da Marsilio in un saggio collettivo dal titolo “Cattiva maestra televisione”. Contro l’epidemia di violenza televisiva, in grado di contaminare i soggetti più deboli, il filosofo austriaco proponeva di rendere obbligatorio un corso e un esame per poter creare testi e programmi. Ma Popper faceva un passo ulteriore e metteva sotto accusa la tv come strumento di controllo.

La tv è un potere troppo grande per la democrazia

La televisione, secondo il pensatore, è diventata «un potere politico colossale, potenzialmente si potrebbe dire anche il più importante di tutti, come se fosse Dio stesso che parla. E così sarà se continueremo a consentirne l’abuso. Essa è diventata un potere troppo grande per la democrazia.

Nessuna democrazia può sopravvivere se all’abuso di questo potere non si mette fine. Una democrazia non può esistere se non si mette sotto controllo la televisione.

O più precisamente non può esistere a lungo fino a quando il potere della televisione non sarà pienamente scoperto».

Karl Popper contro la televisioneIl testo popperiano scatenò dibattiti e polemiche, venendo tacciato di autoritarismo e di volontà di censura. A vent’anni di distanza, però, lo studio sociologico intitolato “L’eredità politica della tv di intrattenimento”, ripubblicato nell’edizione di luglio dell’American Economic Journal da tre ricercatori europei (la prima edizione risale ad aprile 2015), conferma ampiamente la profezia del filosofo.

La correlazione tra tv e voto

Ruben Durante (Universitat Pompeu Fabra di Barcellona), Paolo Pinotti (Università Bocconi di Milano) e Andrea Tesei (Queen Mary University di Londra) hanno analizzato grandi quantità di dati sui consumi televisivi in Italia, correlandoli con quelli sugli orientamenti e i risultati politici, per evidenziare l’impatto della televisione commerciale dall’introduzione della rete televisiva privata di Berlusconi nei primi anni ‘80.

Consumo ed effetti dell'esposizione a programmi Mediaset. FONTE: American Economic Journal The Political Legacy of Entertainment TV
Consumo ed effetti dell’esposizione a programmi Mediaset. FONTE: American Economic Journal The Political Legacy of Entertainment TV

I tre autori della ricerca, alla quale hanno contribuito numerosi altri studiosi, hanno scoperto che i telespettatori che sin da bambini hanno avuto accesso a programmi di intrattenimento di bassa qualità di Mediaset avevano maggiori probabilità di votare per il partito di Berlusconi nel 1994, quando il Cavaliere è “sceso in campo” con il lancio di Forza Italia.

Lo storico endorsement di Non è la Rai: Dio sta con Berlusconi. Satana con OcchettoAdulti meno sofisticati dal punto di vista cognitivo

L’effetto persiste per cinque legislature consecutive ed è guidato dai forti consumatori di tv, in particolare i giovani e gli anziani. Per quanto riguarda i possibili meccanismi, Pinotti, Durante e Tesei hanno scoperto che gli individui esposti alla tv di intrattenimento da bambini sono divenuti adulti meno sofisticati dal punto di vista cognitivo e con una minore attitudine civica ai comportamenti socialmente responsabili, «in definitiva più vulnerabili alla retorica populista di Berlusconi».

Confronto RAI-Mediaset su ore di trasmissione e tipologia di programmi. FONTE: American Economic Journal The Political Legacy of Entertainment TV
Confronto RAI-Mediaset su ore di trasmissione e tipologia di programmi. FONTE: American Economic Journal The Political Legacy of Entertainment TV

Ma questa analisi può essere adattata anche all’esplosione di altri movimenti populisti italiani, come il M5S, che hanno di fatto cannibalizzato il successo berlusconiano appropriandosi della sua stessa strumentazione retorica. E gli autori avvertono che le evidenze raccolte possono essere ampiamente utilizzate anche per altri Paesi.

Gli aspetti originali dell’analisi

Si tratta del primo studio del genere a livello mondiale, poiché sino a oggi le indagini sociologiche sugli effetti del consumo di tv si erano focalizzate su altri fronti. Sono già state prodotte ampie prove scientifiche del fatto che l’esposizione a fake news in televisione può influenzare le decisioni di voto degli spettatori, scrivono gli autori. Ma i programmi di notizie rappresentano, tuttavia, solo una frazione del tempo di trasmissione totale e anche altri tipi di contenuti possono influenzare l’atteggiamento degli spettatori.

Altre ricerche indicano che, innescando particolari modelli culturali, gli spettacoli di intrattenimento, i varietà, le soap opera e la pubblicità possono avere effetti importanti e persistenti su vari tipi di comportamento non politico, come l’impegno civico, le attitudini di genere e le scelte di consumo. Inoltre, erano già state raccolte prove del fatto che l’esposizione alla televisione in giovane età può influenzare le capacità cognitive. Sebbene con effetti contrastanti per i programmi educativi e quelli di intrattenimento.

I bambini esposti a tv commerciale diventano adulti meno dotati

Lo studio dei tre ricercatori ha invece dimostrato che le aree del Paese che erano state connesse prima di altre ai canali di intrattenimento di Silvio Berlusconi avevano molte più probabilità di voto per il tycoon. Perché «innescando particolari modelli culturali, spettacoli di intrattenimento leggero, soap opera e pubblicità» possono avere lo stesso effetto sul comportamento delle notizie tv politicamente distorte.

Il Drive In è uno dei programmi storici e "di punta" che hanno caratterizzato soprattutto la prima era della tv berlusconiana. Divenuta una pietra miliare dell'intrattenimento leggero. Nella foto, da sinistra Lory Del Santo, Ezio Greggio ed Enrico Beruschi.
Nella foto, da sinistra Lory Del Santo, Ezio Greggio ed Enrico Beruschi in una puntata di Drive In.

«Nel loro insieme, le nostre scoperte supportano l’opinione secondo cui l’esposizione alla televisione di intrattenimento, in particolare in giovane età, può contribuire a rendere gli individui cognitivamente e culturalmente più superficiali», afferma il rapporto. «E, in definitiva, più vulnerabili alla retorica populista». E non si tratta solo di populismo di destra.

La tv di intrattenimento ha un impatto negativo in età adulta

L’analisi rileva anche che l’età dei telespettatori, sia tra i bambini molto piccoli che tra i più anziani, ha influenzato la ricettività ai messaggi populisti e l’intelligenza. «Per gli individui esposti per la prima volta a Mediaset da bambini, scopriamo che la tv di intrattenimento ha un impatto negativo sulle capacità cognitive nell’età adulta. Questi individui mostrano anche livelli significativamente più bassi di impegno civico». Questi dati sono stati misurati da «test di alfabetizzazione e numerazione standardizzati», nonché da «interesse per la politica e partecipazione ad associazioni di volontariato».

Enzo Jannacci – Quelli cheD’altronde, senza nulla togliere a Popper, Durante, Pinotti e Tesei, a risultati simili era già arrivato Enzo Jannacci che nel 1975 cantava «La televisiun / La g’ha na forsa de leun / La televisiun / La g’ha paura de nisun / La televisiun / La t’endormenta ‘me un cuiun» (La televisione / Ha una forza da leone / La televisione / Non ha paura di nessuno / La televisione / T’addormenta come un coglione). Resta ora da scoprire se gli stessi effetti sul comportamento dei fruitori possono essere rintracciati anche per i consumatori di altri media. Internet in primis.