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Whistleblowing, la nuova direttiva Ue aiuterà davvero la trasparenza?

I passi in avanti sono innegabili. Ma gli Stati europei hanno due anni per recepire le nuove norme. E dipende da come lo faranno

Nicola Borzi
Nicola Borzi
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Dopo un dibattito durato oltre cinque anni e non privo di pesanti frizioni tra le istituzioni comunitarie, il 7 ottobre il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato la prima direttiva europea per la protezione dei whistleblower, coloro che segnalano agli organismi di controllo interno e/o alle autorità pubbliche esterne (forze dell’ordine, magistratura, autorità di controllo) gli illeciti di cui sono venuti a conoscenza e che sono avvenuti nella pubblica amministrazione o nell’azienda in cui lavorano. Si apre ora la finestra temporale di due anni durante i quali gli Stati della Ue dovranno recepire le nuove regole europee negli ordinamenti giuridici nazionali.

Più trasparenza e garanzie

Per le aziende private e le pubbliche amministrazioni, gli obblighi principali introdotti della direttiva Ue per la protezione dei whistleblower iniziano dalla realizzazione di canali di segnalazione sicuri, che garantiscano discrezione e anonimato per chi segnala e per chi viene chiamato in giudizioni da una segnalazione, che dovranno anche impedire l’accesso alle segnalazioni a persone non autorizzate. Dev’essere poi garantita la competenza di chi esamina le segnalazioni, con la selezione di una o più persone imparziali assegnate a questo compito, compresa la comunicazione con il segnalante per richieste aggiuntive o per feedback.

Proprio sul fronte del feedback e del follow-up della segnalazione, andranno garantiti un avviso di avvenuta ricezione della segnalazione entro 7 giorni e una risposta (feedback) riguardante le azioni a seguito della segnalazione (follow-up) entro 3 mesi. È inoltre richiesta la diligenza nel processo di esame della segnalazione anche se ricevuta in forma anonima, dove le leggi nazionali lo prevedano.

La struttura di tutela dei whistleblowers in Europa. FONTE: Commissione europea
La struttura di tutela dei whistleblowers in Europa. FONTE: Commissione europea

I diritti dei segnalatori anonimi

In base alla direttiva, anche i whistleblower anonimi dovranno ricevere protezione, qualora la loro identità venga scoperta in un secondo momento:

la conoscenza dell’identità del segnalante non dovrà infatti essere un elemento necessario per determinare la presa in carico della segnalazione da parte degli enti preposti.

Quanto alle segnalazioni, tutti gli organismi di controllo dovranno fornire informazioni chiare e facilmente accessibili sulla possibilità di ricorrere ad autorità esterne all’organizzazione nella quale si sono verificati i fatti. Questo è stato uno dei punti più controversi della direttiva, che però alla fine ha recepito la richiesta della società civile di garantire l’anominato. Infine, dovrà essere reso possibile segnalare attraverso diverse opzioni: imprese e pubbliche amministrazioni dovranno consentire la possibilità di denunciare per iscritto oppure a voce, attraverso linee telefoniche o altri sistemi di comunicazione vocale, o, se richiesto, anche con incontri privati.

Cinque anni di travaglio

La prima raccomandazione del Consiglio d’Europa sulla tutela dei whistleblower, arrivata oltre 150 anni dopo le prime norme varate sulla materia dagli Stati Uniti, è datata 18 aprile 2014. Cinque anni fa la Commissione rispose che la materia non era di sua competenza e solo dopo il forcing della società civile, il 23 aprile 2018 la raccomandazione del Consiglio fu fatta propria dalla Commissione Ue con la proposta di una nuova direttiva per rafforzare la protezione dei whistleblower nella Ue.

La protezione da ritorsioni sul luogo di lavoro e vertenze legali viene garantita per chi denuncia violazioni su una vastissima platea di materie:

  • appalti pubblici,
  • servizi finanziari,
  • riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo,
  • protezione dei consumatori,
  • sicurezza dei prodotti,
  • trasporti,
  • reti e sistemi informativi,
  • alimenti mangimi e animali,
  • tutela ambientale,
  • sicurezza nucleare,
  • salute pubblica,
  • tutela della privacy,
  • protezione dei dati,
  • norme Ue sulla concorrenza,
  • imposte sulle società
  • danni agli interessi finanziari dell’Unione europea.
Consapevolezza sul sistema di protezione dei whistleblowers
Consapevolezza sul sistema di protezione dei whistleblowers. FONTE: Commissione europea

Italia tra i 10 Stati con una legge già in vigore

La Commissione incoraggia poi gli Stati membri a spingersi oltre queste norme minime. Solo 10 Stati membri (tra cui l’Italia, con la legge 179 varata il 30 novembre 2017) prevedono una piena tutela per i whistleblower, mentre negli altri Paesi della Ue la protezione solo parziale o per settori specifici e categorie limitate di lavoratori.

Le nuove norme Ue ampliano la legge italiana 179 del 2017 perché si applicheranno a tutte le imprese private e pubbliche con più di 50 dipendenti o con fatturato annuo superiore ai 10 milioni, che dovranno prevedere procedure interne in grado di garantire l’anonimato a chi effettua le segnalazioni, così come a tutte le amministrazioni statali e regionali e ai Comuni con più di 10mila abitanti.

La protezione si baserà su canali di comunicazione chiari, dentro e fuori l’organizzazione, che garantiscano la riservatezza; su sistemi di comunicazione su tre livelli (canali interni, segnalazione alle autorità, divulgazione al pubblico e a media); su obblighi di risposta per autorità e imprese, che dovranno fornire riscontri e dar seguito a segnalazioni interne entro tre mesi; sul divieto di ritorsioni, perché il segnalante che le subirà avrà accesso a consulenza gratuita e a mezzi di tutela adeguati, con l’inversione dell’onere della prova nelle controversie di lavoro, protezioni nei procedimenti giudiziari ed esonero da responsabilità per la divulgazione di informazioni.

Tutela solo per chi trova le informazioni in modo lecito

Secondo Priscilla Robledo, portavoce di “Riparte il futuro – The Good Lobby Italia” (organizzazione no-profit che si batte contro la corruzione promuovendo trasparenza e certezza del diritto), «occorre ricordare che la protezione fornita dalla direttiva Ue si applica solo ai whistleblower che hanno acquisito le informazioni alla base delle loro segnalazioni in modo lecito: cosa che nella pratica non è sempre accaduta, come dimostrano le vicende di Chelsea Manning, che forzò alcune password del sistema informatico del Pentagono, e di Antoine Deltour e Raphael Halet, che violarono il segreto industriale di PWC per raccogliere le informazioni rilevanti sugli schemi fiscali confidenziali utilizzati in Lussemburgo a favore di oltre 200 multinazionali, facendo esplodere il caso LuxLeaks.

Whistleblowing esempio del diritto di espressione

Fra le novità positive vi è il riconoscimento del whistleblowing quale esercizio del diritto di espressione e fenomeno vitale per il giornalismo investigativo. Vi sono poi miglioramenti alla legge italiana come l’inclusione fra i soggetti protetti non solo dei lavoratori dipendenti, come previsto sinora dalla norma italiana, ma anche di consulenti, lavoratori part time, stagisti e volontari. Resta però da creare un fondo a sostegno dei whistleblower e da lavorare alla protezione del loro anonimato, creando piattaforme che consentano di dialogare con i whistleblower anche se questi restano anonimi».

Proprio sul fronte delle procedure delle segnalazioni, lunedì 4 marzo scorso, in occasione dell’ultimo “trilogo” tra EuroParlamento, Consiglio e Commissione Ue sulla direttiva whistleblowing, “Riparte il Futuro – The Good Lobby Italia”, insieme a Fibgar e Blueprint For Free Speech, congiuntamente al sindacato europeo Eurocadres e ad altre realtà della società civile, aveva consegnato oltre 250mila firme di cittadini europei su una petizione all’EuroParlamento a sostegno della direttiva sul whistleblowing.

Europarlamento contro Commissione e Consiglio

La posizione dell’EuroParlamento era osteggiata da Consiglio e Commissione: queste istituzioni volevano che il whistleblower denunciasse prima internamente e solo in un secondo momento esternamente agli organi competenti (come la magistratura) i comportamenti illegali o scorretti.

L’opposizione al doppio canale di segnalazioni interno ed esterno, cioé agli inquirenti o ai media a seconda delle circostanze, era netta da parte di Francia e Germania. Il 16 aprile scorso l’EuroParlamento ha così approvato la direttiva europea che fissa standard minimi di protezione per i whistleblower uguali in tutta Europa con 591 voti favorevoli, 29 contrari e 33 astenuti. Gran parte dei gruppi parlamentari (dalla sinistra della Gue fino al centrodestra dei Popolari) si sono espressi per dare protezione a chi segnala illeciti, frodi, corruzioni e ogni violazione del diritto dell’Unione in tutti gli Stati membri.

La reazione di Transparency

«La direttiva europea sul whistleblowing rappresenta al tempo stesso un’occasione e uno stimolo per migliorare la legge italiana approvata nel 2017» ha dichiarato Virginio Carnevali, presidente di Transparency International Italia.

«Lavoreremo attivamente affinché la trasposizione venga fatta non tanto per limitarsi ad un adeguamento formale ai principi base ma piuttosto per raggiungere efficacemente il proprio scopo: tutelare chi segnala illeciti nell’interesse pubblico» ha dichiarato Giorgio Fraschini, responsabile di Transparency International Italia per il whistleblowing. «Noi come Transparency Italia da anni diamo supporto a queste persone per cercare di sostenerle e indirizzarle nella maniera più adeguata al loro caso e siamo felici che la direttiva suggerisca anche ai governi l’introduzione di una forma di tutela per coloro che assistono i whistleblower. Speriamo che l’Italia decida di muoversi in questa direzione». Nei prossimi due anni Transparency International monitorerà da vicino il lavoro di trasposizione da parte dei governi nazionali per assicurarsi che tutte le persone che decidono di far sentire la propria voce contro corruzione e irregolarità ricevano adeguata protezione.

L’assenza della premialità

Alla direttiva Ue manca però un aspetto che in Nordamerica fa funzionare davvero il sistema del whistleblowing: la premialità. Nel sistema giuridico Usa, ispirato a principi pragmatici, il whistleblower che segnala atti illegali, illegittimi o pregiudizievoli di interessi pubblici o privati ha diritto, in caso di recupero di gettito o di ristoro di danni, a un premio. Lo testimoniano i dati degli uffici sul whistleblowing della Sec, equivalente della Consob, e dell’Irs, l’“agenzia delle entrate” Usa, che ogni anno pagano decine di milioni di dollari ai segnalatori efficaci.