Persino il World Economic Forum lancia l’allarme: il Pianeta è prossimo al collasso

A sostenerlo per una volta non sono gli attivisti, ma la crème de la crème del capitalismo globale riunita a Davos

Dal 15 al 19 gennaio a Davos si tiene il World Economic Forum, l'annuale meeting del gotha del capitalismo globale © Ciaran McCrickard/World Economic Forum

Anche quest’anno, come fanno da mezzo secolo, i padroni del mondo si sono riuniti sulla loro montagna incantata. A Davos, in Svizzera, dove ogni inverno si tiene il World Economic Forum: la riunione informale dei leader globali dell’economia, della finanza e della politica. La crème de la crème del capitalismo globale. Quelli che dovrebbero interessarsi alle sorti del pianeta, e in qualche modo governarle. Ma il cui unico interesse è rivolto a quell’1% più ricco della popolazione che secondo l’ultimo rapporto di Oxfam continua a guadagnare ogni giorno sempre più.

Il tema del World Economic Forum 2024: “Ricostruire la fiducia”

Quest’anno il tema principale del World Economic Forum, in agenda a Davos dal 15 al 19 gennaio, è “Ricostruire la fiducia”. Per farlo sono stati invitati più di sessanta capi di Stato e altre tremila personalità di spicco. Tra loro il presidente francese Emmanuel Macron, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il segretario di Stato statunitense Anthony Blinken e il premier cinese Li Qiang. Atteso in collegamento anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Mentre a rappresentare l’Italia c’è il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti.

Eppure, contravvenendo al tema principale della riunione “Ricostruire la fiducia” e, soprattutto, contravvenendo alla prima regola del capitalismo, che è quella di spargere ottimismo a piene mani per stimolare i consumi quest’anno il gotha del capitalismo globale è stato costretto a lanciare l’allarme: il futuro dell’umanità è vicino al collasso. Ci aspettano disastri climatici e ambientali, società sempre meno coese e sempre più violente, welfare azzerato, una crisi economica perpetua da cui non si vede via d’uscita.

L’ottimismo è finito, persino al World Economic forum

Una prospettiva terribile. E per una volta a presentarla in questo modo non siamo noi, ma gli oltre mille esperti intervistati proprio dal World Economic Forum per il Global Risks Report 2024. «Un ordine globale instabile, caratterizzato da visioni del mondo sempre più polarizzate e da una generale insicurezza. Il costante peggioramento della situazione ambientale e di quella economica. Sono questi i fattori di rischio con cui dobbiamo fare i conti nei prossimi anni». Così ha detto Saadia Zahidi, managing director del World Economic Forum.

Sembra di sentire parlare un’attivista che vorrebbe fermare la corsa impazzita del treno che rappresenta questo modello di sviluppo. Invece stanno parlando i padroni della ferrovia.

I rischi di oggi

Il sondaggio del Global Risks Report si articola intorno a quelle che secondo il World Economic Forum sono le forze strutturali decisive nel disegnare il futuro prossimo dell’umanità. L’andamento dell’economia e l’impatto sulla popolazione. Il riscaldamento del Pianeta e i cambiamenti climatici. La crescita e la nuova distribuzione demografica della popolazione globale, fattori che stanno cambiando gli equilibri anche a livello geopolitico. L’accelerazione tecnologica. Ai millequattrocento esperti intervistati lo scorso settembre per il report, si chiede quali sono i rischi maggiori che vedono nei prossimi due anni. E quali nei prossimi dieci.

Nei prossimi due anni, il rischio maggiore per gli esperti è quello della “disinformazione” e della “cattiva informazione” dovute allo sviluppo delle nuove tecnologie, in particolare dell’intelligenza artificiale. Il perché è presto detto. Il 2024 è un anno elettoralmente decisivo, dove la metà della popolazione mondiale è chiamata a esprimere il proprio voto in quasi cinquanta Paesi. Si è votato lo scorso fine settimana a Taiwan. Si vota a marzo in Iran e in Russia, tra aprile e maggio in India. A giugno ci sono le elezioni europee e poi il culmine a novembre con le presidenziali negli Stati Uniti.

Per questo i pericoli considerati più imminenti sono quelli dell’informazione, della “sicurezza tecnologica” e della “crisi economica”. Tutti elementi che da sempre sono fondamentali per indirizzare il voto dei cittadini. Se la questione tecnologica è più recente, l’economia è da sempre il fattore decisivo. E come rilevano gli esperti andare al voto in un periodo di crisi e di inflazione galoppante non è per nulla rassicurante. Soprattutto se questa crisi è accompagnata da una sensazione di pessimismo diffuso, dato che la pressione è tutta sui redditi medio bassi. Lì dove si concentra la maggior parte degli aventi diritto di voto.

I rischi di domani

Poi c’è il futuro. Le domande del sondaggio sono state fatte a settembre, prima dell’ennesima esplosione del conflitto israelo-palestinese. Quindi la guerra resta sullo sfondo. Ma se già nei rischi maggiori dei prossimi due anni appaiono “catastrofi ambientali” al secondo posto, e “inquinamento” al settimo, ecco che sulla lunga durata la questione climatica emerge in tutta la sua drammatica potenza. Curiosamente, diminuiscono invece le preoccupazioni economiche. Ma questo è atteggiamento tipico del pensiero capitalista, capace di spaventarsi sul breve ma incapace di ragionare sul lungo termine.

Nei rischi che si intravedono nel futuro prossimo, quello che va da qui a dieci anni, le caselle ambientali occupano i primi quattro e il decimo posto. E anche le due categorie sociali più preoccupanti, le “migrazioni involontarie” al settimo e la “polarizzazione sociale” al nono, sono facilmente riconducibili a effetti della crisi climatica. E così scopriamo che i padroni della ferrovia sono bipolari. Mentre con una mano continuano a insistere nel non volere abbandonare il nostro modello di sviluppo costruito sulle energie fossili, con l’altra lanciano l’allarme sul futuro Pianeta.

“Catastrofi ambientali” resta infatti il rischio maggiore, sia sui due sia sui dieci anni. Ma questa volta è seguito da “cambiamento critico dell’equilibrio del Pianeta” e da “diminuzione della biodiversità e collasso dell’ecosistema”. Ovvero da cose che succedono per colpa loro, come il riscaldamento globale, la deforestazione e la sparizione di importantissime forme di vita animale e vegetale. E al quarto posto ecco arrivare la paura per la prossima, inevitabile “scarsità di risorse”. Una tragedia che produrrà nuovi conflitti, guerre e migrazioni. Peccato solo che, per adesso, nessuno degli esperti interpellati dai santoni della montagna incantata di Davos abbia considerato come pericolo maggiore per i prossimi anni il “capitalismo”. Che non è certo il babau colpevole di tutti mali, ma è sicuramente un modello di sviluppo che tutti questi mali contiene e sviluppa.