Truffa al bancomat. Anzi, dei bancomat

Un’azienda che installava bancomat ha truffato migliaia di persone con uno schema Ponzi da 770 milioni di dollari, il più grande del 2025

© Ekaterina Chizhevskaya/iStockPhoto

Tutti ne abbiamo sentito parlare. È forse il crimine informatico più diffuso. Un dispositivo elettronico applicato sul bancomat ruba i dati della nostra carta quando la inseriamo per prelevare contante o fare altre operazioni. Una tecnica chiamata skimming, dall’inglese to skim – sfiorare, strisciare. Inseriamo la carta, digitiamo il pin e in automatico lo skimmer registra i dati, permettendo poi ai criminali di clonare la nostra tessera.

È solo una delle possibili truffe al bancomat. Un’altra è il cash trapping. In questo caso viene inserito un blocco nella fessura da cui dovrebbero uscire le banconote, solitamente in orario notturno o comunque quando la banca è chiusa. Non vedendole uscire, pensiamo a un malfunzionamento e andiamo via. A quel punto al malvivente basta rimuovere il blocco per ritirare il bottino.

Nei giorni scorsi si è tornati a parlare di truffe al bancomat. Ma per qualcosa di completamente diverso. E non per poche centinaia di euro o per la clonazione di qualche carta. Ma per uno schema Ponzi da centinaia di milioni di dollari.

Uno schema Ponzi da centinaia di milioni di dollari

Abbiamo parlato diverse volte del famigerato “schema Ponzi”. Il nome deriva da un italo-americano che negli anni Venti prometteva rendimenti miracolosi. Di fatto, si limitava a restituire ai primi investitori una parte dei soldi che gli venivano affidati. In questo modo sembrava che i rendimenti fossero reali, il che attirava nuove persone. Tutto questo finché il castello di carte non è crollato.

Cos’è e come funziona uno schema Ponzi

In questo caso, sembra che Daril Heller, titolare di una società che installava e gestiva dei bancomat, promettesse un rendimento del 25% annuo a chi voleva investire nell’affare. Come nello schema originario, ai primi investitori questo “rendimento” veniva riconosciuto, il che attirava nuovi sottoscrittori. In realtà – come prevede lo schema Ponzi – il denaro versato ai primi era parte del capitale apportato dai secondi. Una piramide che ovviamente non può reggere a lungo.

Dalle indagini sembra che prima che esplodesse lo schema, Heller sia riuscito a convincere circa 2.700 investitori e a raccogliere 770 milioni di dollari. Ora le perdite potrebbero ammontare a 400 milioni. Il che lo porta (al momento) a essere il più grande schema Ponzi dell’anno, davanti alla frode da 250 milioni di dollari sulla vendita di macchine per la purificazione dell’acqua, emersa solo un paio di mesi fa.

Ma questa è un’altra storia. Anche se la morale è sempre quella. Vi viene promesso un rendimento troppo bello per essere vero? Molto probabilmente è proprio cosi. Troppo bello per essere vero.

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