Il cancelliere tedesco Scholz e lo scandalo finanziario CumEx
In Germania il cancelliere Olaf Scholz sarà a breve ascoltato da una commissione d’inchiesta sulla maxi-truffa fiscale CumEx
L’accusa è particolarmente grave. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz sarebbe implicato, almeno indirettamente, in manovre politico-finanziarie che avrebbero puntato ad evitare il peggio per la banca M. M. Warburg & Co. Si tratta di un istituto finanziario di Amburgo finito nell’occhio del ciclone nell’ambito dello scandalo mondiale noto con la sigla “CumEx”. Una maxi-frode fiscale sui dividendi che ha colpito numerosi Stati dell’Unione europea, e che è costata ai contribuenti decine di miliardi di euro.
Il funzionamento della truffa CumEx da 150 miliardi di dollari
Lo scandalo è stato rivelato da un consorzio di giornalisti investigativi nel 2018, ma risale a sei anni prima. Nel 2012, il nome “CumEx” emerge in Germania dopo la scoperta, da parte del fisco tedesco, di un numero di richieste indebite di rimborsi. La perdita stimata dal ministero federale delle Finanze di Berlino è di 5,3 miliardi euro. Ma l’inchiesta giornalistica del 2018 ha permesso di svelare le dimensioni complessive della truffa in Europa, che ha sfiorato i 55 miliardi. E 150 a livello mondiale.
La frode si basa su due pratiche, note come CumEx e CumCum. Quest’ultimo consiste nel comprare azioni di società quotate in Borsa subito prima che vengano staccati i dividendi. Quindi le si vendono ad un soggetto residente all’estero, che per tale ragione può chiedere il rimborso o l’esenzione delle tasse applicate sui dividendi intascati. Quindi il soggetto estero rivende le azioni al proprietario originario, e i dividendi (a questo punto esentasse) vengono spartiti tra i due.
La truffa battezzata CumEx, invece, prevede l’acquisto di opzioni su pacchetti azionari, la presenza di un terzo soggetto e, tramite un meccanismo piuttosto complesso, l’ottenimento di un doppio rimborso da parte del fisco.
«Lo scandalo potrebbe far cadere il cancelliere Olaf Scholz»
Ma torniamo a Scholz. La sua presunta implicazione nello scandalo riaffiora ciclicamente da tempo e va dimostrata. Ma secondo Fabio De Masi (ex deputato della sinistra di Die Linke) «potrebbe potenzialmente farlo cadere». Lo scorso 8 agosto la commissione d’inchiesta che indaga sulla vicenda in Germania ha ripreso i suoi lavori e il cancelliere aveva inizialmente negato di aver incontrato i dirigenti di banca Warburg Christian Olearius e Max Warburg. Poi ha ritrattato, spiegando di non ricordarsi i contenuti degli scambi.
Secondo il giornalista d’inchiesta dell’emittente ARD Oliver Schröm la questione rischia di diventare complicata per Scholz: «Il lavoro della commissione non è neppure cominciato». Il reporter, alcuni mesi fa, aveva affermato di essere in grado di provare che il cancelliere avrebbe mentito sui fatti. E che il comune di Amburgo, che tra il 2011 e il 2018 il leader socialdemocratico dirigeva, sarebbe stato particolarmente “lento” nel reclamare a Warburg le somme frutto della truffa fiscale. Per questo gli inquirenti tedeschi hanno anche deciso di esaminare la casella mail usata all’epoca dal cancelliere.
214mila euro in piccolo taglio a casa di un ex deputato Spd
Talmente tanto da aver fatto finire in prescrizione la somma di 47 milioni di euro. Il sospetto è dunque che con tale affaire abbiano a che fare anche gli scambi intercorsi tra Scholz, Olearius, Warburg e l’allora deputato socialdemocratico della circoscrizione di Amburgo, Johannes Kahrs. Una perquisizione nell’abitazione di quest’ultimo ha portato al ritrovamento di un’ingente somma di denaro, 214.800 euro in banconote di piccolo taglio. Assieme a 2.400 dollari.
Non è stata avanzata alcuna ipotesi di provenienze, tantomeno illecita. Ma va registrato il fatto che Kahrs si è rifiutato di fornire informazioni sulla provenienza di tale somma. Ora Scholz dovrà nuovamente presentarsi davanti alla commissione, il 19 agosto. L’organismo d’inchiesta aveva tuttavia chiesto di procrastinare l’audizione per poter studiare meglio i documenti. Un voto del consiglio municipale ha confermato la data. A rappresentare un ultimo tassello di un ipotetico mosaico, il fatto che l’attuale sindaco di Amburgo, Peter Tschentscher, all’epoca dei presunti accordi con la Warburg era responsabile delle finanze del comune.