Bnp Paribas continua a sostenere le fossili. Le ong francesi fanno causa
Si è tenuto a fine ottobre in Francia il Climate Finance Day. Presente Bnp Paribas, accusata dalle ong di finanziare la crisi climatica
Il 27 ottobre 2022, come ogni anno ma in date differenti, si è tenuto il “Climate Finance Day”, cioè la Giornata della Finanza climatica. Anche quest’edizione, l’ottava, si è tenuta a Parigi e tra i principali sponsor, anche quest’anno, c’era il gruppo bancario Bnp Paribas.
Il Climate Finance Day è un evento internazionale che nell’edizione appena trascorsa ha voluto concentrarsi sugli strumenti – finanziari, appunto – per accelerare transizione ecologica e adattamento alla crisi climatica.
Una Davos più attenta al clima, direbbe qualcuno, che però vede una massiccia concentrazione di greenwashing: non è un caso, infatti, se alla vigilia dell’appuntamento, tre ong nazionali – Oxfam France, Friends of the Earth France e Notre Affaire à Tours – hanno annunciato un’azione legale proprio contro Bnp Paribas, perché considerato il principale soggetto finanziatore dell’industria dei combustibili fossili in Europa (nonché quinto nel mondo).
banche etiche
Più solide e più attente al clima. Le banche etiche battono quelle tradizionali
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BNP Paribas sovvenziona le aziende più aggressive nel campo dei fossili
Sono più di 10 anni che Oxfam France, Friends of the Earth France e Notre Affaire à Tous denunciano le pesanti responsabilità della finanza nella crisi climatica. Dopo aver chiesto, senza successo, al governo di svolgere il suo ruolo di regolatore del settore finanziario, le tre organizzazioni hanno scelto una nuova strategia: chiedere direttamente ai gruppi responsabili di interrompere il loro sostegno a nuovi progetti sui combustibili fossili – sia direttamente che indirettamente – e di rispettare l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi.
Bnp Paribas è il primo finanziatore globale delle otto principali multinazionali del petrolio e del gas statunitensi ed europee: Total, Chevron, ExxonMobil, Shell, British Petroleum, Eni, Repsol, Equinor, con 43 miliardi di dollari di finanziamenti erogati a sostegno delle attività di queste aziende tra il 2016 e il 2021. Inoltre, Bnp Paribas si distingue in alcuni settori critici anche dal punto di vista ambientale, come la trivellazione di petrolio e gas nell’Artico, per la quale è il primo finanziatore globale con quasi 6 miliardi di dollari concessi tra il 2016 e il 2021.
Insomma, Bnp Paribas ha continuato – nonostante i richiami della comunità scientifica – a foraggiare le aziende più aggressive, responsabili dello sviluppo di nuovi giacimenti e infrastrutture di petrolio e gas. E questo, secondo le associazioni che hanno fatto causa, produce costi ambientali elevatissimi, tanto che nel 2020 il gruppo bancario in questione ha registrato un’impronta climatica più grande di quella dell’intero territorio francese.
Il primo contenzioso al mondo sul clima a colpire una banca
A Bnp Paribas sono stati concessi tre mesi di tempo per adeguarsi alla legge francese sull’obbligo di vigilanza e si tratta di un primo passo, dicono le associazioni, verso caso di contenzioso sul clima senza precedenti.
La legge francese sulla vigilanza, che molti considerano pionieristica nel settore, obbliga le più grandi multinazionali, comprese banche e altri attori finanziari, ad adottare misure per identificare e prevenire i rischi di gravi violazioni dei diritti umani, della salute e pure dell’ambiente, derivanti dalle loro attività e da quelle di imprese controllate direttamente o indirettamente. La descrizione di queste misure deve essere pubblicata annualmente all’interno di un apposito Piano di vigilanza, oltre ovviamente a essere attuate efficacemente e monitorate dall’azienda per garantirne l’efficacia.
Ad oggi la banca non ha reso noto un piano solido per identificare, mitigare e prevenire i rischi ambientali e rispettare i diritti umani derivanti dalle sue attività. Bnp Paribas ha quindi un tempo limitato per adeguarsi alla legge in vigore in Francia: nel caso in cui non lo facesse, si andrà in tribunale. Sarebbe il primo contenzioso legale al mondo che chiede conto ad una banca commerciale di rispettare gli obblighi per la tutela di clima e ambiente, assieme alla cessazione immediata del suo sostegno finanziario a nuovi progetti su petrolio e gas.