«In Italia cresce il bisogno di cooperazione, condivisione e mutualismo»

Il presidente di Legacoop Simone Gamberini traccia una fotografia dell'economia cooperativa e ne delinea i possibili sviluppi futuri

Simone Gamberini, presidente di Legacoop © Legacoop

L’economia cooperativa è ormai un pilastro del tessuto produttivo italiano. In vista degli eventi previsti nell’ambito di FestiValori, a Modena, il presidente di Legacoop Simone Gamberini traccia una fotografia del settore e ne delinea i possibili sviluppi futuri. Legacoop è l’associazione che riunisce oggi oltre 10mila imprese cooperative in tutto il Paese.

Che ruolo ha oggi il mondo della cooperazione nel quadro dell’economia italiana?

La cooperazione rappresenta una parte significativa del sistema economico italiano. Nel suo insieme, contribuisce per l’8% al PIL nazionale. Le cooperative sono presenti in tutto il Paese e sono attive in molteplici settori, dai servizi all’agroalimentare, dall’edilizia infrastrutturale e abitativa alla distribuzione moderna, ai servizi sociali e assistenziali.

Ma, al di là del peso economico, l’aspetto che voglio sottolineare è un altro. Di fronte alle disuguaglianze prodotte dal modello di sviluppo tradizionale ed ulteriormente acuite dalle sfide epocali che abbiamo di fronte – i cambiamenti climatici, la trasformazione digitale, la transizione green, le dinamiche demografiche, le guerre e la crisi delle istituzioni e della partecipazione – la cooperazione intende giocare un ruolo importante per la costruzione di una società più equa e inclusiva e di un nuovo modello di sviluppo, più sostenibile sul piano economico, sociale e ambientale.

Il nostro impegno in questa direzione, come ecosistema di imprese ispirate a principi di democrazia e partecipazione e capaci di generare e redistribuire valore a beneficio delle persone e dei territori, è confortato dal fatto che nel Paese, come ci risulta da indagini che abbiamo condotto, cresce il bisogno di cooperazione, condivisione e mutualismo come valori essenziali per contrastare le disuguaglianze e rispondere ai bisogni emergenti.

Lei ha dichiarato che le cooperative si candidano a essere fulcro della transizione ecologica e della sostenibilità. In che modo l’economia cooperativa è avvantaggiata rispetto a quella tradizionale in questo?

Ci sono due tratti essenziali che voglio sottolineare. Il primo è che la sostenibilità è, in qualche modo, connaturata al Dna stesso della cooperazione. Le cooperative sono, infatti, imprese intergenerazionali, in quanto la loro gestione, secondo il principio democratico, è affidata ai soci che ne sono proprietari pro-tempore. E spetta ai soci il compito di sviluppare l’attività, per produrre ricchezza e accrescere il patrimonio dell’azienda non solo a loro beneficio, ma anche per trasmetterli ai soci futuri che prenderanno il loro posto nella cooperativa.

Questo implica l’adozione di un principio di responsabilità nel modo di fare impresa che si traduce anche nell’attenzione costante all’impatto sulla comunità e sul territorio. È un impegno che intendiamo ulteriormente rafforzare, e questo è il secondo tratto essenziale, grazie al carattere intersettoriale del nostro ecosistema, puntando allo sviluppo delle esperienze e dei progetti delle nostre filiere dell’agroalimentare, sui processi di economia circolare cooperativa, sulle eccellenze in tema di riuso e riciclo, sui processi di rigenerazione urbana, sociale e culturale.

Che impegno ha assunto Legacoop nella promozione delle comunità energetiche rinnovabili? 

Convinti che quella cooperativa, per i suoi caratteri di impresa democratica e partecipata, sia una forma particolarmente adatta alla costituzione e alla gestione di comunità energetiche rinnovabili. Anche sulla base delle esperienze nel campo delle rinnovabili attivate fin dal 2008, nel 2022 abbiamo creato con il supporto del nostro fondo mutualistico Coopfond, di Banca Etica e di Ecomill, la piattaforma “Respira”, per accompagnare i soggetti interessati a costituire una CER offrendo un sostegno tecnico e finanziario. La risposta è stata superiore alle attese. Abbiamo incontrato quasi 300 gruppi e abbiamo “processato” 150 potenziali comunità. Al momento ci sono 24 CER operative e altre 10 in fase avanzata di costituzione. Parliamo di oltre 70 configurazioni che hanno fatto e stanno per fare la domanda per gli incentivi al GSE.

Credo sia anche opportuno ricordare, in quanto determinante per favorire la diffusione delle CER, l’attività di informazione, sensibilizzazione e promozione che stiamo portando avanti attraverso accordi e convenzioni, ad esempio con GSE, ENEA, IREN Smart Solutions, Legambiente. E, ancora, il ruolo svolto da una nostra cooperativa, Nova AEG, il decimo operatore nazionale sul mercato dell’energia, con il progetto Coop2Coop, il cui obiettivo è quello di acquistare energia da FER prodotta da cooperative e di venderla ad altre cooperative e ai soci.

Oggi tutti parlano di Esg e si rifanno alla sostenibilità, non di rado con l’unico intento di fare greenwashing: c’è il rischio che chi la fa davvero si trovi “invaso” il proprio territorio? E che i consumatori si ritrovino disorientati?

Nel nostro Paese il rischio di greenwashing – e, direi meglio, di socialwashing – è concreto e cresce in parallelo con gli interessi degli stakeholder: molte aziende dichiarano impegni sociali, senza azioni concrete su diversità, equità, diritti umani, sicurezza o privacy. Tuttavia, le nuove generazioni danno sempre più importanza alla responsabilità sociale nella scelta del lavoro e verificano la coerenza delle dichiarazioni, favorendo una crescente consapevolezza e spingendo le imprese ad una maggiore trasparenza. Oltre al contesto normativo, anche la finanza sostenibile sta orientando positivamente le aziende su temi cruciali: la giusta transizione, i diritti umani, la riduzione delle disuguaglianze e la governance.

Il mondo cooperativo si dimostra capace di grandi sforzi innovativi e di dare risposte efficaci alle crisi, sociali, economiche e ambientali. Manca però, spesso, di una misurazione dell’impatto. Come Legacoop stiamo lavorando per aumentare la cultura della sostenibilità, guidare le nostre imprese verso le nuove opportunità che si delineano e, soprattutto, per definire indicatori comuni cooperativi che possano massimizzare l’impatto e valorizzare verso l’esterno i risultati raggiunti, soprattutto sul piano sociale.

Nella grande distribuzione qual è la strategia del mondo cooperativo per rimanere competitivi e al contempo immuni dai dogmi del profitto ad ogni costo?

Occorre un saldo ancoraggio ai valori originari, trovando il giusto equilibrio tra la riaffermazione della propria identità distintiva e la necessità dell’efficienza come condizione indispensabile per competere sul mercato e realizzare al meglio i propri obiettivi di tutela del potere d’acquisto e della salute dei consumatori. In concreto, questo significa, ad esempio, non derogare dalla progettazione e distribuzione di prodotti che mantengano determinati standard. Al tempo stesso occorre avere la capacità di modulare l’offerta in base alla domanda e tenere in debito conto le necessità di famiglie sempre più in difficoltà nel far quadrare i bilanci. E, ancora, impegnarsi per riuscire, nel processo di filiera, a contemperare gli interessi di chi consuma con quelli di chi produce.

Le cooperative di comunità a suo avviso sono sufficientemente sostenute dai poteri pubblici? 

Le cooperative di comunità sono uno strumento di innovazione sociale, sul quale Legacoop lavora dal 2011, che dimostra la sua efficacia nei territori più fragili del nostro Paese, dalle aree interne alle periferie urbane. Uno strumento a disposizione dei cittadini che non si arrendono e che vogliono mettere a disposizione della comunità il proprio impegno, la propria passione e le proprie competenze, attraverso il modello cooperativo che tiene insieme la dinamicità imprenditoriale con la democrazia, la partecipazione e l’inclusività. 

Le cooperative di comunità sono uno strumento di sviluppo locale partecipato dal basso, multi-stakeholder, che opera sui territori con una logica mutualistica, non speculativa nei confronti della comunità e del territorio. Anzi, proprio perché partecipata dal basso ha un forte orientamento alla sostenibilità in tutte le sue accezioni: ambientale, economica e sociale. 

Per questo crediamo che le cooperative di comunità debbano essere sostenute dalle istituzioni. Ad oggi, purtroppo, abbiamo solo pochi interventi di sostegno in poche regioni. Per questo chiediamo l’approvazione di una legge nazionale che aiuterebbe queste realtà non solo attraverso un sostegno economico, ma anche risolvendo molti problemi di natura organizzativa e gestionale che oggi ne impediscono lo sviluppo e la crescita.

Oltre al tema della sostenibilità ambientale, lei in passato ha anche parlato di necessità di fermare gli appalti al massimo ribasso, di ruolo centrale della contrattazione collettiva sui salari, di riscoperta del ruolo dello Stato. Sommando tutto, serve un nuovo modello di sviluppo?

Come ho già detto, la cooperazione è impegnata per contribuire alla costruzione di un nuovo modello di sviluppo, più equo, inclusivo e sostenibile. Un aspetto essenziale, in questo senso, riguarda il lavoro. Le cooperative aderenti a Legacoop sono impegnate a promuovere il diritto al lavoro e all’effettiva partecipazione delle persone, alla formazione e alla crescita professionale e retribuzioni proporzionate e sufficienti ad assicurare autonomia e dignità alle lavoratrici e ai lavoratori. Anche nel corso dell’ultimo anno abbiamo rinnovato contratti collettivi di lavoro importanti, con significativi adeguamenti economici e misure di welfare aziendale.

Per questo riteniamo necessario un nuovo patto fra pubblico e privato che metta al centro la dignità del lavoro e delle persone, premessa imprescindibile per contrastare davvero le basse retribuzioni e il lavoro povero, che cresce in modo particolare nei settori interessati dalle esternalizzazioni del pubblico e nelle filiere private con una distribuzione iniqua del valore aggiunto.

In particolare, deve cambiare la prassi seguita finora dalla committenza pubblica: va assicurata la concreta applicazione di meccanismi di gara che escludano dal ribasso il costo del lavoro, l’introduzione di gare a prezzo fisso e la revisione automatica dei contratti di appalto per il riconoscimento degli aumenti introdotti dai rinnovi contrattuali. Le tariffe pubbliche devono essere capienti: non possiamo immaginare un sistema che lasci il costo dei rinnovi contrattuali solo sulle spalle delle imprese, soprattutto per il nostro sistema dove alcuni settori sviluppano il 60-70% della propria attività con la committenza pubblica. Anche in considerazione del fatto che, in alcuni territori del Sud, le tariffe per determinati servizi sono ferme al 1996.

Serve, inoltre, una legge sulla rappresentanza imprenditoriale, basata su criteri trasparenti che rispettino la distintività cooperativa, indispensabile per contrastare il dumping salariale favorito dai contratti pirata e, insieme, rafforzare il contrasto alle false cooperative e alle false imprese

L’offerta bancaria rivolta al mondo delle cooperative oggi è adeguata per garantirne lo sviluppo, e il sostegno in caso di necessità?

Il permanere di tassi di interesse ancora troppo elevati, che si riflette direttamente sul costo del denaro, determina ovviamente un notevole onere per le cooperative che  debbono ricorrere al credito. Ciò detto, sul piano generale i rapporti con il sistema bancario e creditizio sono da sempre costruttivi, ma è sicuramente opportuno lavorare per migliorare il sostegno di cui le imprese possono beneficiare per i progetti di investimento, in particolare quelli a medio e lungo termine, indispensabili a sviluppare la propria attività.

La cooperativa è una forma di impresa particolare e in molti casi, nonostante alcuni vincoli all’accesso al mercato dei capitali rispetto alle altre tipologie di impresa, ha raggiunto posizioni di eccellenza in molti settori. Ma, proprio per le sue caratteristiche peculiari, l’impresa cooperativa non può essere valutata, sotto il profilo dell’accesso al credito, soltanto sulla base dei parametri utilizzati per le imprese di capitali. Credo, quindi, che sarebbe opportuno lavorare insieme per definire forme specifiche di finanziamento innovative ed adeguate a sostenere lo sviluppo di imprese che danno e potranno dare sempre di più un contributo di rilievo alla crescita economica e sociale del Paese.