Gli arsenali nucleari destinati ad aumentare nel mondo
Altro che disarmo: secondo il SIPRI i Paesi dotati di armi nucleari puntano a modernizzare gli arsenali e ad aumentare il numero di testate
Nonostante le richieste della società civile, nonostante la ratifica da parte di 50 Stati di tutto il mondo e l’entrata in vigore del Trattato per la proibizione delle armi nucleari (TPNW), gli arsenali nucleari sono destinati ad aumentare. A rivelarlo è un nuovo rapporto del Sipri, lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), che nel suo Yearbook 2022 traccia un quadro nefasto della proliferazione di testate nel mondo.
«Finito il periodo di disarmo nucleare post-guerra fredda»
«Malgrado un leggero calo del numero di ordigni nucleari nel 2021 – si legge nel documento – gli arsenali dovrebbero aumentare nuovamente nel corso del prossimo decennio. Segno che il calo legato al periodo post-guerra fredda si è esaurito. I nove Paesi dotati di armi atomiche – Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Cina, India, Pakistana, Israele e Corea del Nord – continuano infatti ad investire nella modernizzazione».
Lo studio indica che all’inizio dell’anno in corso erano circa 12.700 le testate nucleari esistenti nel mondo. Di queste, quasi 9.500 sono a disposizione degli eserciti per un potenziale utilizzo. E più di 3.700 sono già schierate su missili e aerei, di cui 2.000 (quasi tutte appartenenti a Stati Uniti e Russia) in stato di allerta operativa elevata. Il Trattato del 2020 noto come New START, sulla riduzione e limitazione delle armi strategiche offensive, d’altra parte, ha portata limitata. Esso pone infatti un tetto solamente al dispiegamento di testate, non al loro possesso.
Il 90% delle testate nucleari in mano a Stati Uniti e Russia
«Siamo di fronte a segnali chiari sul fatto che il processo di riduzione degli arsenali nucleari è terminato», ha confermato Hans M. Kristensen, ricercatore del SIPRI. «Tutti gli Stati dotati di armi nucleari aumentano o modernizzano i loro arsenali. E la maggior parte di loro fa leva sulla retorica della deterrenza e del loro ruolo nelle strategie militari», gli ha fatto eco Wilfred Wan, direttore del programma Armi di distruzione di massa dell’istituto di ricerca svedese.
Una dinamica che non è circoscritta soltanto a Russia e Stati Uniti, che ancora oggi detengono circa il 90% delle armi nucleari esistenti al mondo. Anche le altre sette nazioni stanno investendo nel settore, o hanno annunciato di volerlo fare. In particolare, la Cina appare in fase di piena espansione, prosegue il rapporto del SIPRI, «con la costruzione di più di 300 nuovi silos per missili, secondo quanto rilevato dalle immagini satellitari».
Al contempo, nel 2021 il Regno Unito ha annunciato di voler aumentare lo stock totale di testate. Invertendo così la rotta dopo decenni di progressivo disarmo. Londra ha anche criticato la Cina e la Russia per la loro mancanza di trasparenza sullo sviluppo degli arsenali nucleari. Salvo decidere di non pubblicare neppure i propri dati relativi agli ordigni attualmente operativi.
Dalla Francia alla Corea del Nord, lo sviluppo degli arsenali
Per quanto riguarda la Francia, sempre nel 2021 è stato lanciato ufficialmente un programma di sviluppo di sottomarini armati (SNLE) di terza generazione. India e Pakistan «sembrano estendere i loro arsenali, dopo aver introdotto e sviluppato sistemi di lancio». Il tutto mentre la Corea del Nord ha, come noto, effettuato una serie di test. E ne prepara di nuovi. Pyongyang, secondo il SIPRI, dovrebbe avere oggi a disposizione fino a 20 testate, ma possiede materiale per fabbricarne fino a 55.
Il tutto appare in contraddizione con, ad esempio, la dichiarazione comune pubblicata il 3 gennaio di quest’anno da cinque Paesi dotati di armi nucleari e membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Cina, Francia, Russia, Regno Unito e Stati Uniti hanno affermato che «la guerra nucleare non può essere vinta e non deve essere scatenata». E allora a cosa serve possedere migliaia di testate e investire miliardi per fabbricarne di nuove?