Ecco le aziende (anche italiane) escluse dagli investitori perché troppo controverse

Il Financial Exclusions Tracker conta 5.536 aziende escluse da 93 istituti finanziari per timori legati al clima, ai diritti umani e non solo

I colossi cinesi dell'energia sono in cima alla classifica delle aziende escluse dagli investitori © chuyu/iStockPhoto

Non è una novità che una parte degli attori finanziari, perlomeno quelli che vogliono dimostrarsi responsabili, abbiano iniziato a escludere dai propri investimenti le aziende che ritengono più controverse. D’altra parte, i primi esempi di fondi attivisti – come il Pioneer Fund di Boston – risalgono a un secolo fa. Fa un effetto un po’ diverso leggere i nomi delle aziende escluse. E imbattersi anche in marchi noti al grande pubblico.

Quelli del tabacco innanzitutto, ma anche i gruppi indiani Tata e Adani, i giganti minerari Glencore e Vale, grandi nomi dell’oil&gas come China National Petroleum Corporation e Gazprom. E poi, per l’Italia, Leonardo, Eni, Enel, Lottomatica, Fincantieri. A farsi carico di questa minuziosa opera di ricerca e catalogazione è una coalizione di organizzazioni non governative. Si chiama Financial Exclusions Tracker e la lista è alla sua seconda edizione.

Il clima è il primo motivo per cui le aziende sono escluse dagli investitori

Il Financial Exclusions Tracker, raccogliendo dati da molteplici fonti, stila una lista di 5.536 gruppi aziendali che sono stati esclusi da 93 istituti finanziari in 17 Paesi. La precedente edizione, pubblicata a ottobre 2023, ne censiva 4.532.

Il motivo numero uno per rinunciare a investire in una società è il clima, menzionato nel 48% dei casi. In questa categoria si trovano innanzitutto i colossi dell’energia di proprietà dello Stato cinese. A partire da China Energy, che solo per questo conta 658 esclusioni. Arrivando a 729 se si considerano anche le altre ragioni. Ma scorrendo la classifica delle aziende escluse per tutelare il clima ci si imbatte anche nella società mineraria Glencore. In American Electric Power, la società che porta l’elettricità nelle case di cinque milioni di americani. In Berkshire Hathaway, la holding che fa capo a Warren Buffett. E molte altre.

Tra i criteri per finire nella lista nera ci sono anche le armi (15%) e il tabacco (13%). Nel 6% dei casi gli investitori preferiscono terminare i rapporti commerciali con un determinato Stato, com’è accaduto per esempio con la Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina. Infine ci sono i prodotti ritenuti inaccettabili, come l’alcool, il gioco d’azzardo (5%) e le controversie legate ai diritti umani (4%). O le pratiche sleali di business, come la corruzione (3%).

Le aziende italiane nel Financial Exclusions Tracker

Sugli oltre 5.536 gruppi menzionati nel Financial Exclusions Tracker, 1.160 sono statunitensi, 852 cinesi, 341 indiani, 290 canadesi e 287 russi. Ma c’è anche un po’ di Italia. E non stiamo parlando di aziende qualsiasi.

Al primo posto nella classifica tricolore c’è Leonardo, il cui maggiore azionista è il ministero dell’Economia e delle finanze. 96 le esclusioni, considerando anche la controllata Finmeccanica. Tra i motivi c’è innanzitutto la produzione di armamenti, sempre più al centro del modello di business del gruppo. Ma alcuni investitori temono anche controversie legate ai diritti umani e alla corruzione.  

Dopodiché troviamo Eni (58 esclusioni) ed Enel (45). Tacciate innanzitutto di insistere con i combustibili fossili. Ma anche – in casi più sporadici – di preoccupazioni legate alla violazione di standard internazionali. Poi c’è Lottomatica, in buona compagnia insieme ad altre 339 aziende che si occupano di gioco d’azzardo.

Per gli investitori è un rischio fare affari con aziende controverse

Gli autori auspicano che le aziende presenti nella lista nera facciano tutto il possibile per uscirne, migliorando le loro pratiche di business. E invitano banche, società finanziarie e fondi pensione a specificare i criteri con cui scelgono in quali società investire e in quali no. Perché la trasparenza, sottolineano, giova a tutti. Anche ai governi e alla società civile, che hanno il diritto di conoscere i soggetti con i maggiori rischi ambientali, sociali e di governance (Esg).

«Consigliamo vivamente alle banche e ad altri investitori di consultare con attenzione questo nuovo Exclusion Tracker, all’interno delle loro procedure di due diligence sui clienti attuali e su quelli nuovi», spiega Johan Frijns, direttore esecutivo di BankTrack. Una delle ong che ha contribuito alla stesura della graduatoria. «Queste esclusioni da parte di altri istituti finanziari derivano da procedure di valutazione simili che hanno portato alla luce aspetti della condotta di tali aziende considerati inaccettabili. Per una banca, il fatto che i competitor abbiano preso tali decisioni potrebbe essere una valida ragione per rivalutare il rischio legato alla relazione con il cliente. O, magari, per seguirne l’esempio».