Il banchiere centrale dal quale dipende il futuro del Brasile. E non solo

Nominato da Lula, il nuovo banchiere centrale Gabriel Galípolo dovrà rilanciare il Brasile e difenderlo dagli investitori stranieri

La sede del Banco Central do Brasil © Leonardo Sá/Agência Senado

La politica monetaria del Brasile svolta a sinistra. O almeno così promette la nomina di Gabriel Galípolo alla presidenza del Banco Central do Brasil (Bcb), la Banca centrale del Brasile. Nominato nel 2023 da Lula direttore della politica monetaria dello stesso Bcb, il giovane economista, a soli 42 anni, il primo gennaio del 2025 succederà ufficialmente all’ex governatore Roberto Campos Neto. E come ha già annunciato, ha intenzione di cambiare radicalmente la politica monetaria dell’uomo di Jair Bolsonaro, che aveva puntato tutto su alti tassi d’interesse e bassa inflazione. Un modo per favorire gli investitori stranieri e la ricchezza già esistente, a scapito di lavoratori e investimenti pubblici.

Galípolo, la cui nomina sarà ratificata dal Senato brasiliano il 10 settembre, ha dichiarato: «È un onore, un piacere e un’immensa responsabilità essere nominati alla presidenza della Banca centrale del Brasile dal ministro Fernando Haddad e dal presidente Luiz Inácio Lula da Silva».

Quindi le promesse di cambiamento. A partire dal taglio dei tassi di interesse, saliti negli ultimi anni fino all’asfissiante 10,5%. In modo da avere «tassi più bassi e sostenibili, in grado di incoraggiare la popolazione ad avere un maggiore accesso al credito» e poter «migliorare il proprio reddito» e il proprio potere di acquisto. Il tutto, e qui starà alla sua abilità di economista, senza che l’inflazione risalga in maniera eccessiva.

Gli indirizzi politici del banchiere centrale

In maniera più o meno palese, e più o meno diretta, quella dei banchieri centrali è sempre una nomina politica. Governativa o presidenziale, a seconda della forma istituzionale che regge il Paese. Quando Giorgia Meloni arrivò al governo, alla Banca d’Italia salì Fabio Panetta, il cui nome già circolava come possibile ministro dell’Economia.

Fu un modo per Meloni per accreditarsi in Europa. E per assicurare una certa continuità con la linea-Draghi. Quando Trump salì al potere nominò capo della Fed Jerome Powell, di cui però ha criticato poi le politiche di spesa pubblica sotto la presidenza Biden. E oggi lo stesso Trump ha già fatto capire che in caso di successo contro Kamala Harris è pronto a sostituirlo.

In Brasile l’attuale governatore Roberto Campos Neto è, allo stesso modo, stata una scelta tutta politica. Oltre a politiche violentissime contro l’ambiente, i lavoratori, gli indigeni e i diritti civili, Bolsonaro ha voluto cambiare l’architettura economica del Paese. Per farlo ha chiesto al Bcb, non prima di averlo reso «formalmente indipendente», nel 2021, una serie di misure draconiane. Stop a ogni investimento nel welfare, nella sanità e nella spesa pubblica in generale. Aumento a dismisura i tassi d’interesse, di modo che diventasse vantaggioso investire nel paese per gli investitori esteri. Con il risultato che il Brasile è stato svenduto alla finanza d’assalto, gonfiando i bilanci a scapito del benessere della popolazione. Ora Galípolo promette di ribaltare la situazione. O almeno di provare a farlo.

E il potere del banchiere centrale

Il banchiere centrale, insomma, è nominato da una parte politica e a quella in qualche modo risponde. Con notevoli eccezioni, nel caso abbia una personalità in grado di reggere gli urti e una competenza tale da andare avanti per la sua strada.

La più famosa delle eccezioni è stata sicuramente Mario Draghi. Salito al vertice della Bce nel pieno della crisi finanziaria del debito, dopo il famoso «whatever it takes» per salvare l’euro Draghi si è adoperato per una politica monetaria espansiva mai vista prima. Arrivando così a scontrarsi a più riprese con i suoi “grandi elettori” come Germania e Francia. E attraverso l’analisi della sua figura e del suo operato si può anche capire bene chi sia, e cosa faccia, un banchiere centrale.

Draghi ha mantenuto i tassi di interesse bassi, e a volte ne ha applicati addirittura di negativi. Queste misure penalizzano di sicuro il risparmio privato, quindi chi già ha qualcosa. Ma dall’altra stimolano gli investimenti pubblici, sostengono l’occupazione e favoriscono l’acquisto dei titoli di debito pubblico. I famosi Bot o Btp italiani, per capirci, il cui acquisto è fondamentale per sostenere le casse del Paese. Il quale a sua volta si spera che investa in welfare, scuola o sanità. Cosa che, per la verità, non sempre è avvenuta, né in Italia né tantomeno in Europa sotto la presidenza Draghi.

Tassi più bassi, come abbiamo visto, sono stati promessi dal prossimo governatore brasiliano Galípolo per investire nelle infrastrutture e stimolare l’occupazione, cosa che ha fatto anche Biden negli ultimi anni.

Altro compito di chi decide la politica monetaria di un Paese, oltre a stabilire il valore del denaro che circola, è deciderne la quantità. E qui Draghi è di nuovo perfetto come esempio. Il famoso quantitative easing in buona sostanza altro non era che un aumento della quantità di massa monetaria in circolo. Attraverso l’acquisto da parte delle stesse banche centrali di obbligazioni o di titoli di Stato, e attraverso il prestito alle banche private perché facessero lo stesso.

Il futuro del Brasile, e del Sud del Mondo

Queste manovre, come abbiamo visto, aiutano la ripresa e l’occupazione, quindi le classi medie e basse. Ma alla lunga, come spesso accade anche se non ne è una diretta conseguenza, possono spingere l’inflazione. E su questa capacità di stimolare le politiche pubbliche senza che la moneta perda di valore si giocherà il futuro del Brasile.

Economista liberale ortodosso, moderato, non proveniente dal Partito dei Lavoratori di Lula, Galípolo deve però fare i conti con quelle ingerenze straniere che da sempre gettano le ali nere dei loro plan condor sull’intera America Latina. Sono nemici assai potenti e pericolosi. E come insegna la storia, anche la più recente con le inchieste giudiziarie su Lula, pronti davvero a tutto.

La politica monetaria brasiliana degli ultimi anni, come quella di tutte le dittature o simil-dittature e dei governi ultra-conservatori del Sud del mondo, era al servizio delle potenze straniere e dei grandi fondi d’investimento. Per questo, dal momento della sua nomina, le grandi testate economiche padronali hanno cominciato con gli attacchi preventivi.

Non vogliono perdere l’occasione di continuare a sfruttare a loro vantaggio la gallina dalle uova d’oro brasiliana. Ecco perché il futuro della presidenza Lula, dell’intera America Latina e per estensione di molti dei Paesi del Sud del mondo, si giocherà anche sulla capacità di azione del governatore Galípolo. Come abbiamo visto, i banchieri centrali hanno una discreta dose di influenza sui destini del mondo.