Coronavirus, una “infodemia” che distorce la realtà e fa dimenticare i morti per smog

Le informazioni incontrollate ed errate sull'epidemia Covid-19 stanno procurando ansia generalizzata. E fanno dimenticare la vera emergenza ambientale della Pianura Padana

Gestire la paura, in Italia, al tempo del CoronaVirus si sta rivelando più difficile che combattere la stessa epidemia. Specie se, ad aumentare il panico, ha contribuito la cattiva gestione dell’informazione pubblica, istituzionale e politica, insieme ai media mainstream. La stessa Organizzazione della Sanità, già nelle scorse settimane, aveva parlato di «infodemia». Arrivando a costituire un canale di comunicazione attivo costantemente, 24 ore su 24, per fornire dati, informazioni, consigli. E sfatare «fake news» per rassicurare i cittadini.

 

Il Coronavirus ha un basso tasso di mortalità

Occorre però, sottolinea Fabrizio Bianchi, direttore dell’Unità di Epidemiologia ambientale dell’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa, fare distinzione tra i termini che stanno allarmando l’opinione pubblica. «Letalità» e «mortalità» non sono la stessa cosa. «Il tasso di letalità è il rapporto tra morti per una malattia e il numero totale di soggetti affetti dalla stessa malattia» sottolinea Bianchi, anche a Valori. «Ed è una misura di incidenza che dipende dalla finestra temporale di osservazione. Mentre il tasso di mortalità mette a rapporto il numero di morti sul totale della popolazione media presente nello stesso periodo di osservazione e non sul numero di malati».

Secondo l’ultimo bollettino dell’OMS, quindi, nell’area a più alto rischio in Cina, quella di Hubei, il tasso di letalità è al 3,9%, su una media del 3,2% dell’intero paese. «In Italia, in considerazione del fatto che l’epidemia è in fase crescente, il tasso di letalità varia tra il 2% e il 3%, ma l’attenzione è tutta spostata sulla progressione dei contagiati e dei morti: numeri assoluti molto piccoli che producono una paura molto grande» ribadisce lo scienziato.Video dell’Organizzazione Mondiale dela Sanità

…e letalità e mortalità non sono la stessa cosa

«Il tasso di mortalità del Coronavirus, sempre calcolato sulla stessa regione cinese a più alto rischio, Hubei, è pari allo 0,0004%» sottolinea Bianchi. Ancora più basso dei precedenti virus, come quello che causò la Sars, per intenderci. Ritornando in Italia, le proporzioni, quindi, sono infinitesimali, pensando solo agli 8mila decessi per la sindrome influenzale ogni anno, piuttosto che alla mortalità precoce per inquinamento atmosferico, 58.600 persone, stando ai dati dell’Agenzia Europea per l’ambiente. «Non dimentichiamo che la mortalità per tutte le cause nel nostro Paese è di una 1 persona su 100 abitanti» ribadisce l’epidemiologo del CNR.

Non è una pandemia

Occorre, poi, ribadire che l’epidemia da COVID-19, se pure è un’emergenza sanitaria globale, non è, ancora, una pandemia, dicono i massimi esperti sanitari delle Nazioni Unite. Stando a quanto dichiarato dal direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom, anzi, gli effetti del virus «sono in costante calo», pur invitando «gli Stati a fare tutto il possibile per prepararsi a una potenziale pandemia».

«La pandemia è una situazione di epidemia che coinvolge tutto il mondo superando qualunque confine» ha ribadito Vittorio Agnoletto, docente di Globalizzazione e politiche della salute all’Università degli Studi di Milano. «Finora non c’è stata questa dichiarazione da parte dell’Oms e tanto meno siamo di fronte a una situazione di questo tipo in Italia» ha sottolineato l’accademico che si occupa anche di divulgare i problemi della sanità pubblica su Radio Popolare.

La parola «panico» scatena il panico

Intanto, però, la gestione dell’emergenza e il flusso delle informazioni, spesso contraddittorie, hanno innescato il panico nelle zone sottoposte a isolamento e non solo. Pesano le ancora poco chiare dinamiche sulla diffusione dell’infezione, sia la frammentazione di competenze e ruoli istituzionali. «Dire alla gente ‘non fatevi prendere dal panico’ è perfettamente inutile» ha sottolineato Luca Carra, direttore di Scienza in rete.

Specie in presenza di decreti e ordinanze che hanno imposto, come nelle regioni del nord Italia, a scopo precauzionale, la chiusura di scuole, teatri, bar, oltre all’annullamento di eventi pubblici. Messaggi contraddittori, inviati dalla politica, che rimandano a una gestione della comunicazione del rischio «critica», già vissuta in altre situazioni, nel nostro Paese, come durante i terremoti.

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L’informazione pacata e scientifica alza le difese immunitarie

Poche voci hanno invece invitato alla calma. «Il coronavirus ha un alto tasso di viralità ma un basso tasso di mortalità. Non ci sono ancora strumenti farmacologici in grado di bloccarlo, quindi le strategie di prevenzione sono fondamentali» ha ribadito Vittorio Agnoletto. Così come Roberta Villa, medico e giornalista scientifica freelance, che si è ritrovata a essere nei momenti di caos, punto di riferimento in rete. Ribadendo, attraverso i suoi canali social instagram e youtube, l’importanza di fonti informative sicure e attendibili, come l’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Sul tema è intervenuto anche l’Ordine nazionale degli psicologi, invitando a «non cercare di placare l’ansia inseguendo informazioni spesso amplificate ed incontrollate». Tutto ciò, hanno spiegato gli psicologi,  perché la «percezione del rischio» può essere distorta e amplificata fino a portare a condizioni di panico. Che non sono quasi sempre del tutto ingiustificate, ma aumentano il rischio. I comportamenti meno razionali, infatti, portano a un abbassamento delle difese, anche biologiche, dell’organismo».

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Quali sono le fonti ufficiali e scientifiche attendibili?

Lo scorso 31 gennaio, il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di emergenza per l’epidemia da CoronaVirus, per la durata di sei mesi. Il coordinamento degli interventi è stato affidato al Capo del Dipartimento della Protezione Civile, Angelo Borrelli. Proprio dal sito della Protezione Civile, si evince, però, la dispersione della gestione delle informazioni, a partire dalle regioni. Ognuna con un proprio numero telefonico di riferimento per affrontare lo stato di crisi.

Le principali fonti istituzionali sanitarie italiane, rimangono, quindi, il sito del Ministero della Salute, che ha dedicato una pagina ad hoc al Coronavirus e il portale dell’epidemiologia pubblica Epicentro, a cura dell’Istituto Superiore di Sanità. Sempre l’Iss ha attivato un canale anti- bufale. Altre informazioni scientifiche e attendibili sono reperibili poi sul sito dell’Associazione Italiana di Epidemiologia, sulle riviste scientifiche online Epidemiologia & Prevenzione e Scienza in rete.

Al Nord e in Italia si muore di più per inquinamento atmosferico

«Respirare o ingerire un virus pericoloso, come COVID-19, evoca una paura diversa e maggiore rispetto a respirare o ingerire una particella ultrafine carica di sostanze cancerogene» sottolinea Liliana Cori, ricercatrice all’IFC CNR di Pisa, che si occupa anche della comunicazione del rischio.

Proprio in Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna, a causa dell’elevato inquinamento atmosferico, si concentrano molti di quegli oltre 100 decessi giornalieri, per mortalità precoce da micropolveri. Almeno 58.600 persone l’anno, secondo i più recenti dati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente. Ma che non fanno «notizia», perché?

«Se il rischio è volontario, ci sembra più basso. Se ci viene imposto dagli altri viene percepito come maggiore. Questa epidemia, come tutte le altre precedenti è involontaria, poco controllabile da noi e pare anche dalle autorità- spiega Liliana Cori.  Un nuovo rischio, poco conosciuto e ancora senza rimedi, fa ovviamente paura. «Specie se si continua ad evocare la paura della morte». Come la conta giornaliera di deceduti, infettati e isolati, amplificata dai media.

La paura alimentata da sfiducia e ignoranza

«Gli elementi affinché si scatenasse il panico, nel caso del virus COVID-19 e non una sana paura che ci rende, invece, vigili al pericolo, purtroppo si sono delineati tutti» spiega Liliana Cori. Elementi su cui dobbiamo riflettere, come la mancanza di conoscenza e fiducia, tra cittadini e istituzioni. Anche in base alla letteratura scientifica esistente e alla guida istituzionale sulla comunicazione del rischio ambientale per la salute. Soluzioni possibili? «Informare, sensibilizzare, produrre e diffondere buona conoscenza, attraverso il mondo della scienza e della medicina è e rimane fondamentale. Tenere gli uffici e i presidi sempre aperti, dobbiamo rispondere come collettività alla paura del singolo».

Un decalogo contro la paura

Oltre il decalogo, ormai noto, delle dieci, semplici, misure indispensabili necessarie per limitare la diffusione del contagio, diffuso dal ministero della Salute, anche gli intellettuali sono scesi in campo con i loro consigli.

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Così ha fatto Franco Arminio, poeta, scrittore e documentarista, con il suo decalogo contro la paura.  Parole e riflessioni che possono risollevare gli animi, nelle città deserte, nelle scuole chiuse, nella desolazione degli scaffali dei supermercati vuoti. Una bella lezione, ai tempi del virus della globalizzazione. Occasione per ripensare modalità, tempi e soluzioni di una nuova economia civile e sociale. Ed evitare «il rischio che il panico diventi una forma di intrattenimento».