Il sistema umanitario globale e la dipendenza finanziaria: una crisi annunciata
Il recente blocco dei finanziamenti da parte dell’amministrazione Trump ha messo in luce la fragilità del sistema umanitario globale
Il recente blocco dei finanziamenti da parte dell’amministrazione Trump ha messo in luce la fragilità del sistema umanitario globale, rivelando una dipendenza estrema da un numero ristretto di donatori, prevalentemente occidentali. Gli Stati Uniti, da soli, hanno fornito il 43% dei fondi umanitari pubblici nel 2023, mentre i tre maggiori donatori globali hanno coperto il 62% del totale. Questa concentrazione di risorse in poche mani rende il sistema umanitario altamente vulnerabile: quando un donatore decide di chiudere i rubinetti, le conseguenze possono essere devastanti per milioni di persone che dipendono da quegli aiuti.
Un sistema costruito sulla dipendenza
L’analisi degli ultimi dieci anni mostra una crescente dipendenza dagli Stati Uniti. Nel 2013, Washington rappresentava il 39% del finanziamento umanitario globale. Oggi quella percentuale è salita al 43%, rafforzando un modello di aiuti che fa affidamento su pochi grandi donatori. La crescita della domanda di aiuti ha spinto il sistema umanitario a espandersi, ma questa espansione è stata sostenuta solo da un piccolo gruppo di finanziatori. Di conseguenza, l’intero settore si è trovato privo di alternative nel momento in cui il più grande donatore ha improvvisamente bloccato i pagamenti.

I settori più colpiti dal blocco dei fondi statunitensi
Il congelamento dei fondi USA ha colpito trasversalmente tutto il sistema umanitario, ma alcuni settori sono più vulnerabili di altri. I dati mostrano che 11 dei 16 settori umanitari dipendono fortemente dai primi tre donatori, con una concentrazione di risorse superiore al 50%.
- Sicurezza alimentare. Il Programma Alimentare Mondiale (WFP) è il maggiore beneficiario degli aiuti statunitensi. Questo settore ha storicamente ricevuto supporto bipartisan negli Stati Uniti, ma il ridimensionamento dell’USAID suggerisce che nulla sia più garantito.
- Salute e protezione infantile. Anche se la diversificazione dei finanziamenti è leggermente maggiore rispetto ad altri settori, i fondi USA coprono comunque una porzione significativa del budget.
- Violenza di genere. Il principale destinatario di fondi in questo settore è l’UN Population Fund (UNFPA), un bersaglio frequente dell’amministrazione Trump, che ha tagliato il suo supporto in passato.
- Ripari e alloggi per sfollati. Conflitti e disastri naturali stanno aumentando la domanda di aiuti per gli sfollati, ma senza il sostegno statunitense molte operazioni rischiano di chiudere.

Quali regioni dipendono maggiormente dai fondi USA?
Alcune aree del mondo sono particolarmente esposte al rischio di collasso umanitario a causa della loro elevata dipendenza dai finanziamenti statunitensi. Dal 2022 al 2024, i piani di risposta umanitaria in America Latina sono stati i più vulnerabili:
- Guatemala, El Salvador e Honduras. Qui, i tre principali donatori coprono oltre l’80% dei finanziamenti, con gli Stati Uniti che forniscono il 68% delle risorse totali.
- Venezuela. Il piano regionale per i rifugiati venezuelani è tra i più colpiti.
- Sud Sudan. Il programma di risposta ai rifugiati dipende in larga parte dai fondi statunitensi.
- Repubblica Democratica del Congo e Sudan. In questi Paesi, le guerre in corso hanno generato nuove crisi umanitarie, ma gli Stati Uniti hanno contribuito a oltre il 50% dei finanziamenti per le operazioni ONU negli ultimi anni.
Dipendenza finanziaria: una minaccia per il sistema umanitario
Uno degli aspetti più critici emersi dal recente report di UN-OCHA è il legame tra la diversificazione dei donatori e la capacità del sistema umanitario di resistere alle crisi. I dati dimostrano che i piani di risposta umanitaria che dipendono fortemente da pochi grandi donatori tendono a ricevere una percentuale inferiore dei fondi necessari rispetto a quelli con un bacino di finanziatori più ampio. In particolare, le operazioni che si basano prevalentemente sui contributi dei primi tre donatori hanno ottenuto in media solo il 44% delle risorse richieste, mentre quelle che hanno saputo diversificare le proprie fonti di finanziamento hanno raggiunto una copertura del 59%. Questo dato suggerisce che un sistema più variegato non solo riduce il rischio di shock finanziari, ma aumenta anche la capacità complessiva di attrarre fondi.
Per anni, le discussioni sul futuro del sistema umanitario si sono concentrate principalmente sulla necessità di aumentare il volume complessivo dei finanziamenti, migliorare la qualità degli aiuti e garantire un maggiore protagonismo alle organizzazioni locali nei paesi destinatari. Tuttavia, il blocco dei fondi statunitensi ha dimostrato che queste priorità non sono sufficienti se il sistema resta dipendente dalle decisioni di un numero ristretto di donatori. Senza una strategia efficace di diversificazione delle risorse, continuerà a essere vulnerabile agli interessi politici e alle dinamiche economiche delle principali potenze finanziatrici.
Questo articolo è stato pubblicato da Info cooperazione.