Ripresa, transizione, diritti. Perché è il momento dell’economia sociale

L'economia sociale può rappresentare la chiave - giusta e inclusiva - per ricostruire il nostro modello di sviluppo. L'esempio della Spagna

L'economia sociale ha un enorme potenziale inespresso, che potrebbe risultare particolarmente utile proprio in questa fase © BRO Vector/iStockPhoto

L’economia sociale sta attraversando un periodo florido. Non solo in Spagna, che ha recentemente commemorato il 10° anniversario di una legge pionieristica sull’economia sociale, ma anche a livello internazionale. Negli ultimi mesi, l’Unione europea, il Forum Economico Mondiale, la Conferenza Internazionale del Lavoro… tutti hanno affrontato le strategie per lo sviluppo del settore come pilastro strategico per contribuire alla ripresa post-pandemica. E per promuovere uno sviluppo sostenibile che ponga al centro le persone.

In Spagna il governo ha approvato un Piano strategico per l’economia sociale

In Spagna, il mese di marzo di quest’anno ha segnato il decimo anniversario di una legge pionieristica sull’economia sociale spagnola (sebbene la normativa sia stata approvata nel marzo 2011). Che non solo ha contribuito allo sviluppo statale del settore, ma è anche servita da riferimento e ispirazione per le leggi di altri Paesi.

Questa celebrazione è stata seguita nelle ultime settimane dall’approvazione da parte del governo spagnolo di un Piano strategico per gli investimenti nell’economia sociale. Il cosiddetto PERTE (Proyecto Estratégico para la Recuperación y Transformación Económica, Progetto strategico per la ripresa e la trasformazione economica) per l’economia sociale e assistenziale ha un budget di oltre 800 milioni di euro. Fa parte dell’insieme di progetti strategici approvati dal governo per incanalare i fondi europei di rigenerazione post-Covid19. E che mirano a contribuire alla trasformazione dell’economia spagnola.

Obiettivo: aumentare la quota di economia sociale nel Pil spagnolo dell’1%

Sono tredici i ministeri coinvolti nel PERTE sociale. A dimostrazione della natura trasversale della strategia, che mira ad aumentare la quota dell’economia sociale nel Pil spagnolo dal 10% all’11%. A tal fine, il piano prevede due grandi obiettivi generali e un obiettivo più strategico. Da un lato, l’idea è di promuovere e sviluppare il settore sostenendo, ad esempio, la trasformazione delle imprese. Ovvero il recupero di aziende in crisi da parte dei lavoratori sotto la formula delle cooperative o delle imprese di proprietà dei lavoratori.

In secondo luogo, si propone di migliorare la competitività dei servizi di assistenza. Ciò comporta, ad esempio, il sostegno alla professionalizzazione dell’assistenza sanitaria e alle dipendenze. O ancora la promozione delle questioni relative alla digitalizzazione in questo settore.

Un laboratorio per lo scambio di conoscenze e buone pratiche

Infine, l’obiettivo strategico è di creare un laboratorio all’avanguardia che sia un punto di riferimento nell’economia sociale. Consentendo tra l’altro lo scambio e il trasferimento di conoscenze e buone pratiche. «Vogliamo che la Spagna diventi un punto di riferimento in tal senso nel mondo e nell’Unione europea», ha dichiarato il secondo vicepresidente e ministro dell’Occupazione e dell’Economia sociale, Yolanda Díaz, durante il suo intervento alla conferenza stampa successiva al Consiglio dei ministri che ha approvato il Piano.

Per la rete europea di riferimento sull’economia sociale, Social Economy Europe, il piano di investimenti «dovrebbe fungere da esempio per gli altri Stati membri dell’UE che desiderano sbloccare il pieno potenziale del settoreper una ripresa equa».

I punti chiave della discussione su lavoro dignitoso e su economia sociale e solidale

Per la prima volta l’economia sociale e solidale presente alla conferenza dell’ILO

Mentre questo piano strategico veniva approvato e diffuso in Spagna, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) teneva la sua 110ma Conferenza (ILC 2022). Nell’ambito dell’evento annuale, che riunisce i rappresentanti di governi, lavoratori e datori di lavoro di 187 Stati membri, si è tenuto per la prima volta un dibattito generale sul tema. Il documento “Lavoro dignitoso ed economia sociale e solidale”, incluso nell’ordine del giorno, riflette il ruolo che ha ricoperto il settore durante le crisi finanziarie globali e la recente pandemia. Nonché l’importanza del settore per costruire la resilienza nell’era post-pandemica.

Alla Conferenza, il dibattito si è incentrato sulla proposta di una definizione universale del termine “economia sociale e solidale”. Compresi i principi e i valori ad essa associati. Nonché su una riflessione su come essa possa contribuire al lavoro dignitoso e allo sviluppo sostenibile. Queste discussioni mirano a fornire linee guida politiche che possano promuovere un ambiente favorevole. E a definire le azioni che l’ILO deve intraprendere per promuovere e potenziare l’economia sociale e solidale. Nel giugno 2022 è prevista l’adozione di una bozza di risoluzione sul lavoro dignitoso e sull’economia sociale e solidale. Una base per una strategia e un piano d’azione in materia, che sarà sottoposta all’approvazione dell’ILO nel novembre di quest’anno.

Pesente anche al World Economic Forum

Anche a livello internazionale, lo scorso 2022 maggio, l’incontro annuale del World Economic Forum, che riunisce a Davos, in Svizzera, i più importanti attori dell’economia globale, ha dato un ruolo speciale all’economia sociale, con la presentazione del rapporto “Unlocking the Social Economy – Towards an inclusive and resilient society”. Il documento rileva come sempre più governi ne riconoscano il potenziale per affrontare le sfide globali. Ma «nonostante il loro potenziale, le economie sociali di tutto il mondo si trovano ad affrontare barriere comuni che ne impediscono la crescita. Come visibilità limitata, mancanza di quadri legali e normativi di supporto, mancanza di verifiche e standard. E ancora fornitura inadeguata di risorse finanziarie e accesso limitato ai mercati».

In Italia il settore dell'economia sociale coinvolge 350 mila soggetti e 20 mila imprese. Il fatturato complessivo supera i 70 miliardi di euro. Foto: Pixabay.com Libera per usi commerciali Attribuzione non richiesta
In Italia il settore dell’economia sociale coinvolge 350 mila soggetti e 20 mila imprese. Il fatturato complessivo supera i 70 miliardi di euro (dati 2020) © Pixabay.com

A questo proposito, il rapporto delinea cinque aree politiche concrete che i governi possono sviluppare per costruire società più inclusive, sostenibili e resilienti. Riconosce l’importanza del dialogo con gli attori dell’economia sociale così come dello sviluppo di contesti normativi per il settore. Allo stesso modo, si ritiene importante creare incentivi per il finanziamento e gli investimenti nel comparto. E migliorare gli acquisti pubblici e privati di beni e servizi da imprese che generano valore sociale e ambientale.

Infine, per aumentare la visibilità del settore, i governi sono incoraggiati a raccogliere statistiche sull’economia sociale che vadano oltre gli indicatori tradizionali, includendo, ad esempio, indicatori di impatto sociale e ambientale. A questo proposito, si propone anche di ampliare e migliorare la ricerca e l’educazione all’innovazione sociale, all’impresa sociale e all’economia sociale nelle scuole e nelle università.

La finanza etica, alleata dell’economia sociale

Secondo il rapporto del WEF, «attraverso l’adozione di quadri di responsabilità, tassonomie di rendicontazione sociale e modelli aziendali e di governance più partecipativi, l’economia sociale può contribuire alla trasformazione strutturale del nostro attuale modello economico, con le sue sfide persistenti. E accelerare le transizioni verso un futuro più inclusivo e sostenibile».

Come è emerso chiaramente dall’ultima conferenza annuale 2022 della FEBEA (Federazione europea delle banche etiche e alternative), tenutasi a Barcellona lo scorso maggio, la finanza etica è un alleato naturale dell’economia sociale. «Le banche etiche sono economia sociale, siamo una famiglia, insieme dobbiamo continuare a lavorare per conquistare nuovi spazi», ha dichiarato Víctor Meseguer, direttore di Social Economy Europe, durante la conferenza. Ecco perché il settore può trovare nella finanza etica un attore con cui lavorare per questa trasformazione sociale.