Se l’Europa non rispetta gli standard europei sui green bond

Dopo avere stabilito dei principi sui green bond basati sulla tassonomia, l'Unione europea ha deciso di essere la prima a non seguirli

Il brutto pasticcio dell’Unione Europea sui green bond © Christian Lue/Unsplash

Non si capisce se la notizia sia più preoccupante, nel testimoniare l’aria che tira a Bruxelles, o talmente paradossale da fare sorridere. L’Unione europea prende talmente sul serio il tema della sostenibilità che ha deciso di non rispettare i suoi stessi standard. Proviamo a capire.

Gli standard europei sui green bond

Nel 2021 la Ue ha avviato un programma di emissione di green bond, ovvero titoli da utilizzare per investimenti sostenibili. La questione fondamentale, per questa tipologia di titoli, è capire quali siano i criteri e i parametri per definire cosa è green e cosa no. Nel suo comunicato stampa di lancio, la Commissione aveva dichiarato di rispettare i Green Bond Principles della International Capital Markets Association (ICMA), un’associazione di rappresentanza di banche e altri attori finanziari.

Negli anni successivi, la Ue adotta dei propri standard. In particolare con la tassonomia che definisce quali attività possano rientrare nelle definizioni di finanza sostenibile. Proprio sulla base di questa tassonomia la Ue ha sviluppato i suoi “green bond standard”. Ovvero i criteri che deve avere un’emissione obbligazionaria per potere essere definita green. Uno standard diventato operativo a fine 2023, con la pubblicazione sul giornale ufficiale della Ue.

Standard che la stessa Europa ha deciso di non seguire

I nuovi criteri europei sono volontari, ma un emittente deve dimostrare di rispettarli se vuole commercializzare le proprie obbligazioni come green bond europei. Ricapitoliamo. Un’istituzione decide di emettere dei green bond. La stessa istituzione approva una rigorosa definizione di cosa sia un green bond. La conclusione sembra scontata: l’emissione seguirà le definizioni che l’istituzione stessa si è data.

E invece no. L’attuale emissione di obbligazioni green proseguirà fino al 2026, ma continuerà a fondarsi sulle regole e i criteri dell’ICMA. E non su quelli considerati ben più rigorosi e stringenti che la stessa Ue ha approvato nel frattempo. Come riportato in un articolo di Bloomberg, la Commissione avrebbe affermato che, visto che le vendite di obbligazioni sono già in corso, non verranno cambiati i criteri per le future tranche di emissioni.

Il pasticcio sui green bond mette a rischio la sostenibilità

Lo stesso articolo ricorda però come la Ue si è impegnata ad approvare un proprio standard anche per contrastare il greenwashing nel settore finanziario, con il moltiplicarsi di posizionamenti e standard che di green hanno solo il nome. La scelta della Ue di non applicare il proprio standard potrebbe inoltre scoraggiare altri emittenti privati. La tassonomia è stata accusata di essere di difficile implementazione, con analisi e obblighi di rendicontazione difficili da soddisfare. Se nemmeno la Ue reputa necessario seguirla, perché un soggetto privato dovrebbe farlo?

Dopo le elezioni europee e la nascita della nuova Commissione in molti si sono preoccupati per possibili battute d’arresto, se non veri e propri passi indietro, sulla sostenibilità e l’attenzione al clima. A oggi è soprattutto il pacchetto sulla finanza sostenibile a essere accusato di essere troppo complicato e spesso incoerente. Ecco un messaggio che chiarisce tutto. I green bond emessi dall’Europa non potrebbero oggi definirsi green bond europei. Complimenti all’Unione europea per l’impegno e la logica dimostrati.