Ex premier, imprenditori e banche fallite: gli strani intrecci dietro all’impianto di Krk
C'è un controverso imprenditore dietro ai terreni su cui sorgerà il rigassificatore sull'isola croata di Krk. Trait d'union tra politica, colossi energetici e alta finanza
«All’inizio del 2009, Ivo Sanader mi ha detto che si aspettava una transazione da 10 milioni di euro dalla MOL (la società petrolifera nazionale ungherese, ndr) e mi ha dato il compito di cercare di capire come organizzarne l’incasso». A parlare è Robert Jezic, controverso imprenditore di Rijeka, in Croazia.
La Tangentopoli croata
È il 4 febbraio: si trova di fronte alla Corte distrettuale di Zagabria, come testimone. Ivo Sanader, il nome che cita, è l’ex primo ministro croato, uno dei maggiorenti storici dell’Hdz, il partito cristiano-democratico croato che governa ancora oggi. È accusato di corruzione in quella che potrebbe diventare una Tangentopoli croata.
Nei dieci milioni che nomina Jezic, infatti, ci sarebbe anche una “stecca” da 5 milioni di euro che la MOL avrebbe elargito all’ex premier allo scopo di entrare come socio di maggioranza dentro INA, la società omologa in Croazia. Ad oggi, MOL ha ancora il 47% delle azioni dell’industria petrolifera croata.
Krunski svjedok #Ježić svjedoči na suđenju #Sanader https://t.co/w6GgFMGrOl
— HRT vijesti (@hrtvijesti) February 4, 2019
Robert Jezic, il testimone, all’epoca suo uomo di fiducia, sarebbe stato incaricato da Sanader stesso di recuperare il denaro. È la seconda volta, in questa lunga e tortuosa vicenda processuale, che Jezic lo confessa. Nel primo caso, la condanna (2014) è stata poi annullata per problemi procedurali.
Nazionalizzazione fa rima con corruzione
Il caso INA-MOL rappresenta il peccato originale di tutte le politiche energetiche della Croazia. Il momento in cui un pezzo della classe dirigente – politici e imprenditori – ha sfruttato la nazionalizzazione del settore per intascarsi mazzette. Tanti dei protagonisti sono rimasti sullo sfondo, ma non sono definitivamente usciti di scena: il loro effettivo potere è difficile da pesare. Un nome per tutti è Leo Dolezil: ex direttore commerciale in INA, ha lavorato con Jezic sia in Italia, sia dentro Dioki, per diventare poi oggi membro di una società di consulenza come lobbysta del terminale del gas. Nulla di illecito, ovviamente, m resta da registrare come gli attori nel gioco dell’energia, in Croazia, non cambino mai.
VG’s Senior Energy Adviser Leo Dolezil talks about Croatian oil and gas company INA and its future with Hungarian MOL. #ina #mol #oil #vginsightshttps://t.co/dUJouQCUsZ
— VLAHOVIC GROUP (@VlahovicGroup) February 7, 2019
Il rigassificatore di Krk sui terreni di Jezic
Le conseguenze di quell’affaire si ripercuotono anche oggi nella decisione di costruire il controverso rigassificatore sull’isola di Krk, in un terreno – stando al progetto – che in principio apparteneva al gruppo petrolchimico di Jezic, Dioki. In Parlamento, il 30 settembre 2008, Sanader spiega che l’assegnazione all’impresa di quel terreno – frutto della privatizzazione parziale di INA – è giustificata dall’importanza strategica dell’impianto.
Croazia, il mega-rigassificatore che dissangua le casse europee
Il silenzio (interessato) di Budapest
Non è nemmeno un caso che il principale beneficiario del gas via Krk sarebbe l’Ungheria, Paese al quale nel 2020 scade il contratto di fornitura energetica con la Russia. Budapest, però, in questa storia di corruzione INA-MOL non ci vuole avere nulla a che fare: il governo ha rifiutato di arrestare e portare a processo il manager della MOL Szolt Hernadi, già all’epoca al vertice dell’azienda.
«L’eredità di un presunto accordo corrotto – scrive Re:Common nel suo rapporto sul progetto del terminal del gas di Krk “Saccheggio 2.0″ – è molto vivo nel processo decisionale intorno al rigassificatore di Krk».
Il premier croato al servizio di una banca austriaca
Ivo Sanader è stato condannato per «illeciti profitti di guerra» il 22 ottobre 2018: secondo la Corte quando nel 1994-95 lavorava al Ministero degli Esteri avrebbe agito più nell’interesse di una banca che doveva aprire un prestito a Zagabria– la Hypo Alpe Adria Bank austriaca – invece che del Paese. In un’altra sentenza del 2014, il premier è stato indicato come il collettore delle tangenti con cui il partito Hdz si è successivamente costruito dei fondi neri. L’anno successivo il verdetto è stato annullato per un vizio di forma. Così il processo è ricominciato dal principio.
Tra le fonti delle tangenti di Sanader, secondo l’accusa ci sarebbe proprio Hypo Alpe Adria Bank, istituto di credito della Carinzia, fondato dall’ex presidente Jorg Haider (deceduto nel 2008) per «mettersi in mostra», come si legge nel libro “L’ombra di Heider”, scritto dal suo ex segretario personale Stefan Petzner.
Hypo Alpe Adria Bank è stata nazionalizzata nel 2009. Tre anni dopo è fallita lasciando una voragine che costerà agli austriaci 7,7 miliardi di euro. Tra il 2003 e il 2009, la banca aveva concesso prestiti a Robert Jezic per 63 milioni di euro, di cui 14 mai ripagati.
L’opera di Krk utile a ripagare i debiti della Hypo Alpe Adria Bank?
I terreni su cui stava la Dioki sono stati recuperati dalla Hypo dopo il fallimento dell’imprenditore. Poi, con il fallimento della banca, la bad bank nata per recuperare i crediti in sofferenza, Heta Asset, ha avuto il compito di metterli sul mercato per recuperare il possibile.
Con la trattativa per realizzare il rigassificatore, un compratore, ad agosto 2018, è spuntato. Si tratta di Gasfin Group, società lussemburghese che con l’acquisto ha cercato, per un breve periodo, di rilanciare l’ipotesi del rigassificatore onshore. Non è dato sapere però quanto l’azienda abbia sborsato per quei terreni, che per altro richiedono una bonifica, vista la tipologia di azienda che ospitavano.
Una storia imprenditoriale da fiction
L’imprenditore Robert Jezic è tanto romanzesco da aver ispirato uno dei personaggi di Novine, la prima serie di Netflix prodotta in Croazia.
Il trailer della serie tv Novine (The Paper)La storia racconta le vicende di un quotidiano di Rijeka che viene comprato da un influente imprenditore, con tanti agganci sia in Municipio sia a Zagabria, con l’intento di avere una grancassa di propaganda e controllare le inchieste che stavano uscendo su di lui.Come l’imprenditore di Novine, anche Jezic è stato editore. È stato proprietario di Novi List, il principale quotidiano fiumano. Per consolidare la sua popolarità, l’imprenditore è stato presidente del Hnk Rijeka, la squadra di calcio cittadina, dal 2003 al 2008.
I legami con l’italo-nigeriano Gabriele Volpi
Dopo quattro anni di interregno con presidenti di basso profilo, nel 2012 la società è passata poi a Gabriele Volpi (attraverso il suo numero due, Damir Mišković), imprenditore italo-nigeriano proprietario del 9% di banca Carige, che ha fatto fortuna controllando la logistica portuale in Nigeria.
Quegli immobiliaristi evergreen che affondano i bilanci delle banche
Non è l’unico (indiretto) collegamento tra Volpi e Jezic. Infatti il businessman di Rijeka, oggi cittadino svizzero, quando ancora la Croazia era parte della Jugoslavia, per oltre dieci anni si è mosso tra Milano, Svizzera, Lussemburgo e Panama per gestire società con Branko Srenger, uno dei padri della moderna INA, la società di gas e petrolio della Croazia.
L’avvocato a cui Srenger faceva ricorso per aprire le società offshore, a Panama e in Lussemburgo, risponde al nome di Jean-Pierre Baggi. Anche Gabriele Volpi, negli stessi anni, aveva lo stesso fiduciario a Panama e in Lussemburgo. Nel 2000 il suo studio legale rappresentava la famosa Malabu, la società al centro del processo Opl 245. Le vicende di energia e corruzione, in Europa, hanno sempre qualche punto di contatto.