La verità sul “passo avanti” sulla fusione nucleare. Al servizio delle armi

Il bilancio energetico della fusione nucleare ottenuta in California è, in realtà, fortemente negativo. E le mire sono soprattutto militari

Giuseppe Onufrio
Il Lawrence Livermore National Laboratory in California © LLNL.gov/Wikimedia Commons
Giuseppe Onufrio
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L’esperimento condotto nei laboratori Lawrence Livermore in California, finanziato dal Pentagono, ha ottenuto, per la prima volta, una reazione di fusione nucleare tra deuterio e trizio con un guadagno di energia: la reazione ha generato più energia di quella che ha ricevuto dai 192 laser. Questa è la notizia, ed è certamente un fatto scientificamente di rilievo. Ma la grancassa con cui è stata accompagnata, con veri e propri strafalcioni e approssimazioni, e il solito greenwashing della maggior parte della stampa mainstream, come vedremo, non hanno alcuna giustificazione.

Il “guadagno” energetico è stato di 1 Megajoule. Ma per ottenerlo ne sono stati assorbiti più di 300

Ci sono due classi di tecnologie studiate per la fusione nucleare: quelle a confinamento magnetico – come il reattore Iter in costruzione in Francia, cui partecipa anche l’Italia – e quelle a confinamento inerziale, come quella studiata in California che è l’unica che già arrivata a generare la fusione. L’edificio che contiene la National Ignition Facility (NIF), è alto due piani ed è servito da un’area tecnologica grande come tre campi di calcio. La sua costruzione iniziò nel 1997. Fu completata nel 2007. Ha svolto dal 2010 più di tremila esperimenti, per il 90% di natura militare legati alla gestione dell’arsenale nucleare americano.

Partiamo dal bilancio energetico della reazione di fusione. Ben 192 laser, i più grandi esistenti al mondo, hanno colpito con la loro luce ad alta energia la capsula bersaglio assorbendo oltre 300 Megajoule (MJ) di energia, mentre la reazione ne ha generato circa 3. Il “guadagno” consiste nel fatto che il raggio “finale” che ha colpito la piccola capsula contenete la miscela di deuterio e trizio era di circa 2 MJ.

L’applicazione civile, nel settore dell’energia, è lontanissima

Dunque, il bilancio energetico complessivo è ridicolo, nonostante la novità scientificamente rilevante dell’esperimento. Peraltro, anche se l’efficienza complessiva diventasse molto più alta la strada sarebbe ancora lunghissima. Va ricordato, infatti, che dal calore generato dalla fusione per poi produrre elettricità bisogna passare per la generazione di vapore da inviare alle turbine, processo che nei reattori a fissione ha un’efficienza termodinamica dell’ordine del 30-33%.

Il meccanismo di “implosione” della capsula che porta a una microesplosione in questo tipo di esperimenti è fisicamente analogo al meccanismo di un’arma a fusione nucleare. Con la differenza che l’energia di innesco nel laboratorio NIF è generata dai laser, mentre la bomba a idrogeno è innescata da una piccola bomba a fissione.  

La volontà di fare ricerca sulle bombe nucleari a idrogeno

Come ha notato il fisico Giuseppe Cima, l’esperimento finanziato dal Pentagono serve a «continuare la ricerca su nuove armi senza violare il Comprehensive nuclear-test-ban treaty (Ctbt), un trattato internazionale che impone un limite superiore alla potenza di un ordigno nucleare sperimentale». E dunque questa tecnica, in sostanza, «permette di approfondire la ricerca sulle bombe H ottemperando agli impegni internazionali». 

Per le applicazioni civili invece rimaniamo a decenni e decenni di distanza. Come dal 1958, anno in cui fu proposto il primo progetto civile.