Grazie alla crisi della lira turca Deutsche Bank ha guadagnato 35 milioni di euro

La speculazione sfrutta le turbolenze valutarie dimostrando, se necessario, che senza rigidi controlli l'economia è in balia della finanza cannibale

Andrea Di Stefano
Andrea Di Stefano
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Non è l’unico caso, e soprattutto non sarà certo l’ultimo. Ma è importante che i lettori di Valori.it siano informati sui meccanismi che governano la finanza a livello internazionale. Un trader della Deutsche Bank avrebbe realizzato un profitto netto di 35 milioni di euro in sole due settimane sfruttando le fluttuazioni del cambio della lira turca di cui abbiamo scritto il 14 agosto.

Le speculazioni sui cambi sono storicamente una delle attività di trading finanziario a più alto profitto (o perdita). C’è chi, come George Soros ha costruito le sue fortune scommettendo più di venticinque anni fa sull’uscita della lira italiana e della sterlina inglese dall’allora cosiddetto serpente monetario. Era l’autunno del 1992, il governatore della Banca d’Italia era Carlo Azeglio Ciampi che per difendere la lira dissanguò le riserve in valuta dell’istituto centrale. Soros fece esattamente quello che in piccolo ha riprodotto il trader della Deutsche Bank in questi giorni: vendette allo scoperto decine di miliardi di sterline inglesi e di lira italiana scommettendo sull’uscita delle due valute, considerate deboli all’interno dello Sme, il sistema monetario europeo. L’operazione fruttò al finanziere statunitense di origini ungheresi decine di miliardi di dollari di guadagni (la cifra vera non si è mai conosciuta) e l’Italia fece i conti con una maxi svalutazione del 25% come ha recentemente ricordato lo stesso Amato.

Deutsche Bank e la lira turca

Il trader della principale banca tedesca ha scommesso sul calo della lira turca vendendo allo scoperto la valuta di Ankara e ricomprandola dopo i tonfi. Nella sola giornata di venerdì 10 agosto è riuscito a fare 10 milioni di dollari di profitti mentre un altro operatore della Barclays Bank avrebbe accusato una perdita di 19 milioni di sterline. Il comparto del trading per il gruppo tedesco avrebbe realizzato già più di 135 milioni di dollari di profitti dall’inizio dell’anno dando un po’ di respiro all’amministratore delegato, Christian Sewing, che sta cercando di risollevare i conti dopo decine di miliardi di multe e sanzioni.

Dopo la bufera dei giorni scorsi il presidente turco Erdogan ha firmato un decreto che rialza i dazi su alcuni beni di importazione Usa tra i quali automobili (del 120%), alcol (140%) e tabacco (60%) ma anche riso, prodotti cosmetici e creme solari. Il raddoppio dei dazi turchi su 22 tipi di prodotti ammonta a 533 milioni di dollari, ha riferito il ministro del Commercio di Ankara, Ruhsar Pekcan.

Nello stesso tempo Ankara ha intensificato i colloqui per reti di finanziamento da parte del Quatar e della Cina: mercoledì 15 agosto lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani ha annunciato un piano di investimenti in Turchia per 15 miliardi di dollari mentre giovedì c’è stato un inaspettato incontro di Erdogan con la cancelliera Angela Merkel preoccupata come il presidente francese Macron che le difficoltà turche possano danneggiare anche l’Europa.

La rete di relazioni diplomatiche non può certo risolvere la drammatica situazione prodotta dalle politiche di guerra, decise da Erdogan, che hanno amplificato il deficit statale al 5% e incrementato la posizione debitoria in valuta che secondo le stime del Fondo Monetario ammontano a quasi 500 miliardi di euro.

La tregua che ha permesso alla lira turca di recuperare il 20% delle perdite, riportandosi a quota 5,48 dal minimo di 7,26 dollari, non allontana per nulla i rischi dei paesi emergenti come conferma l’incremento del costo di protezione con i famigerati cds (credit default swap) che sono diventati protagonisti della crisi finanziaria del 2008-2017.