H&M si rimangia il salario dignitoso e silenzia gli azionisti

Alla vigilia dell'assemblea degli azionisti, il colosso svedese si rimangia le promesse di pagare equamente i lavoratori nel Sud Est asiatico. Ong in rivolta

Corrado Fontana
Il crollo del Rana Plaza in a Dhaka, in Bangladesh il 24 aprile 2013, fece 1129 vittime tra i lavoratori tessili.
Corrado Fontana
Leggi più tardi

Azionariato imbavagliato e Clean Clothes Campaign (CCC) sul piede di guerra contro un dietrofront che rischia di avere conseguenze d’immagini gravi per uno dei colossi mondiali dell’abbigliamento low cost. Questo l’effetto dell’ultima decisione di H&M. L’azienda ha fatto sapere che all’incontro annuale dei suoi azionisti, in programma domani a Stoccolma, non intende discutere dei suoi precedenti impegni per un salario dignitoso dei lavoratori.

La società non era obbligata a introdurre il tema in agenda. Ma non è passato inosservato che non abbia voluto accogliere questa richiesta formulata dagli aderenti a Turn around, H&M! di CCC.

L’iniziativa Turn around, H&M!, di cui fa parte anche Fondazione Finanza Etica, punta a mettere sotto pressione il marchio affinché non finisca nel dimenticatoio quanto annunciato quattro anni e mezzo fa, a novembre, sull’onda della pressione mediatica ed emotiva scatenata dalla tragedia del Rana Plaza, in Bangladesh.

Scomparsi documenti e impegni  di H&M

“Nel 2013, H&M annunciava che 850mila lavoratori avrebbero ricevuto un salario dignitoso entro il 2018“, ricorda una nota diffusa dalla Campagna Abiti Puliti. Ma invece di materializzarsi i denari nelle buste paga dei lavoratori, “l’obiettivo stesso è scomparso dalla comunicazione aziendale, proprio come i documenti originali sono scomparsi dal sito web“.

Un comportamento che mette in allarme le ong impegnate sulla tutela dei diritti umani nell’industria tessile, poiché “La comunicazione aziendale di H&M oggi si riferisce solo all’introduzione del metodo del salario equo per le fabbriche dei fornitori. Gli 850mila lavoratori e i loro redditi effettivi non fanno più parte del messaggio”.

GRAFICO SALARI TESSILE SUDEST ASIATICO – The 2016 Australian Fashion Report – Behind the Barcode 2016

La beffa del “salario equo”

Sul valore da assegnare al salario dignitoso la discussione è aperta. I numeri ufficiali delle paghe pubblicati dall’azienda e riportati dalle ong lasciano comunque sgomenti. Soprattutto se visti pensando ai prezzi esposti nelle vetrine d’Europa.

“In Cambogia ad esempio, i lavoratori sono pagati in media 166 euro al mese secondo H&M, e questo è superiore al salario minimo nazionale. Tuttavia un salario dignitoso secondo l’Asia Floor Wage Alliance (AFWA) dovrebbe essere di 396 euro al mese.

In Indonesia H&M riporta lo stipendio medio mensile di 148 euro mentre la stima fatta da AFWA per un salario dignitoso è pari a 352 dollari. In Bangladesh, la cifra riportata da H&M è di 79 euro al mese mentre un salario dignitoso dovrebbe essere quasi cinque volte più alto (374 euro). A Bangalore, centro dell’industria indiana dell’abbigliamento, i lavoratori portano a casa 111 euro al mese mentre la stima di AFWA è pari a 280 euro”.

Dall’azionariato critico l’arma in più per i diritti

L’ammontare della spesa che H&M dovrebbe sostenere per adempiere alla promessa non è stato reso noto, ma secondo le ong l’utile di 2,6 miliardi di dollari realizzato “è più che sufficiente per porre fine allo scandalo dei salari di povertà nella catena di fornitura di H&M”.

E così gli attivisti della campagna hanno deciso di muoversi in prima persona. E domani saranno a Stoccolma per manifestare il disappunto e lo stimolo all’azienda. Ma non solo.

Perché parlando con David Hachfeld di Turn Around, H&M! si scopre che un altro dei loro obiettivi è quello di incontrare gli azionisti della multinazionale e cercare di capire se sono a conoscenza dei temi di cui la campagna è portatrice.

Hackheld rivela inoltre di aver già preso contatto con alcune organizzazioni europee che promuovono l’azionariato critico, e che, in particolare, con Fondazione Finanza etica, è allo studio una strategia per portare l’azionariato critico dentro H&M, per essere più convincenti nei confronti di una multinazionale di questo peso, che meno di 5 anni fa dichiarava di voler diventare il punto di riferimento per la sostenibilità nel settore del tessile. In fondo, conclude Hachfeld, non facciamo altro che ricordare ad H&M i suoi stessi impegni, quando diceva che non sarebbe stata una spesa insostenibile garantire un salario dignitoso a 850000 dei propri lavoratori.