La maternità come un master: diventare genitori fa crescere anche sul lavoro
Riccarda Zezza, fondatrice di Maam spiega a Valori come valorizzare sul lavoro le competenze acquisite da neo-mamme, papà e da chiunque abbia più ruoli
«Diventare madre aumenta le competenze di una donna, competenze che possono essere valorizzate e trasferite anche al mondo del lavoro. Ma bisogna esserne consapevoli e imparare a trarre beneficio dal doppio ruolo. Perché questo moltiplicarsi delle competenze non vale solo per le neo-mamme, ma anche per i papà e per tutte quelle situazioni nella vita in cui ci troviamo ad assumere un nuovo ruolo, che si aggiunge al precedente: madre e dirigente d’azienda, padre e allenatore di calcio, figlia che accudisce i genitori anziani e maestra di nido.
È la sovrapposizione di ruoli che potenzialmente rende più forti. Le competenze acquisite in un ruolo possono essere trasferite all’altro e viceversa. Con evidenti benefici tanto nella sfera privata quanto in quella professionale.
Una madre che porta quanto ha imparato da mamma sul lavoro diventa più efficiente, ma contemporaneamente può gestire meglio i propri figli se applica alcuni degli strumenti che usa a lavoro».
È questa in estrema sintesi la teoria alla base della piattaforma digitale Maam – Maternity as a master. La racconta a Valori la sua fondatrice, Riccarda Zezza, mamma, imprenditrice, ex dirigente in grandi aziende. Dopo una carriera da manager, ha fondato la piattaforma Maam per spiegare a donne e uomini nelle grandi aziende che dopo la nascita di un figlio possono aumentare le capacità e le competenze, anche sul lavoro.
Quali sono le competenze che una donna acquisisce dopo la nascita di un figlio?
«Quando nasce un figlio, le donne sviluppano competenze tipiche del leader, come responsabilità, capacità di analisi, problem solving, empatia, migliore gestione del tempo. E succede anche ai papà. Ma devono esserne consapevoli e imparare ad applicare le nuove competenze dalla sfera privata a quella lavorativa. Maam è il programma in grado di aiutare le neo mamme a far emergere e a valorizzare queste soft skill».
Ma esistono studi scientifici che lo dimostrano?
«Certamente, ho ideato questo metodo a partire dalla mia esperienza personale, ma con il supporto di molti studi scientifici. La base scientifica è fondamentale, altrimenti quella che raccontiamo sarebbe solo una storia. Ci sono fattori biologici, energetici e capacità di processare informazioni che contribuiscono ad aumentare le competenze nel momento in cui più ruoli si sovrappongono.
È dimostrato che durante la gravidanza la materia cerebrale delle donne diminuisce. Questo ne aumenta l’efficienza e la capacità del cervello di collegare fattori rilevanti, tralasciando quelli secondari. Le mamme diventano così più veloci ed efficienti.
Studi eseguiti sui topi, il cui cervello ha caratteristiche simili a quelle dell’uomo, dimostrano che la nascita di un figlio aumenta il coraggio, l’istinto all’esplorazione dell’ambiente circostante. Merito della dopamina e della prolattina, ormoni i cui livelli aumentano molto durante la gravidanza.
La dopamina, in particolare, acuisce la capacità di processare informazioni, la comprensione dell’ambiente circostante, l’individuazione dei pericoli
L’ostitocina invece aumenta per chi si dedica ad attività di cura. È il modo in cui il cervello premia i comportamenti considerati evolutivamente utili per la specie, come la cura. Aumenta il livello di benessere e di fiducia. Rende più tolleranti. Nasce per facilitare le relazioni, una competenza molto utile all’interno di un’azienda.
Nei padri, invece, l’ostitocina viene prodotta quando giocano con i figli. Antropologicamente infatti hanno compiti di educazione attraverso il gioco».
Com’è possibile trasferire queste competenze nel mondo del lavoro?
Il primo passo è acquisire consapevolezza. Noi lavoriamo sulla rottura degli stereotipi. Se la cultura circostante è disabilitante non c’è competenza che tenga. Noi raccontiamo queste evidenze alle persone, perché, come dicevo il primo livello è la conoscenza.
Il secondo livello è l’apprendimento delle tecniche: insegniamo dei metodi scientifici per applicare le competenze acquisite in un contesto anche all’ambiente lavorativo. Competenze soft, relazionali.
Una delle principali nuove competenze date dalla sovrapposizione di ruoli è energetica. Avere più ruoli dà la possibilità di ricaricarsi. Quando succede qualcosa in un ruolo puoi ricaricarti nell’altro».
Come funziona la piattaforma e a chi è rivolta?
«I destinatari del programma sono donne incinte e mamme e papà con bambini da zero a tre anni. Maam vende la piattaforma alle aziende, per ora di grandi dimensioni, che la propongono ai propri dipendenti in target. I dipendenti possono partecipare su base volontaria, rispondono a domande, scoprono aspetti che non conoscevano dl loro modo di rapportarsi al mondo esterno».
Chi beneficia degli insegnamenti di Maam?
«Per le aziende sostituisce corsi per sviluppare soft stil nei dipendenti. Per i partecipanti è una grande occasione di apprendimento e di crescita personale e professionale. Acquisiscono consapevolezza di competenze che altrimenti non emergerebbero.
L’84% delle mamme che hanno partecipano a Mamm hanno dichiarato che l’esperienza della piattaforma le ha fatte sentire più forti. Gli uomini dichiarano che poter parlare della propria paternità aumenta la vicinanza all’azienda».
In questi anni è cresciuta Maam?
«Sì, sia la nostra realtà che i partecipanti. Oggi abbiamo 3.500 donne e 1.500 uomini (meno anche perché hanno iniziato un anno dopo) iscritti alla piattaforma.
Life based value, la startup innovativa che ha trasferito il programma Maam sulla piattaforma digitale, è nata a ottobre 2015. Oggi sono 40 le società che in Italia hanno firmato i contratti, tra cui Poste italiane, Enel, Eni, Coca Cola, Oviesse, Penny market, Bottega veneta, Unicredit, Unipol, che ogni anno rinnovano l’acquisto. Il nostro fatturato nel primo anno è stato di 170mila euro, il secondo di 330mila, nel 2018 è più che raddoppiato e siamo a 700mila euro».