La società civile contro l’approccio europeo alla finanza sostenibile
Alcune importanti organizzazioni della società civile hanno deciso di abbandonare la Piattaforma europea di esperti sulla finanza sostenibile
Una bocciatura pesante per il percorso sulla finanza sostenibile dell’Unione europea, e per la Commissione di Bruxelles in particolare. Una Commissione che «ha interferito politicamente, diverse volte, con il lavoro della Piattaforma. Ha ripetutamente ignorato le raccomandazioni del gruppo di esperti, senza dare alcuna spiegazione scientifica, malgrado l’articolo 19 della tassonomia richieda esplicitamente criteri basati su prove scientifiche conclusive».
Con queste affermazioni, contenute in una lettera inviata il 13 settembre al Commissario per i servizi e la stabilità finanziaria Mc Guiness, alcune delle principali organizzazioni della società civile europea hanno deciso di abbandonare la Piattaforma di esperti sulla finanza sostenibile. Organo consultivo creato dalla Commissione europea per ricevere pareri e raccomandazioni in materia.
A farne parte, una pluralità di esperti della società civile, del mondo universitario, di quello bancario e finanziario. Sempre nella lettera delle organizzazioni del mondo ambientalista e dei consumatori, si legge come l’atto delegato con il quale la Commissione ha deciso di includere gas e nucleare nella tassonomia ha pesantemente danneggiato la credibilità dell’intero percorso. Un atto che la Piattaforma di esperti aveva inequivocabilmente respinto.
Non solo, dunque, la Commissione è andata contro il parere degli esperti che lei stessa aveva nominato. Ma secondo i firmatari della lettera, «la tassonomia è stata trasformata da un’eccellenza in uno strumento di greenwashing istituzionalizzato».
Non è la prima volta che il lavoro della Commissione viene duramente criticato. Già a febbraio del 2022 l’allora Presidente della Piattaforma sulla finanza sostenibile Nathan Fabian, lamentava in una lettera aperta «l’indebolimento dei criteri» e soprattutto «l’evidente allontanamento da un approccio basato su criteri scientifici».
Se l’inclusione di gas e nucleare tra le attività considerate “sostenibili” è stata considerata totalmente sbagliata da una moltitudine di soggetti, dagli esperti di ambiente ed energia fino alle banche etiche e sostenibili, quello che colpisce è che la Commissione si trovi sotto attacco non solo per il merito delle proprie scelte, ma prima ancora per il metodo con il quale porta avanti il proprio lavoro.
Per l’ennesima volta la sensazione è che gli interessi economici abbiano più peso delle evidenze scientifiche e che le lobby siano più ascoltate degli esperti della materia. Persino quelli nominati dalla stessa Commissione.
Quello che traspare da Bruxelles è però un problema se possibile ancora maggiore. Nell’architettura europea, due delle tre principali istituzioni, Parlamento e Consiglio, sono organi “politici”, rappresentando rispettivamente i cittadini e i governi dei Paesi membri. La Commissione, al contrario, dovrebbe un organo tecnico. Ed è proprio questo ruolo che sembra essere venuto meno.
Forse mai nella sua storia la Commissione sembra avere abbandonato in questo modo l’approccio tecnico per piegarsi a pressioni e interessi di parte. Di fatto, la decisione delle organizzazioni che hanno abbandonato la Piattaforma sulla finanza sostenibile non testimonia “solamente” come tale processo abbia perso la sua credibilità. Sia nel merito (a partire dalla scellerata inclusione di gas e nucleare tra le attività sostenibili) sia soprattutto nel metodo, se la Commissione non rivedrà drasticamente il proprio approccio, è la sua stessa credibilità istituzionale a essere minata alla base.