Nuovo bond sostenibile di Eni: si poteva fare molto di più

La compagnia italiana ha lanciato un'obbligazione legata ad obiettivi di sostenibilità che, però, appaiono troppo limitati

L'amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi © Eni/Flickr

Dopo 12 anni Eni torna sul mercato retail, quello dei piccoli risparmiatori, con una obbligazione. Il 16 gennaio scorso è partito il collocamento del bond “Eni obbligazioni sustainability-linked 2023/2028”, legato a obiettivi di sostenibilità.

Un rendimento in linea con il mercato italiano

A due giorni dal lancio, il 18 gennaio, le richieste avevano già superato il miliardo e il gruppo ha alzato l’offerta a due miliardi. L’investimento minimo è di duemila euro, per un tasso nominale annuo lordo minimo del 4,3%. Quindi un rendimento reale stimato del -1,7% nel 2023, se diamo per buone le stime di inflazione per l’Italia al 6%.

Un impianto di Eni a Taranto
Un impianto di Eni a Taranto © Cineberg/iStockPhoto

Ma vista la situazione di crisi internazionale dei mercati non è male e comunque nella media di emissioni simili di altre quotate italiane. Il bond verde della municipalizzata romana Acea, il cui collocamento è stato completato il 17 gennaio, offre il 3,875%. Il bond sustainability-linked di Autostrade per l’Italia, il cui collocamento si concluderà il 24 gennaio, il 4,75%. 

Ma il bond di Eni è davvero sostenibile?

Nel mercato italiano è tutto un fiorire di emissioni obbligazionarie sostenibili. Ma quanto lo sono veramente? Torniamo ad Eni. Le condizioni di sostenibilità inserite nell’offerta sono due. La prima comporta la riduzione delle emissioni nette di gas serra (Scope 1 e Scope 2) associate alle operazioni del business Upstream (esplorazione e produzione). Nello specifico, l’obiettivo è di ridurre le emissioni di almeno 5,2 MtCO2eq al 31 dicembre 2025 (-65% rispetto alla baseline del 2018).

La seconda prevede un impegno a incrementare la capacità installata nelle rinnovabili, arrivando ad almeno 5 GW totali entro il 2025. Se gli obiettivi saranno raggiunti, il tasso pagato da Eni sulle obbligazioni rimarrà invariato fino alla scadenza. Se non sarà raggiunto anche solo uno dei due target, l’ultima cedola annuale, quindi quella pagata nel febbraio del 2028, aumenterà dello 0,50%. 

I limiti degli impegni della compagnia

Come indicato nel prospetto informativo dell’obbligazione, Eni rendiconterà ogni anno sul grado di raggiungimento dei due obiettivi. Però entrambi i target saranno testati ed eventualmente sanzionati una sola volta, alla fine del periodo di investimento. Non ci saranno eventuali “penali” (in termini tecnici step-up) da pagare nei quattro anni precedenti. E questo è un primo limite. 

Sorprende poi che siano considerate solo le emissioni Scope 1 e Scope 2, che nel 2021 rappresentavano appena il 3% delle emissioni totali di Eni. E non, anche, le emissioni indirette Scope 3. Lo ha evidenziato la società di rating Moody’s nella sua “Second Party Opinion” (SPO) relativa all’Eni’s Sustainability-Linked Financing Framework (schema di finanziamento legato alla sostenibilità). 

Eni ha assicurato a Moody’s che la «riduzione delle emissioni Scope 1 e 2» è usata come obiettivo solo per le obbligazioni di breve periodo. L’agenzia di rating ha però messo in dubbio la stessa utilità ambientale di strumenti finanziari sustainability-linked di breve periodo: «Non è chiaro come questi strumenti faciliteranno il raggiungimento dell’obiettivo a lungo termine».  E quindi, come «allineeranno la strategia aziendale con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi». Così si legge nella SPO di Moody’s, che valuta il livello di ambizione degli obiettivi di Eni come «limitato». 

L’obiettivo sulle rinnovabili inferiore a quello fissato dalla stessa Eni nel suo piano strategico

La società di rating fa riferimento alle stime della Transition Pathway Initiative. In base alle quali gli SPT (obiettivi di performance di sostenibilità) al 2030 e 2040 di Eni non sarebbero allineati agli scenari a 2 gradi, e tantomeno a 1,5 gradi. Come indicato dall’agenzia di rating etico MSCI – citata dall’International Financing Review – Eni contribuirebbe a lungo termine a un riscaldamento globale di 3,1 gradi. 

A questo si aggiunga che l’obiettivo dei 5GW installati entro il 2025 è inferiore a quello fissato dalla stessa impresa nel piano strategico 2022-2025. Il piano, presentato agli investitori il 18 marzo del 2022, prevedeva per il 2025 una capacità installata nelle rinnovabili superiore ai 6 GW.

L’impatto sulla sostenibilità del nuovo bond sustainability-linked di Eni 2025-2028 (con obiettivi misurati a fine 2025) sarà, con ogni probabilità, molto limitato. Niente di sorprendente, visto che il gruppo – da piano industriale – continuerà ad aumentare la produzione di combustibili fossili del 4% all’anno fino al 2025.