Covax: un’opportunità o un rischio per i Paesi in via di sviluppo e il multilateralismo?
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Covax è un programma internazionale nato con l’obiettivo di gestire il finanziamento dell’acquisto del vaccino anti Covid-19. Acronimo di COVID-19 Vaccines Global Access, Covax è un gruppo multi-stakeholder che fa parte di un altro organismo, Access to Covic-19 Tools Accelerator (ACT). ACT ha altre tre sotto-componenti che riguardano la diagnostica, la terapia e il supporto del sistema sanitario nazionale.
Cosa significa “multi-stakeholder”?
L’approccio multi-stakeholder è quello che mira a coinvolgere più soggetti interessati a un’attività. I portatori di interesse (stakeholder, appunto) possono essere aziende multinazionali, governi, organizzazioni della società civile, università, centri di ricerca.
È con il Global Compact, voluto da Kofi Annan, che questo approccio è entrato nelle modalità di funzionamento delle Nazioni Unite. Obiettivo: aprire le porte delle Nazioni Unite al mondo del business in vista degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. In questo modo si è affermato il principio dei partenariati pubblico-privati come sola modalità di lavoro.
I portatori di interesse dietro a Covax
I fondatori del programma Covax sono Gavi Alliance (Gavi), l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e Coalition for epidemic preparedness innovations (Cepi).
Gavi, che ha sede a Ginevra, è stato fondata nel 2000 come partenariato sanitario globale pubblico-privato con l’obiettivo di aumentare l’accesso all’immunizzazione nei Paesi poveri. Tra i partner figurano l’Onu e l’Unicef, la Banca Mondiale, i rappresentanti dell’industria dei vaccini, la Bill & Melinda Gates Foundation. Diverse organizzazioni della società civile hanno criticato Gavi per il suo approccio orientato al business e alle logiche di mercato.
Cepi, invece, nasce nel 2017 durante il forum di Davos per iniziativa di Wellcome Trust, Bill & Melinda Gates Foundation, World Economic Forum e un consorzio di nazioni.
I problemi di Covax
Harris Gleckman, in un lungo articolo pubblicato da Transnational Institute, critica duramente l’approccio su cui si basa Covax. Harris Gleckman da molti anni si occupa delle sovrapposizioni tra sovranità nazionale, responsabilità delle aziende e governance globale. Le critiche mosse a Covax toccano diversi aspetti del programma.
Da un lato, sostiene Gleckman, se l’obiettivo dell’istituzione di Covax fosse stata la necessità di rispondere con urgenza alla crisi, i paesi dell’OCSE avrebbero potuto fornire le stesse risorse di capitale a un tradizionale fondo umanitario gestito dalle Nazioni Unite. Come quelli che vengono istituiti per affrontare le carestie globali e regionali, uragani e eventi analoghi.
Il modo di funzionare di Covax, poi, è più simile a quello di una banca d’affari o un’istituzione finanziaria internazionale che a un’organizzazione sanitaria. E la stessa governance del programma mette ai margini l’Organizzazione mondiale della sanità.
La fine del multilateralismo
L’Organizzazione mondiale della sanità, denuncia Gleckman, è stata sostituita da un meccanismo multi-stakeholder che ha come obiettivo armonizzare gli interessi con ciò che esso ritiene essere priorità per la salute pubblica. L’ingresso di portatori di interesse privati ai tavoli decisionali ha decretato la fine del multilateralismo per come lo abbiamo conosciuto. E il trionfo delle logiche di mercato sugli interessi generali e collettivi.
Ne abbiamo parlato con Nicoletta Dentico, responsabile del programma di salute globale di Society for International Development (SID).