Stati Uniti, le nuove norme della Sec mettono in bilico il futuro dell’azionariato critico

Con le sue nuove regole, la Sec lascia al management delle aziende ancora più libertà di bloccare le proposte provenienti dall’azionariato critico

Per le aziende statunitensi sarà più facile bloccare le proposte provenienti dall'azionariato critico © Wirestock/iStockPhoto

Se persino il serissimo studio legale internazionale Ropes & Gray – prendendo in prestito una celebre citazione della serie tv Game of Thrones – dice che sta arrivando l’invernowinter is coming») per l’azionariato critico, significa che negli Stati Uniti vige ormai un’aperta ostilità nei confronti di chi vuole portare istanze sociali, ambientali e di governance (Esg) nelle assemblee degli azionisti. La stagione assembleare del 2025 si era già rivelata parecchio sottotono da questo punto di vista. E sulla prossima peseranno anche le nuove regole che la Securities and Exchange Commission (Sec), l’equivalente della nostra Consob, ha annunciato a metà novembre. E che sembrano scritte apposta per accentrare ancor più il potere sul management delle aziende, scoraggiando la partecipazione.

Perché l’azionariato critico negli Stati Uniti era già molto compromesso

Per comprendere il perché di questo cambiamento di rotta, bisogna ricordare che sulla carta la Sec è un’agenzia federale indipendente. Ciò significa, per esempio, che il presidente degli Stati Uniti non le impartisce ordini diretti. Nei fatti, però, la Casa Bianca nomina i commissari quando concludono il loro mandato o si dimettono e sceglie il presidente. A ogni cambio di amministrazione, dunque, muta anche l’orientamento politico dell’autorità di vigilanza sui mercati finanziari.

Quando il presidente degli Stati Uniti era il democratico Joe Biden, a novembre 2021, la Sec aveva pubblicato una nota interpretativa (lo Staff Legal Bulletin 14L) favorevole all’azionariato critico. Rendeva infatti più difficile per le aziende escludere dal voto le proposte riguardanti temi ambientali o sociali molto ampi. A febbraio 2025, una volta cambiato il colore politico dell’amministrazione, la Sec ha pubblicato una nuova nota (chiamata SLB 14M) che cancella la prima e reintroduce il criterio molto restrittivo in vigore precedentemente. Così, il management torna ad avere il potere di escludere le proposte che entrano troppo nel dettaglio operativo, toccano aspetti di gestione ordinaria o non hanno un legame abbastanza diretto con il core business.

Le conseguenze sono state immediate. Nel 2025 sono pervenute 659 proposte alle assemblee degli azionisti delle società che compongono l’indice S&P 1500, contro le 829 dell’anno precedente. Togliendo quelle respinte (il 20%) e quelle ritirate, circa 400 sono arrivate al voto, di cui appena 150 a carattere sociale o ambientale. Di queste ultime, nessuna è stata approvata.

La Sec smette di dare pareri sulle richieste di no-action: cosa cambia

Ma non è finita qui. Perché a metà novembre la Sec ha inferto un altro duro colpo all’azionariato critico con un altro annuncio che riguarda le richieste di no-action. Fino a quel momento, un’impresa che voleva escludere dal voto una proposta degli azionisti doveva chiedere un parere preventivo alla Sec. Quest’ultima la esaminava, per verificare se fosse stata scritta correttamente e presentata nei tempi, e dava un verdetto. Almeno fino al prossimo giugno, però, la Sec non farà più da arbitro. «Con oltre 900 dichiarazioni di registrazione e molte altre pratiche arrivate durante lo shutdown, questa scelta permetterà allo staff di concentrarsi su operazioni urgenti», ha spiegato un portavoce.

L’agenzia si esprimerà soltanto se le aziende invocheranno motivi di giurisdizione, appellandosi ad esempio a norme di diritto statale che a loro parere giustificano il blocco della proposta. Queste norme di diritto statale saranno ogni probabilità quelle del Delaware, Stato dove ha sede circa la metà delle società quotate statunitensi. Questo perché il suo diritto societario è molto favorevole alle imprese e la giurisprudenza storicamente incline a tutelare la dirigenza. Dunque, d’ora in poi il management avrà molto più campo libero nel respingere al mittente le proposte, prima ancora di sottoporle al voto dell’assemblea. Le aziende che invocheranno le normative del Delaware obbligheranno la Sec a esprimersi, ma soltanto su un terreno giuridico che gioca a loro favore.

Le reazioni dal mondo dell’azionariato critico alle nuove regole della Sec

Agli occhi degli azionisti critici, le motivazioni addotte dalla Sec appaiono quanto meno deboli. «Ora che lo shutdown del governo è terminato, il personale della Sec può e deve riprendere le sue normali funzioni, proprio come ha fatto dopo il precedente shutdown», ha dichiarato Danielle Fugere, presidente e responsabile legale della coalizione As You Saw. «Invece, nonostante ci si trovi ancora nella fase iniziale della stagione assembleare, la Commissione sta venendo meno alle sue responsabilità, lasciando investitori e aziende in un limbo giuridico». Sempre secondo As You Saw, questo passo indietro danneggia non solo «gli azionisti critici, che vedono venire meno la chiarezza interpretativa dell’autorità», ma anche «le aziende, che ora si trovano esposte a maggiori rischi legali; e i mercati finanziari, che si affidavano a un processo di governance prevedibile».

«La pratica di presentare proposte degli azionisti è in vigore da decenni, così come il ruolo della Sec nel mediare le richieste delle aziende di escluderle», concorda Steven M. Rothstein dell’organizzazione di advocacy Ceres. Ricordando che «le proposte non vincolanti degli azionisti hanno portato alla diffusione su larga scala di buone pratiche di corporate governance e di politiche di mitigazione dei rischi. Elementi essenziali per la creazione di valore nel lungo periodo». Addirittura dall’interno della Sec si è levata una voce contraria, quella dell’unica commissaria democratica rimasta, Caroline Crenshaw. Sua una durissima nota che si conclude così: «Questa è l’ultima di una serie di azioni da parte di questa Commissione destinate a suonare la campana a morto per la corporate governance e per la democrazia degli azionisti, a togliere voce ai proprietari delle società e a elevare il management a uno status intoccabile».

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