Transizione a parole, un ente di beneficenza trascina Shell in tribunale
È la prima causa sul clima mai intentata contro il Cda di Shell, sostenuta da molti investitori, tra cui due membri di Shareholders for Change
L’ente caritatevole specializzato nella difesa dell’ambiente ClientEarth ha presentato mercoledì 8 febbraio nel Regno Unito un’azione legale contro il consiglio di amministrazione di Shell. Accusato di non aver preparato adeguatamente la società in risposta ai rischi legati ai cambiamenti climatici. Si tratta della prima derivative action mai presentata.
I dirigenti di Shell non avrebbero agito in linea con il diritto britannico
L’azione legale si basa su un’accusa precisa: gli undici membri del Cda di Shell avrebbero violato i loro doveri legali ai sensi della legge britannica. Ciò in quanto non avrebbero adottato e implementato una strategia di transizione energetica in linea con l’Accordo di Parigi.
ClientEarth, organizzazione non-profit che si occupa di difendere l’ambiente, è azionista di Shell. E nella sua iniziativa è sostenuta da un gruppo di fondi pensione e gestori patrimoniali.
L’iniziativa sostenuta anche da due membri di Shareholders for Change
Il ricorso legale presentato all’Alta Corte di Inghilterra e Galles ha ricevuto in questo senso un sostegno senza precedenti. Ad appoggiare l’iniziativa è un gruppo di investitori istituzionali che detengono più di 12 milioni di azioni della società e più di mezzo miliardo di dollari di patrimonio gestito. Hanno sostenuto la causa anche i membri di SfC-Shareholders for Change Sanso Investment Solutions (Francia) e Ethos Foundation (Svizzera).
Editoriale
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Paul Benson, consigliere legale di ClientEarth, ha dichiarato: «Shell può anche realizzare profitti record in questo momento a causa delle turbolenze del mercato energetico globale, ma a lungo termine la situazione dei combustibili fossili è ormai segnata. Il passaggio a un’economia a basse emissioni di Co2 non è solo inevitabile, ma sta già avvenend»o.
«Eppure – ha aggiunto Benson – il consiglio di amministrazione di Shell persiste con una strategia di transizione che è fondamentalmente sbagliata. Lasciando l’azienda seriamente esposta ai rischi che i cambiamenti climatici pongono al futuro successo della stessa azienda – nonostante il Cda abbia il dovere legale di gestire tali rischi. A lungo termine, è infatti nell’interesse dell’azienda, dei suoi dipendenti e dei suoi azionisti – oltre che del Pianeta – che Shell riduca le sue emissioni in modo più drastico e più rapido di quanto stia attualmente pianificando».
«Abbiamo scritto a ClientEarth – ha dichiarato Edmond Schaff, responsabile SRI di Sanso – per esporre le nostre preoccupazioni in merito alla strategia di transizione energetica di Shell e al modo in cui viene attuata, ed esprimere il nostro sostegno all’azione legale anticipata contro il consiglio di amministrazione». Quest’ultimo ha dichiarato che difenderà con forza la propria posizione. Spetta ora all’Alta Corte decidere se concedere a ClientEarth l’autorizzazione a presentare l’azione legale.
Il nuovo amministratore delegato di Shell difende i profitti record
Il caso arriva dopo che nelle ultime settimane le principali compagnie petrolifere mondiali, tra cui Shell e BP, hanno registrato profitti record nel 2022 grazie all’impennata dei prezzi dell’energia, determinata dalla guerra della Russia contro l’Ucraina.
La scorsa settimana il nuovo amministratore delegato Wael Sawan ha difeso i profitti record derivanti dagli alti prezzi dell’energia descrivendoli come una conseguenza del “sottoinvestimento” in combustibili come il gas, scrive il Financial Times dando notizia dell’azione legale di ClientEarth.
Shell si è impegnata a ridurre le emissioni dei prodotti energetici venduti del 20% entro il 2030 e del 45% entro il 2035, ma non una riduzione delle emissioni in termini assoluti. Cosa che richiederebbe una contrazione maggiore della quantità di petrolio e gas prodotti.