Ripensare il diritto all’abitare: gli esiti del Social Forum di Bologna
Più di 300 persone si sono confrontate su come costruire un abitare accessibile, inclusivo e sostenibile
Dal 18 al 20 aprile, a Bologna, oltre 300 persone hanno affollato lo spazio DAS per il Social Forum sull’Abitare. I tre giorni di discussione hanno sancito la nascita di una coalizione ampia ed eterogenea di realtà attive sul tema da diversi punti di vista, coronando un percorso di avvicinamento e confronto nato un anno fa dalla rete di realtà promotrici.
Quest’ultima è composta da Agevolando, Alta Tensione Abitativa, Arci, Banca Etica, Cgil, Chiediamo Casa Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA), Comitato Abitare in via Padova, Comunità San Benedetto al Porto, Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora (fio.PSD), Forum Cambiare l’Ordine delle Cose, Forum Disuguaglianze e Diversità, Gruppo Abele, Legambiente, Nuove Ri-Generazioni, Ocio Venezia, Rete Nazionale Coabitare Solidale, Sbilanciamoci!, Solid Roma, Spin Time Labs, Sindacato Unitario Nazionale Inquilini ed Assegnatari (Sunia), Unione degli Universitari (Udu), Unione Inquilini.
Affrontare la questione abitativa nel suo complesso e ripensare il ruolo del pubblico
Case senza persone, persone senza case. Ma anche case inaccessibili, troppo costose. Oppure case trasformate in strutture ricettive, marginalizzando fasce sempre più ampie della popolazione. Processi di privatizzazione, gentrificazione, turistificazione, che stanno cambiando il volto alle nostre città senza alcun intervento pubblico a fare da argine. Il Social Forum sull’Abitare ha guardato alla questione abitativa nel suo complesso. L’obiettivo è costruire una grande vertenza nazionale: al centro, il ruolo del pubblico, che deve farsi garante di una serie di diritti inalienabili.
Non si tratta solo di pianificare investimenti ma di programmare un piano politico: rispondere alle questioni abitative che riguardano le nostre città vuol dire, secondo gli organizzatori, ripensare il tema dal punto di vista globale. Garantire il welfare, ma anche di integrarlo nella dimensione sociale dei contesti urbani. Tutto si tiene insieme: la rigenerazione delle città, lo sforzo di renderle luoghi inclusivi dando più spazio decisionale alle comunità locali quando si tratta di progettare.
L’appuntamento di Bologna “Casa, margini, resistenze” ha visto la partecipazione di organizzazioni sociali ma anche persone provenienti dal mondo dell’attivismo o della ricerca. Presente anche la vicesindaca Emily Clancy, che ha portato i saluti e illustrato le proposte dell’amministrazione bolognese.
Costruire una risposta pubblica radicale a disuguaglianze, povertà e disagio sociale.
Le circa 300 persone accorse si sono confrontate su crisi abitativa e disuguaglianze, in una discussione arricchita dai contributi degli urbanisti Alessandro Coppola e Laura Fregolent, della giornalista esperta del tema Sarah Gainsforth e del sociologo Bertram Niessen.
Il pomeriggio di sabato 19 aprile è stato dedicato ai gruppi di lavoro, che hanno esplorato il tema da diverse sfaccettature. Sul piano nazionale si chiedono interventi per slegare il discorso sulla casa da quello sulla rendita finanziaria e immobiliare, intervenendo sulle politiche per mettere a disposizione più alloggi. Dal punto di vista locale, secondo l’assemblea, serve invece garantire maggiore partecipazione alle decisioni per i singoli e le comunità oltre che agli enti territoriali, con la nascita di osservatori sulle condizioni abitative e Agenzie sociali per la casa.
L’obiettivo è ribaltare il punto di caduta delle politiche abitative, mettendo al centro le necessità della cittadinanza. Per raggiungerlo, serve costruire un welfare di comunità, basato su mutualismo e cooperazione. Togliere protagonismo alla rendita, ai privati, per ridarlo alle comunità. Ripensare i modelli urbani, integrando l’abitare con il tema del lavoro, della qualità della vita, della progettazione delle periferie. Non trasformare la questione in un affare di numeri, cemento e graduatorie, piuttosto ribaltarla, integrandola con la promozione sociale, il lavoro culturale, la sostenibilità ambientale, la lotta alle disuguaglianze e al disagio sociale.
Le 19 proposte del Social Forum sull’Abitare
La discussione ha prodotto 19 proposte specifiche, 19 interventi realizzabili dal pubblico per risolvere una crisi che sembra farsi sempre più profonda. Tra le richieste avanzate, un nuovo piano pluriennale di edilizia residenziale pubblica e sociale, ripensando il ruolo dei Comuni e dello stato e garantendo in ogni intervento di costruzione e ristrutturazione una quota congrua di abitazioni destinate a chi non ne ha una: serve rispondere alla domanda di più di 700mila case popolari. Trasformare l’abitare passa anche dalla riqualificazione energetica e riconversione abitativa del patrimonio pubblico e privato inutilizzato, compresi i beni confiscati alle organizzazioni criminali, e dalla promozione dell’autorecupero nei regolamenti comunali.
Oltre a questi interventi, serve regolare il mercato degli affitti brevi e della locazione privata, sospendere gli sfratti e gli sgomberi; interrompere la dismissione degli alloggi pubblici, realizzare studentati, garantire aiuti agli studenti fuori sede. Ci sono poi piani di intervento puntuali, possibilità già esistenti ma non sufficientemente sfruttate come quella, per gli enti locali, di usare la deroga all’articolo 5 del decreto Lupi per garantire agli occupanti il godimento del diritto fondamentale di avere un tetto e un indirizzo. Per intervenire nell’integrazione delle fasce più deboli gli aderenti al Social Forum sull’Abitare propongono la nascita di un Osservatorio nazionale, di Osservatori locali e di Agenzie sociali per la Casa per i Comuni sopra i 30mila abitanti.
Un approccio globale però non riguarda solo gli alloggi. Serve rigenerare le città, ripensare le periferie e i piani di adattamento climatico: in questo modo, tra l’altro, si garantirebbero lavoro, reddito e inclusione sociale.
Le parole di chi c’era
Al social forum ha aderito anche Banca Etica, rappresentata dall’ufficio marketing strategico e strategie non finanziarie del dipartimento proposta di finanza etica. Presente anche Gabriele Bollini: «Della banca ero presente io che sono nel comitato etico, ma il dato interessante è che c’erano tante altre persone: operativi, funzionari. Cosa ci fa una banca in un contesto come questo? È naturale che ci sia, questo è il mondo da cui è nata Banca Etica. Al di là del nostro lavoro come istituto di credito, a noi sta a cuore un lavoro generale sui beni comuni, di cui anche le politiche abitative, come quelle urbanistiche, fanno parte».
Il prossimo appuntamento è previsto a Napoli nel 2025. «Noi non ci fermiamo qui – hanno dichiarato i soggetti promotori – L’assemblea dei giorni scorsi è stata soltanto l’inizio di un percorso inedito. Un momento che vede tante realtà diverse unirsi per formare una rete nazionale di analisi e lotta. Una svolta fondamentale nell’ambito della battaglia per la casa, che continuerà a farsi sentire grazie a campagne tematiche, iniziative territoriali e nazionali. Metteremo in piedi una nuova piattaforma di coordinamento per rafforzare la rete. Ma vogliamo anche parlare con il Governo, le Regioni e i Comuni per chiedere risposte urgenti, restando pronti a mobilitarci in tutto il Paese se necessario».