PizzAut, il progetto che nutre l’inclusione
Il fondatore Nico Acampora ci racconta come l'integrazione sociale può avvenire solo con l'integrazione economica
Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico, un bambino su 77 di età compresa tra i 7 e i 9 anni presenta un disturbo di questo tipo. La prevalenza è nei maschi, colpiti 4,4 volte in più rispetto alle femmine. Una stima che è stata effettuata nell’ambito del Progetto Osservatorio per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico co-coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero della Salute. E che riporta numeri altissimi. In generale, le persone autistiche in Italia, su un totale di 60 milioni di residenti, sarebbero 600mila.
In cosa consistono i disturbi dello spettro autistico? Come si può leggere sul sito del Ministero della salute: «I disturbi dello spettro autistico (dall’inglese Autism Spectrum Disorders, ASD) sono un insieme eterogeneo di disturbi del neurosviluppo caratterizzati da deficit persistente nella comunicazione sociale e nell’interazione sociale in molteplici contesti e pattern di comportamenti, interessi o attività ristretti, ripetitivi».
«Le caratteristiche della sintomatologia clinica possono essere estremamente eterogenee sia in termini di complessità che di severità», continua il sito. «E possono presentare un’espressione variabile nel tempo». Le persone autistiche sono persone quasi sempre escluse dalla vita lavorativa. Ogni anno solo in Lombardia sono innumerevoli le multe che le aziende preferiscono pagare pur di non assumere persone con disabilità. Assunzioni obbligatorie per legge per realtà superiori a 15 dipendenti.
Tutto nasce durante una notte insonne
Nico Acampora ha 54 anni, è nato a Napoli. Ha vissuto per moltissimi anni a Cernusco sul Naviglio, in provincia di Milano, dove all’inizio degli anni Novanta ha iniziato la sua attività di educatore nei Centri di Aggregazione giovanili e nelle realtà attorno alle politiche sociali di Cernusco e della Martesana. Nico ha un figlio autistico e durante una notte insonne, nel 2017, è inquieto, agitato.
Il pensiero che non esista un futuro per suo figlio e per tutti i bambini e ragazzi autistici non lo lascia dormire. I dati dimostrano che circa il 30% delle persone con disabilità fisica trova un’occupazione, ma per chi ha una disabilità cognitivo-comportamentale la percentuale scende vertiginosamente al 2%. Sveglia la moglie, le dice: dobbiamo fare qualcosa. Dobbiamo aprire un ristorante gestito da ragazzi autistici.
Il seme della storia di oggi germoglia in una notte che combina una buona dose di incoscienza alla volontà di fare qualcosa affinché i ragazzi con un disturbo dello spettro autistico possano imparare un lavoro. Quando lo contatto telefonicamente, prima di iniziare a raccontarmi il percorso di questo bellissimo progetto, una delle prime cose che mi dice sono le frasi che si è sentito dire all’inizio, quando tutto aveva solo la forma dell’idea.
«Lei è più handicappato dei suoi ragazzi»
«Quando sono partito con questo progetto tutti mi dicevano che sarebbe stato impossibile», mi racconta. «Qualcuno mi disse: “Acampora, se lei pensa di riuscirci è più handicappato dei suoi ragazzi”. Un’esperta neuropsichiatra mi disse: “Lei è il solito padre che non si arrende alla disabilità del proprio figlio. E si inventa progetti irrealizzabili che danno finte speranze alle altre famiglie”».
PizzAut, invece, oggi è una realtà che conta due pizzerie – una a Monza e una a Cassina de’ Pecchi – entrambe completamente gestite da 41 ragazzi autistici. Il suo pay-off del resto parla chiaro: “Nutriamo l’inclusione”. Certo l’inizio non è stato semplice. Dopo aver depositato il nome alla Camera di Commercio, Nico ha iniziato a cercare ragazzi in età da lavoro che potessero prendere parte a questa sua idea. Non avendo poi un budget da stanziare, Nico e i ragazzi bussano alle porte di gestori di locali e ristoratori, proponendo la loro idea e ricevendo solo rifiuti.
Ma ne è bastata una risposta positiva, una sola, e tutto cambia. Il posto ha 150 coperti, ma le prenotazioni per quella sera sono 600. «Il ristoratore mi aveva prestato il suo ristorante nel suo giorno di chiusura», racconta Nico. «I giorni di chiusura sono diventati quattro. A quel punto il ristoratore accanto mi ha chiesto di andare anche da lui. E in effetti fare il sold out quando sei chiuso non è una cosa che capita tutti i giorni».
Arriva la televisione, è un successo ma…
Dopo poco tempo, Nico riceve una telefonata da Tu si que vales. La trasmissione di Canale 5 condotta da Maria De Filippi, Rudy Zerbi, Gerry Scotti e Teo Mammuccari. Nico è dubbioso sulla partecipazione. Non fosse per il fatto che lui e i suoi ragazzi non sanno cantare o ballare, non saprebbero cosa portare sul palco. Ma l’autrice del programma che lo contatta, gli dice: «Una persona come te, per noi è una persona che vale».
La partecipazione è un successo. Cinque milioni di telespettatori ascoltano e guardano la storia di Nico, di tutti i ragazzi che lavorano con lui e del progetto visionario di PizzAut. La visibilità porta consapevolezza e interesse. A quel punto non serve più andare a bussare alle porte dei ristoratori. Sono loro a richiedere a PizzAut di poter lavorare insieme. Inizia il tour delle pizzerie con un modello che si consolida: una parte del fatturato della serata viene dato a PizzAut per poter aprire il primo ristorante.
… subito dopo arriva la pandemia
Ma come spesso è accaduto nelle storie che abbiamo raccontato in Storie dal futuro, l’arrivo della pandemia spariglia le carte e blocca i piani. Nel pieno del tour tutti i ristoranti chiudono, i ragazzi rimangono a casa. «Mi ricordo come fosse ieri quel giorno. Perché uno dei miei ragazzi in cucina mi chiamò e mi disse: “Nico, io morirò di Covid senza aver mai lavorato un giorno in vita mia”. Non sono riuscito a dormire per tre notti dopo quella sua frase. Ma la quarta notte mi viene un’idea: il PizzAutobus, un food truck per fare le pizze e portarle a domicilio».
In quel periodo infatti era possibile consegnare a casa, ma visto che non esisteva un prodotto da consegnare, Nico decide di portare a casa delle persone un’intera pizzeria. «Andavamo sotto un palazzo e facevamo le pizze per un intero condominio. Fresche, appena sfornate. Col tempo hanno iniziato a chiamarci anche le aziende che avevano le mense chiuse. Il lunedì andavamo da qualcuno, il martedì da qualcun altro. L’operazione va così bene che decidiamo di acquistare un altro food truck».
«Con uno di questi andavamo fuori dagli ospedali a consegnare pizze gratis a medici, infermieri, OSS. Era il nostro modo per dire grazie per ciò che stavano facendo». La moglie di Nico, del resto, lavorava come infermiera in un reparto di rianimazione. La loro famiglia toccava da vicino quindi sia i turni massacranti del personale sanitario, sia cosa significava avere un figlio disabile in un contesto pandemico.
Finalmente aprono i primi due ristoranti
Il primo maggio 2021 apre il primo ristorante di PizzAut, a Cassina de’ Pecchi. Il primo maggio 2023 apre il secondo ristorante, a Monza. Tutto questo è stato possibile grazie a un crowdfunding e al sostegno di privati e di aziende. Due ristoranti ora avviatissimi, interamente gestiti da ragazzi autistici, che vogliono dimostrare come sia possibile per questi ragazzi un impiego e una vita lavorativa.
Nella pratica, i ragazzi iniziano attraverso un corso di formazione gratuito durante il quale si verificano le loro competenze e la loro predisposizione. Anche a seconda della loro patologia. Una volta concluso il corso di formazione, inizia un tirocinio lavorativo retribuito, la cui durata dipende dal singolo ragazzo. E a seguire l’assunzione. Accanto ai 415 ragazzi ci sono cinque persone non autistiche che aiutano e guidano.
«Vogliamo generare benessere relazionale e anche economico»
Oltre ai due ristoranti, continua anche il progetto dei PizzAutobus. Con l’obiettivo di poter avere un totale di dodici truck, uno per ogni provincia lombarda. Al momento ci sono sei aziende che si sono dimostrate disponibili a diventare partner. E l’idea è quella di poter avere un’intera flotta. Anche dando la gestione in comodato d’uso ad associazioni presenti sul territorio regionale che si occupano di autismo.
«Ci piacerebbe selezionare le associazioni, fare un manuale d’uso e un piano di impresa. Quindi spieghiamo il progetto e spieghiamo come usare i truck», continua Nico. «Facendo in modo che generino benessere da un punto di vista sociale e relazionale ai ragazzi, ma che maturino anche valori economici. In modo tale che si possano pagare i ragazzi e che ogni associazione possa assumere quattro o cinque ragazzi autistici. Sognando in grande, speriamo di fare un PizzAutobus per ogni provincia italiana, quindi oltre cinquecento posti di lavoro per persone autistiche».
«Il sogno è che non ci sia più bisogno di realtà come la nostra»
«Abbiamo chiesto una consulenza a PwC (Pricewaterhouse Coopers). Ci stanno aiutando a fare un piano di impresa per PizzAutobus. Ci hanno detto che una realtà come PizzAut fa risparmiare allo Stato milioni di euro», spiega Nico Acampora.
«I ragazzi che non vanno in un istituto o in un centro diurno fanno risparmiare cifre astronomiche allo Stato, senza contare che avendo un impiego diventano contribuenti. C’è quindi un risparmio su servizi non erogati e lo Stato ha un incasso maggiore. Oltre al fatto che i ragazzi incidono meno sulla collettività stando notevolmente meglio. Quando avremo 30 food truck, PwC stima un risparmio di 100 milioni di euro per lo Stato». Una cifra da capogiro.
Nel frattempo, molte personalità di spicco si sono interessate e hanno apprezzato il progetto. Il presidente Sergio Mattarella si è recato all’inaugurazione di uno dei ristoranti e ha ringraziato i ragazzi, lodando il loro lavoro e la qualità della pizza. Ma anche il Papa ha incontrato i ragazzi, dichiarando che sono la dimostrazione di come il buon samaritano possa essere una persona autistica.
Ma qual è il sogno per il futuro? «Il sogno per il futuro è che realtà come PizzAut possano non esistere», conclude Nico. «E che non esista quindi la necessità di creare realtà dedicate all’impiego lavorativo per le persone con autismo. Significherebbe che le aziende assumono anche persone con autismo e io potrei tornare a riposare».
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