È sempre calciomercato, e sono sempre plusvalenze

Questa volta si tratta di plusvalenze corrette, ma non per questo meno dannose, dato che per aggiustare i bilanci si sacrificano i giovani

Il calcio sacrifica i giovani per fare plusvalenze © Amber Faust/Pexels

È sempre calciomercato, e sono sempre plusvalenze. Non sono più le plusvalenze fittizie, o a specchio, che negli scorsi anni avevano fatto intervenire la magistratura ordinaria, a partire da quelle della Juventus. E non sono neppure quelle ancora più assurde di inizio millennio, coi giocatori delle giovanili di Inter e Milan che passavano da una squadra all’altra con valutazioni incredibili. Sono plusvalenze buone, regolari. Ma non per questo sono meno dannose, anzi, se possibile lo sono ancora di più. Per i club che vendono, nonostante riescano così a mettere dei segni più a bilancio; per i giocatori in qualche modo costretti a partire; e per il sistema calcio in generale.

Queste plusvalenze infatti ora interessano i giovani e i giovanissimi. Cresciuti nel club di appartenenza a costo zero, o più spesso comprati da ragazzini a pochi soldi per essere inseriti negli organici delle squadre giovanili o in quelli delle seconde squadre, appena raggiungono la maturità sono venduti. E, qualsiasi sia l’incasso, è sempre da paragonare a zero (o quasi) come costo di acquisto e a zero (o quasi) come costi di ammortamento. Ma così facendo il calciomercato si è trasformato in una vendita all’asta di giovanissimi. Tutti ipervalutati, comprati e scambiati tra le grandi squadre solo per mettere a posto i bilanci senza alcun riguardo per la loro carriera. E per quella di un sistema che per sopravvivere fino a sera non esita a sacrificare il suo stesso domani.

Scrivi plusvalenze e leggi Juventus, ancora una volta, ebbene sì

Cominciamo dalla Juventus, sì, ancora lei. Nessun particolare interesse o accanimento nei confronti del club bianconero: che le plusvalenze fossero (e siano) un fatto sistemico lo abbiamo scritto più e più volte. Bene, grazie al serbatoio della seconda squadra, la NextGen iscritta al campionato di Serie C, la Juve quest’anno ha intascato quasi 30 milioni di euro dalla Roma per Soulé, poco meno di 20 dal Bournemouth per Huijsen, entrambi presi per la Under 23. E altri 20 dalla Fiorentina per Kean. E quest’ultima è veramente un’operazione assurda. Non solo Kean negli ultimi anni non ha fatto bene da nessuna parte, ma l’anno prossimo sarebbe andato via a parametro zero. È la prima operazione del nuovo direttore tecnico viola Goretti, non ancora ufficializzato, e che tutti i giornali definiscono come il mago delle plusvalenze.

Per non parlare della ventina per Iling e Barrenechea versati dall’Aston Villa nell’ambito dell’operazione Douglas Luiz. Il fatto che il proprietario dell’Aston Villa sia membro del consiglio di partner di Exor, che possiede la Juve, è una coincidenza che lasciamo qui. Ma non c’è solo la Juve, appunto. La stessa Roma si appresta a cedere i giovani Bove e Zalewski, entrambi cresciuti nel settore giovanile. L’Inter dopo il colpaccio Casadei, venduto per 20 milioni al Chelsea e finito fuori rosa, quest’anno ci riprova con Carboni, per cui chiede tra i 30 e i 40 milioni. E il Milan? Il club rossonero, che negli anni non è stato capace di creare giovani da rivendere o portare in prima squadra, ha deciso di partire da zero. E di fare da quest’anno Milan Futuro: la squadra Under 23 da iscrivere in Serie C e da cui tirare fuori plusvalenze.

Non solo l’Italia, anche la Premier League è entrata nel loop

I club italiani quindi, con la saggezza e la lungimiranza di chi pensa a portare a casa la giornata senza preoccuparsi del domani, si vendono il futuro per mettere a posto i bilanci. Dato che, secondo l’ultimo report finanziario della Uefa, le perdite complessive ammontano a 376 milioni. Ma i club della Premier League riescono a fare peggio, dato che questo pessimo comportamento lo hanno addirittura trasformato in legge. Le norme delle Profitability and sustainability rules (Pfr), ovvero il fair play finanziario interno, impongono di limitare le perdite a 105 milioni in tre anni. E di farlo prima della chiusura di ogni bilancio al 30 giugno. Per aver sforato, lo scorso anno erano state penalizzate prima l’Everton e poi il Nottingham Forest.

E così cosa è successo quest’anno? Che tutte le squadre di Premier che si trovavano al limite dello sforamento prima del 30 giugno hanno cominciato a vendersi tra di loro i giovani, ovvero i giocatori i cui costi di acquisto e ammortamento erano vicini allo zero, ipervalutandoli per poter iscrivere la maggior entrata possibile a bilancio. In pratica hanno dovuto fare delle plusvalenze a specchio per legge e, per farle, hanno dovuto sacrificare i loro migliori talenti. Tanto che l’ad del sindacato calciatori britannico Maheta Molango ha definito la regola «senza senso, controproducente e devastante per i club e i giovani calciatori». E siccome è veramente una regola idiota, che non ferma i trucchi di bilancio ma anzi li incoraggia, possiamo immaginare con buona certezza che quanto prima a qualcuno venga in mente di proporla anche in Italia.