Boicotta, disinvesti e sanziona: il movimento BDS torna al centro

L’escalation a Gaza ha dato ragione al movimento BDS, che da quasi vent’anni chiede a Israele il rispetto del diritto internazionale

Andrea Di Turi
Una manifestazione BDS a Berlino © Montecruz Foto
Andrea Di Turi
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Il colosso finanziario francese AXA ha concluso il suo disinvestimento, accelerato negli ultimi mesi, da alcune banche israeliane. In particolar modo da quelle banche accusate – come risulta dalle liste dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite – di sostenere gli insediamenti israeliani nei Territori Occupati in Palestina, la cui illegalità è stata ribadita dalla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ). Lo racconta un recente rapporto pubblicato dagli attivisti di Ekō.

Questo è solo uno dei più recenti successi ottenuti dal movimento palestinese BDS (Boycott, Divestment, Sanctions), che negli ultimi mesi ha ripreso prepotentemente quota a livello internazionale. Anche perché oggi boicottaggi, disinvestimenti e sanzioni, sono uno dei pochi strumenti rimasti a disposizione di esercitare pressione su Israele. Per far sì che quanto sta avvenendo da ottobre scorso nella Striscia di Gaza, che sempre per ICJ rischia di configurarsi come un genocidio, finisca il prima possibile.

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Boicottare, disinvestire e sanzionare: nascita e successi di BDS

Il movimento BDS è nato nel 2005 su iniziativa della società civile palestinese. È non violento, globale e decentralizzato. E attivo anche in Italia. Chiede di fare pressione su Israele affinché ponga fine all’occupazione dei Territori palestinesi e all’apartheid verso i cittadini arabo-palestinesi. E consenta il ritorno dei profughi palestinesi nelle loro terre. Come dice il suo nome, BDS propone tre modalità d’azione. Il boicottaggio di aziende, israeliane e internazionali, accusate di essere complici. Il disinvestimento finanziario da quelle stesse aziende. La richiesta ai governi di sanzioni ed embarghi contro Israele.

BDS opera attraverso un’articolazione di campagne. Per l’embargo militare, il boicottaggio sportivo, il boicottaggio accademico e culturale. Quello che nei mesi scorsi ha visto protagonisti gli studenti universitari, prima statunitensi e poi di mezzo mondo, con una serie di richieste ai loro atenei. Poi c’è il boicottaggio mirato verso realtà particolarmente rilevanti, come la citata AXA.

O come Puma, che dopo essere stata contestata per il rapporto con la Federcalcio israeliana lo ha interrotto mesi fa. Mentre a fine settembre sarà la volta della settimana #BoycottChevron contro il colosso automobilistico. Basandosi su database internazionali di riconosciuta autorevolezza, BDS mantiene e aggiorna liste di aziende su cui chiede di indirizzare le campagne.

Il sostegno di molti. E le leggi ad hoc di Usa e Israele per fermarlo

Negli anni sono stati molti i personaggi famosi che hanno dato supporto a BDS. Ricercatori, studiosi, artisti e diversi personaggi della cultura, tra cui star di Hollywood, musicisti di spicco, artisti contemporanei, autori acclamati e molti altri, hanno sostenuto il disimpegno dal settore culturale complice dell’Israele dell’apartheid. Nel brano “Hind’s Hall” il rapper statunitense Macklemore canta: «Cosa c’è di minaccioso nel disinvestire e nel volere la pace?».

Mentre Ilan Pappé, storico ebreo israeliano di fama mondiale, nel libro Dieci miti su Israele ha affermato che il movimento BDS è fra i principali fattori che hanno eroso l’immagine di Israele nel mondo. Non stupisce quindi che Israele abbia contrastato BDS con leggi ad hoc. Lo hanno fatto anche alcuni Stati americani. E aveva provato a farlo il precedente esecutivo britannico con una legge poi abortita per via delle elezioni.

La crescita di BDS negli ultimi mesi, In Italia e non solo

Man mano che la situazione a Gaza diventava sempre più drammatica, a causa dell’escalation militare, i successi di BDS sono cresciuti, in numero e peso. A fine marzo BDS Italia ha elencato un nutrito campione di “indicatori di impatto” che lo attestavano. E la stessa cosa ha fatto il movimento internazionale a luglio. Con gli indicatori divisi in base ai soggetti protagonisti: organismi dell’Onu e intergovernativi, governi nazionali e locali, aziende e attori finanziari, sindacati, università, enti religiosi e sportivi.

Solo per citarne alcuni fra i tantissimi. In Italia i passi compiuti dal senato accademico dell’Università di Torino, dai Consigli comunali di Bologna e Cesena, dalla Regione Emilia-Romagna, dai sindacati dei lavoratori portuali. E anche il mancato rinnovo dell’accordo tra la multi-utility Iren e l’israeliana Mekorot, accusata di «apartheid dell’acqua». Quanto al disinvestimento, ha fatto clamore quello del Fondo sovrano norvegese dalle obbligazioni israeliane.

Un movimento profetico?

Ci sono poi decisioni assunte dagli organismi internazionali che sembrano confermare come le istanze avanzate vent’anni fa da BDS fossero profetiche. L’embargo militare, ad esempio, è quanto ha chiesto ad aprile il Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu, esortando gli Stati a cessare vendita e trasferimento di armi a Israele. A giugno le Nazioni Unite hanno esteso quell’appello alle aziende che forniscono materiale bellico a Israele, e ai loro investitori. Facendo nomi e cognomi di colossi del risparmio gestito come BlackRock, Vanguard, State Street. E avvertendo che, in caso di mancati provvedimenti, potrebbero essere ritenuti complici di crimini.

A maggio l’Organizzazione della Cooperazione Islamica ha chiesto ai propri membri di imporre sanzioni contro Israele in campo economico, sportivo e culturale. Un folto gruppo di sindacati europei ha chiesto di sospendere l’accordo di associazione Ue-Israele. E lo stesso hanno fatto giorni fa 60 organizzazioni internazionali per la libertà di stampa. Il movimento BDS è dichiaratamente ispirato al movimento che chiedeva la mobilitazione internazionale contro il Sudafrica dell’apartheid. Allora contribuì non poco a far cadere quel regime, dice la storia. Che a volte si ripete.