L’amore tra la Fifa di Infantino e Trump nasce nel disprezzo per i diritti umani

Il disprezzo per i diritti umani lega la Fifa di Infantino all’America di Trump, che ospita nel 2026 i Mondiali e nel 2028 le Olimpiadi

Le amorose relazioni tra Trump e Infantino © Shealah Craighead/Flickr

Non solo la finanza, gli imprenditori delle fossili e la Silicon Valley. A festeggiare sul carro del vincitore e tra i primi a congratularsi con Donald Trump per la sua elezione c’era anche la Fifa, la multinazionale svizzera che controlla il pallone a livello globale. Perché l’amicizia tra l’eterno presidente della Fifa Gianni Infantino e il neo presidente degli Stati Uniti risale alla primo mandato trumpiano. E non si è mai interrotta.

D’altronde entrambi amano l’autocrazia e il potere assoluto. Hanno in comune un viscerale amore per i soldi e per il comando, un certo fastidio per i diritti umani e un manifesto disprezzo per i diritti civili. Non è un caso che le prossime manifestazioni della Fifa – il Mondiale per Club 2025 e la Coppa del Mondo maschile 2026 – si terranno negli Stati Uniti.

Il Mondiale 2026, che gli Stati Uniti ospiteranno insieme a Canada e Messico, è stato infatti assegnato nel 2018, durante la prima presidenza Trump. In un tripudio di complimenti reciproci. Da allora l’amore tra i due despoti è cresciuto a dismisura. Due anni dopo, al World Economic Forum di Davos, Infantino ha detto che Trump ha «la stessa fibra dei grandi campioni del calcio».

E Trump, in attesa di dare l’assalto al Campidoglio, ha ringraziato «il suo caro e prezioso amico Gianni». E così il 6 novembre, pochi minuti dopo la proclamazione del nuovo presidente Usa, Infantino ha postato l’ennesima foto che lo ritraeva con Trump. Congratulandosi con lui per il futuro del calcio, degli Stati Uniti e del mondo intero. E la dicitura finale «Football Unites the World!». Il problema è come lo unisce.

Il disprezzo per i diritti umani e civili di Trump e Infantino

Delfino di Michel Platini nella sua lunga lotta contro Sepp Blatter, Gianni Infantino esce vincitore dallo scontro e nel 2016 si prende la Fifa, che nel frattempo ha già appaltato il pallone alle autocrazie. Nel 2018 i Mondiali si giocano in Russia, nel 2022 in Qatar. Infantino ne approfitta per farne occasione di trattative economiche e politiche. Diventa raffinato artefice della pace nel Golfo tra Qatar, dove nel frattempo prende cittadinanza, e Arabia Saudita. A cui regala i Mondiali del 2034 senza passare dal voto.

E comincia a mostrare un evidente disprezzo per i diritti umani e civili, giustificando oltre ogni decenza possibile le decine di migliaia di lavoratori morti di fame, miseria e malattie per costruire gli stadi qatarioti. Il problema però è che tra Qatar 2022 e Arabia Saudita 2034 la Fifa si appresta a disputare nel 2026 un altro Mondiale in un paese che non rispetta i diritti umani: l’America di Donald Trump.

L’agenda Trump, tutta concentrata contro i migranti, le donne, i disabili, i gruppi lgbtq+ e le minoranze in generale, ha veramente poco da condividere con i principi dello Human Rights Framework Fifa 2026. E più in generale con tutte le belle parole sull’inclusività di cui si ammanta la Fifa di Infantino mentre appoggia i regimi e copre le loro malefatte. Anche e soprattutto negli Stati Uniti. Lo hanno raccontato diversi attivisti per i diritti umani, e diversi atleti statunitensi.

Perché la questione del rispetto e dell’inclusività è la chiave per capire il tormentato rapporto tra Donald Trump e lo sport, con il nuovo presidente che a più riprese ha insultato atleti e atlete del suo Paese. Nel 2023 disse che la nazionale femminile di calcio era stata eliminata dal Mondiale perché «troppo distratta dalla cultura woke».

Non solo i Mondiali 2026, all’orizzonte anche le Olimpiadi di Los Angeles 2028

Anche nello sport vige il paradosso per cui Trump si presenta come amico del popolo e poi fa le fortune dei padroni. Mentre gli atleti, da LeBron James a Mary Harvey, scendono in campo in prima fila a difesa dei diritti civili. Una interessante inchiesta del Guardian pubblicata appena prima delle elezioni Usa raccontava come il 95% dei proprietari dei club delle grandi leghe sportive americane ha finanziato i Repubblicani.

Gli Stati Uniti sotto Trump non ospiteranno solo il Mondiale per Club 2025 e la Coppa del Mondo maschile 2026. Ma anche le Olimpiadi di Los Angeles 2028. E qui la situazione è un po’ più complicata, perché per adesso le relazioni amorose tra Trump e il Comitato Olimpico Internazionale (Cio) sono meno felici di quelle con la Fifa di Infantino. Tanto che il Cio non ha mandato alcun messaggio di congratulazioni dopo le elezioni.

E a marzo ci saranno le nuove elezioni del Cio

Questo non perché il Cio sia meglio della Fifa. Anche se la sua capacità diplomatica è sicuramente migliore. Il disprezzo per i diritti umani e civili è lo stesso. I Giochi di Los Angeles 2028, come i Mondiali 2026, sono stati assegnati agli Stati Uniti durante il primo mandato Trump. Ma il presidente del Cio Thomas Bach cerca di mantenere un ruolo più istituzionale e meno smaccatamente politico di quello di Infantino. E soprattutto Trump ha esagerato nei suoi attacchi alle Olimpiadi di Parigi 2024.

Dapprima definendo la cerimonia di apertura «una disgrazia che mette in ridicolo la cristianità». Poi attaccando la pugile algerina Imane Khelif e dicendo che bisognava «tenere gli uomini fuori dallo sport femminile». A marzo però ci saranno le nuove elezioni alla presidenza del Cio per sostituire Bach, e non è detto che il nuovo presidente come prima cosa non cerchi la pace con Trump. Il quale per quel giorno si sarà già insediato per il suo secondo mandato alla Casa Bianca. Per nostra sfortuna, e per la gioia dello sport globale.