La transizione non è un problema per il sistema finanziario. Se fatta bene
Uno studio richiesto dalla Commissione europea mostra come più si perde tempo nella transizione, più i mercati perdono soldi
Il sistema bancario e finanziario deve realizzare una transizione verso un’economia decarbonizzata, abbandonando progressivamente ma rapidamente il sostegno alle fonti fossili. Una transizione richiesta dalle normative europee, e in particolare dal pacchetto di misure note come “Fit for 55”. Una serie di regolamenti che dovrebbero portare a una riduzione delle emissioni del 55% nel 2030, rispetto ai livelli del 1990. Una tappa fondamentale verso l’obiettivo “emissioni zero” al 2050.
Uno dei problemi per le istituzioni europee è capire quali impatti potrebbero avere tali obiettivi dal punto di vista economico e finanziario. Per questo la Commissione ha incaricato la Banca Centrale Europea e le principali autorità di controllo sui mercati (EBA per le banche, EIOPA per le assicurazioni, ESMA per i mercati finanziari) di stimare proprio questo possibile impatto.
L’impatto della transizione sui mercati: tre scenari possibili
I risultati sono stati pubblicati nei giorni scorsi, e sono decisamente rassicuranti. A una condizione. Che il processo verso la transizione venga preso in carico in maniera seria e tempestiva tanto dai regolatori quanto dalle stesse banche e imprese finanziarie.
Le autorità europee hanno infatti studiato tre diversi scenari. Nel primo le misure vengono adottate in conformità a quanto previsto negli scorsi anni. Nel secondo la transizione viene ritardata fino al momento in cui si verifica una fuga degli investitori dalle imprese a rischio, ovvero quelle a maggiore intensità di gas climalteranti. Per quel che riguarda il terzo scenario invece, a questa fuga dai mercati finanziari si sommano degli shock sull’insieme delle attività economiche.
Se si perde tempo, si perdono soldi
Nell’intervallo considerato, 2022-2030, le potenziali perdite per banche, assicurazioni, fondi pensione e di investimento nel primo scenario sarebbero tra il 2,2 e il 5,8%. Un impatto del tutto gestibile in un periodo di otto anni. Nel secondo le perdite sarebbero comprese tra il 5,2 e il 6,7%. Nel terzo scenario, si va dal 10,9 fino al 21,5%.
Banche e finanza rischiano quindi potenziali perdite quattro volte superiori se ritardano o gestiscono male la transizione, e se questo ritardo provoca ricadute negative sull’economia. Come riportato nel comunicato che ha accompagnato l’uscita del rapporto, «è necessario adottare una politica coordinata del finanziamento della transizione verde e fare in modo che le istituzioni finanziarie integrino i rischi climatici nella loro gestione del rischio».
La transizione è inevitabile: meglio accelerare
Da tempo reti della società civile che seguono il sistema finanziario, come Finance Watch, segnalano che muovendosi per tempo le perdite legate alla transizione sarebbero limitate, o potrebbero addirittura esserci dei vantaggi anche in termini economico-finanziari. Continuando a rimandarla, al contrario, si potrebbe arrivare a una crisi provocata da una corsa disordinata a disfarsi dei titoli delle imprese più inquinanti, mentre le banche si ritrovano nei propri portafogli crediti sempre più rischiosi.
Oggi le diverse istituzioni europee incaricate di regolare e supervisionare il sistema bancario e finanziario confermano questi possibili scenari futuri. La transizione climatica è inevitabile. Il sistema finanziario può decidere se affrontarla per tempo o subirla passivamente. Le differenze, non solo per il clima ma anche per la stessa stabilità finanziaria, sono evidenti.